Il 25 Marzo 2021 è stato denominato Dantedì, giornata nazionale in memoria di Dante Alighieri, del quale ricorrono i 700 anni dalla morte; tra le iniziative troviamo la rievocazione della presenza del sommo poeta in Lunigiana, organizzata, mediante eventi e pubblicazioni, dal Centro Lunigianese Studi Danteschi con il supporto delle aziende lunigianesi e, tra queste, del Frantoio Lucchi e Guastalli di Santo Stefano di Magra e delle Cantine Lunae di Castelnuovo Magra. La Lunigiana ebbe un ruolo fondamentale nella vicenda umana e letteraria di Dante, incaricato tra l’altro di negoziare la pace tra i Malaspina e il vescovo-conte di Luni. Non è casuale l’elogio al casato malaspiniano, che il poeta inserisce al termine del Canto 7 del Purgatorio. La Val di Magra viene inoltre citata nell’Inferno (XXIV 145), e il fiume Magra nel Paradiso (IX 89-90) nella sua valenza geografica più rilevante: quella di confine storico tra Liguria e Toscana
“… Macra, che per cammin corto
parte lo Genovese dal Toscano…”
per questo Lucchi e Guastalli ha voluto proporre 700 bottiglie di olio extravergine di oliva in edizione limitata, con il gradito beneplacito della storica azienda “Olio Dante” che, cogliendo il significato culturale dell’iniziativa, ci ha concesso per l’occasione l’uso del marchio. Nell’etichetta, il profilo iconico del Poeta, ispirato al dipinto di Botticelli, è accompagnato dai suoi versi che celebrano l’olio di oliva:
“Così ricominciommi il terzo sermo;
e poi, continüando, disse: Quivi
al servigio di Dio mi fe’ sì fermo,
che pur con cibi di liquor d’ulivi
lievemente passava caldi e geli,
contento ne’ pensier contemplativi.”
Siamo nel Paradiso (XXI 112-117): Dante incontra San Pier Damiani.
L’olio di oliva, da sempre presente nella nostra cultura e letteratura, è qui denotato evidenziando la sua preziosità assoluta; un prodotto adatto ad ogni stagione (“caldi e geli”).
Ma Dante parla anche di vino:
“… Guarda il calore del sole che si fa vino giunto a l’omor che dalla vite cola”
nei versi 77-78 XXV canto del purgatorio.
Le Cantine Lunae di Luni già dal 2017 hanno dedicato un vino al sommo poeta. Dall’incontro tra Paolo Bosoni, appassionato della figura di Dante e l’interesse del Centro Lunigianese di Studi Danteschi è nata l’etichetta Verba Dantis, un rosso IGT Liguria di Levante. L’etichetta vuole evocare quei grandi significati della Divina Commedia su cui si è posata anche l’attenzione dei nostri studiosi, in particolare la grandiosa “Profezia del Veltro”, ma è dedicata soprattutto al rapporto privilegiato che tanto legò il Poeta a tutta la Val di Magra per l’ospitalità illuminata della famiglia dei marchesi Malaspina testimoniata dal Canto VIII del Purgatorio, il “Canto lunigianese per eccellenza”. Dal punto di vista enologico, la peculiarità di questo vino sta nell’uvaggio molto ricercato: è stato prodotto da due vitigni autoctoni di gran pregio come la Massaretta e la Pollera Nera, un IGT Liguria di Levante, un rosso corposo, sanguigno. Proprio in questi aspetti che chi l’ha prodotto ha voluto ravvisare una somiglianza con la personalità di Dante. E all’interno di Ca Lunae è stato creato da Debora Bosoni l’angolo Dantesco. Per maggiori info: www.cantinelunae.com.
La presenza dell’olivo in Lunigiana è invece testimoniata già in età preromana, quando presso il porto di Luna (allora Selene) i Greci trasmisero agli Etruschi le basi della coltivazione dell’olivo e della estrazione dell’olio. In epoca romana si ebbe poi l’ulteriore sviluppo della coltivazione, testimoniato dagli scavi archeologici dell’azienda-frantoio sita presso la località Varignano di Portovenere e i ritrovamenti di anfore da olio negli scavi di Luna.
Tuttavia è proprio nell’ ”Età di Dante”, in cui vengono gettati i primi semi dell’Umanesimo, che si assiste, grazie alla mezzadria, allo sviluppo dell’olivicoltura. Mentre l’olivicoltura ligure deve il suo salvataggio dalla decadenza post imperiale all’azione dei monaci benedettini e il suo rilancio tra tardo medioevo e Rinascimento alla Repubblica di Genova, nell’area toscana fu l’istituzione della mezzadria a rilanciare la coltivazione dell’olivo. I proprietari terrieri, o stanziati nei castelli o trasferiti nelle città in rapida ascesa, concedevano ai coloni il diritto di coltivazione dei fondi, e la suddivisione del raccolto tra padrone e mezzadro era da incentivo allo sfruttamento ottimale dei terreni e alla diversificazione delle colture. Da questo la coltura dell’olivo trasse certo beneficio. Non va dimenticato al riguardo che l’olio di oliva, prima che un alimento prezioso, la cui parte migliore era destinata al padrone e alla vendita – se ne restava – era utilizzato dal colono per la saponificazione, l’illuminazione, la concia delle pelli e la cura del corpo, rivestendo quindi un ruolo essenziale nell’economia domestica.
La diffusione dell’olivo nella Alta Lunigiana non è mai stata facile: territorio impervio, al limite delle condizioni climatiche a causa della invadenza della Tramontana e delle numerose gelate primaverili susseguitisi nel corso dei secoli, la Val di Magra, seppure in grado di produrre oli di alta qualità e pregio, non offre all’olivo l’ambiente ideale per dare produzioni costanti e copiose.
Qui l’olivo – in consociazione ancora oggi con la vite e in passato con i cereali – è in continua competizione con il bosco e il castagneto, con il quale si alterna sui versanti appenninici. Alla fase di regresso successiva all’ultimo conflitto mondiale, che ha riguardato tutti i territori montani, sta seguendo una fase di recupero, grazie all’azione di coraggiosi produttori appassionati e alla possibilità di sfruttare le certificazioni di origine, quale la IGP Toscana – menzione aggiuntiva Colline di Lunigiana per la parte toscana e la DOP Riviera Ligure – sottozona Riviera di Levante – per la parte ligure. L’esame dei due disciplinari di produzione, nella versione originale, più descrittiva, ci offre lo spunto per interessanti riflessioni.
La IGP Toscana nasce nel 1998 per dare risalto alle grandi produzioni di Firenze, Siena e Grosseto; tuttavia ci si rende presto conto che l’olio prodotto in Lunigiana, come peraltro quello di tutta l’area occidentale toscana, ha caratteristiche notevolmente diverse da quello della Toscana sud-orientale: dal punto di vista delle varietà, nell’area lunigianese predomina la varietà Frantoio (fino al 90% nel disciplinare), affiancata dalla Leccino in misura minore (fino al 20%), mentre non è presente il Moraiolo, fortemente caratterizzante in Toscana centrale e Umbria, con il suo fruttato intenso fortemente amaro e piccante. Riguardo le caratteristiche dell’olio, il disciplinare recita: “olio di colore giallo dorato con toni di verde, odore di fruttato leggero, sapore poco piccante con intensa sensazione di dolce”, e descrive evidentemente un olio con caratteristiche peculiari, ben distinto da quello generalmente identificato come “Tuscan Style”.
Sul versante ligure, invece, nel 1997 il disciplinare DOP Riviera Ligure vuole, per giustificate ragioni storiche, produttive e commerciali, proteggere principalmente le pregiate produzioni imperiesi, caratterizzate dalla egemonia della varietà Taggiasca e dal suo olio dolce e maturo. La DOP Riviera Ligure tuttavia viene giustamente estesa a tutta la Liguria, dato che l’olivo ne è ovunque l’elemento agrario e paesaggistico caratterizzante. Anche qui ci si rende conto fin da subito che gli oli dell’estremo Levante si differenziano in modo evidente da quelli del Ponente, e per questo nasce la sottozona Riviera di Levante che accomuna, con una certa forzatura, gli oli del genovesato con quelli dello spezzino. Leggendo il disciplinare della sottozona troviamo la prevalenza delle varietà Lavagnina, Pignola, Razzola e Frantoio per almeno il 55%. Se teniamo presente che Lavagnina e Pignola sono presenti solo nel genovesato, risulta che nel territorio spezzino le varietà presenti sono in prevalenza la Frantoio e la sua “sorella siamese” Razzola, che ne ricalca in gran parte le caratteristiche. È altresì noto che per la parte percentuale rimanente la parte del leone la fa il Leccino, insieme ad altre varietà autoctone meno diffuse. Riguardo all’olio, il disciplinare lo descrive così: “olio di colore da giallo a verde-giallo, odore fruttato di lieve o media intensità, sapore fruttato con sensazione apprezzabile di dolce ed eventuale sensazione di piccante e/o di amaro”. È evidente anche in questo caso che stiamo parlando di un olio con caratteristiche ben diverse da quello comunemente identificato come ligure “Taggiasca Style”. A questo punto è abbastanza chiaro che parlando di “olio della Lunigiana” vuoi partendo dal punto di vista toscano, vuoi da quello ligure, stiamo descrivendo lo stesso olio, con le proprie caratteristiche peculiari e la propria personalità ben distinta dai due estremi.
Si crea un paradosso: un olio prodotto ad Aulla (MS), avrà la possibilità di ricevere la stessa denominazione – IGP Toscana – di un olio del Chianti, cosi come un olio prodotto a Santo Stefano di Magra (SP) potrà fregiarsi della stessa denominazione – DOP Riviera Ligure – di un olio di Lucinasco (IM), pur essendo in entrambi casi ben poco accomunabili per le loro caratteristiche organolettiche.
Se invece produrremo un olio con olive di Santo Stefano di Magra e Aulla insieme, benchè raccolte a poche centinaia di metri di distanza e appartenenti alle medesime varietà, potremo parlare solo di Olio 100% Italiano, senza poter sfruttare le certificazioni di origine. Per questo l’unica giustificazione sarà… la definizione delle regioni italiane stabilita al momento della nascita della Nazione, quando la Lunigiana, terra dalle caratteristiche storiche, culturali e gastronomiche ben definite ed omogenee, non ebbe la possibilità di vedere riconosciuta la propria peculiare identità.
Dott. Agr. Marco Lucchi – Capo panel APOL