L’acronimo è, oggettivamente, anonimo: De.Co., ma nonostante tutto ha un grande valore per promuovere i sapori ligustici.
De.Co significa Denominazione Comunale, e riguarda centinaia (se non migliaia) di prodotti, ricette, tradizioni radicate nelle cittadine della costa ligure e, soprattutto, dell’entroterra. Un acronimo che racchiude sapori, saperi, ricette, storie, vite trascorse tra castagni e acciughe, per dire quanto stretta sia la Liguria del gusto. Andiamo con ordine. Le De.Co. sono il primo passo per valorizzare e promuovere un territorio (orrida parola per definire una comunità) che si riconosce attorno ad una ricetta, un prodotto. Esiste, a livello regionale, un Albo delle De.Co. Liguri (con qualche problema di burocrazia, normale in Italia, ma questo non inficia l’importanza del marchio), che dovrebbe raccogliere le eccellenze regionali, sin qui rappresentate da pochi, abusati, piatti tristemente serviti sui lungomari a frotte di turisti che chiedono “pesto e anelli fritti”. Ecco, la Liguria del cibo, delle ricette tradizionali, della cucina che sa di aromi e bosco, piuttosto che di aja d’arzillo e majnà, è altro, quello che le De.Co. vogliono custodire, promuovere, valorizzare.
Un esempio. A Vendone, Valle Arroscia, ancora provincia di Savona, quattro anni or sono sono “piovute” alcune De.Co. a piatti della tradizione che rischiavano di essere dimenticati: lazarene (una pasta fatta con farina bianca e farina di castagne, condita con un sugo di nocciole e funghi), pesto di maggiorana, sciumette (un dolce con il bianco d’uovo) e altro ancora. Bene, quei piatti oggi sono in “carta” in alcuni agriturismi, stanno rivivendo, sono richiesti da un turismo, di nicchia, certo, ma che chiede proprio i piatti tipici che le De.Co. sanno dare. “Puntare sulle De.Co. è stato un fatto molto positivo. Non hanno cambiato la vita del nostro paese, ma certo hanno fatto nascere un interesse da parte di un turismo capace di riconoscere la storia e la tradizione di un borgo”, commenta la sindaca di Vendone Sabrina Losno.
Secondo esempio, Piana Crixia, siamo in Val Bormida, piccolo borgo famoso, sino a pochi anni fa, per il suo “fungo”, una pietra con in cima un’altra pietra, si sta affacciando al “mercato del gusto” grazie a due prodotti come il torrone e l’olio di nocciole, prodotti che hanno storie e tradizioni di grande suggestione. “De.Co. non significa certezza di successo per un borgo. Vuol dire, però, far nascere interesse per un borgo, riunire produttori e famiglie, far rivivere l’orgoglio di essere comunità raccontando e facendo rivivere le ricette del passato. Penso alle castagne nel latte della Val Bormida, alle mele selvatiche che stiamo nuovamente impiantando, ai gusti e ai profumi che nel corso dei decenni si sono persi, ma che devono essere recuperati. Con le De.Co., certo, ma non solo”, spiega Gianpietro Meinero, uomo della biodiversità in Val Bormida.
Certo, le De.Co. hanno dei “competitor” (i Presidi Slow Food, le Igp, le Dop), ma un riconoscimento regionale potrebbe non essere in contrapposizione con altri marchi, europei o privati. Grazie alle De.Co., ad esempio, una cittadina costiera come Alassio, che ha nella sua faretra frecce come la Ventre di Moglio, le Biscette di Solva, i Gobeletti (contesi con Finale, Cogoleto e Rapallo), i Baci e via dicendo, può lanciare dardi di gusto nell’enoturismo.
A Rapallo sono il Cubeletto e i Pansoti con salsa di noci ad essere stati inserti nell’elenco comunale e a La Spezia da poco è iniziata la pratica per registrare Farinata, Mesciua, Muscoli Ripieni e anche la Fiera di San Giuseppe nel neonato Marchio De.Co.
Non è un caso che un comune come Albenga, la sua Piana, stia lavorando per dare la De.Co. alle sue eccellenze agricole. La Piana è conosciuta per i suoi “quattro moschettieri” (asparago violetto, carciofo spinoso, pomodoro cuore di bue, zucchina trombetta), ma troppo spesso ha dimenticato altre eccellenze come la scorzonera, la carota di Albenga, la cipolla rosata e via dicendo… “Stiamo terminando l’iter per dare la De.Co. a prodotti e ricette della nostra Piana, pensavamo fosse una cosa facile, ma non è così, sia a livello burocratico, sia a livello di scelta, abbiamo tante di quelle eccellenze che è difficile fare delle scelte”, commenta Ilaria Calleri, consigliera delegata alla promozione delle eccellenze di Albenga.
Insomma, le De.Co. possono essere il primo passo per valorizzare gusto e storia, dovranno essere bravi, sindaci, assessori, comunicatori, a dare il giusto valore a ricette e prodotti, raccontando storie e passioni. Non è semplicissimo, ma siamo liguri, la regione di Calvino, Sbarbaro, Montale, Novaro. Non abbiamo bisogno, per raccontare la nostra terra, di “foresti”.
Stefano Pezzini