Mele: il miele, l’acqua, le coppelle

Quando, cordialmente invitato da Clio Ferrando e Rita Gestro, il 1° giugno 2019 presentai al cospetto del sindaco di Mele Mirco Ferrando il mio “Libro bianco del turismo esperienziale e food & crafts” (ed. Sabatelli), sottolineai quanto sia importante, oggi più che mai, che le destinazioni – specie gli entroterra… – pongano a sistema tutte le proprie risorse, e formino i propri operatori, per fronteggiare una competizione sempre più accelerata, complessa e digitale. C’è un ospite – e nel frattempo la tragedia covid ha “favorito” il turismo cosiddetto domestic – da attrarre già online e da accogliere idoneamente 365 giorni l’anno. Frequento Mele, e l’Acquasanta, da molto tempo, specie d’estate godendomi la frescura dei luoghi, e sedendo ai tavoli di Gianni, o di Alessandro & Marco… 

Tuttora, lo confesso, non mi è chiaro dove corra il confine (forse lungo il torrente?) tra i Comuni di Genova e Mele, ma è comunque sorprendente questo grumo di quieta ruralità (circa 2.700 abitanti) a due passi dal mare di Voltri, dal traffico dell’Aurelia, e dall’industrializzazione del ponente cittadino. Il turista, il trekker, il devoto, il buongustaio o semplicemente il curioso può giungervi anche in corriera ed autobus e finanche in treno, grazie all’ardita ferrovia ottocentesca (originariamente a vapore), binario unico, 30 gallerie, e viadotti panoramici, che lega Genova ad Acqui Terme proseguendo poi verso Asti. Il celebre Passo appenninico del Turchino – percorso dai ciclisti durante la Milano–Sanremo – corre limitrofo verso Ovada e la valle Stura piemontese. Di fatto sei anche su quell’interessante “cammino di Santa Limbania” la cui prima tappa congiunge Voltri con Roccagrimalda, per poi ripartirne verso Gavi.

Mele non ha nulla a che fare coi pomi, bensì col miele, la scritta “Ex melle mihi nomen” (traggo il mio nome dal miele) campeggia infatti anche sullo stemma araldico del paese. È pendice appenninica ricca d’acque (ben 3 torrenti si aggregano a comporre quel Leira che trova il mare a Voltri), dove la storia incide segni preziosi per l’archeo–antropologo sin dall’età celto–romana, si pensi alla “pietra di Issel” crivellata di misteriose micro cavità dette coppelle, e dove i cenobiti colombaniani (Bobbio fu colta fucina di agronomi e speziali) animarono gli anni del dominio longobardo.

Il celebre Oratorio di Sant’Antonio Abate risale alla seconda metà del ‘700. All’interno, decorazioni a stucco di Rocco Cantone, dipinti agiografici del savonese Carlo Giuseppe Ratti e opere dei voltresi Giovanni Andrea Ansaldo e Orazio De Ferrari. Ma soprattutto la – restaurata – grande cassa processionale del Maragliano, splendore (1703–1710) dell’arte scultorea lignea genovese dell’epoca, che da sola vale il viaggio. L’opera, pesante una decina di quintali, è trasportata in processione, ogni 15 agosto, da squadre di 16 uomini, evento sentitissimo. Un saggio del 2014, a cura di Ignazio Galella, ricostruisce bene tutte quelle vicende.

Anche Acquasanta si svela sin dal toponimo: le ottocentesche terme sulfuree salse sono proprio accanto al santuario di Nostra Signora (eretto tra i secoli XVII e XVIII), da sempre meta di pellegrinaggio delle Confraternite locali, e che ospita anche una bellissima collezione di presepi: di solito la presenta a me, ed ai tanti gruppi di allievi che vi conduco, la gentilissima Signora Tiziana, e davvero non cesseresti di ascoltarne i racconti. Dal santuario si diparte il duplice anello del cosiddetto sentiero Frassati, che ascende 550m di dislivello in circa 2 ore di cammino, un tracciato è più escursionistico, uno più impegnativo supera anguste cenge di una cresta ed è dunque riservato ad esperti (che lo trovano attrezzato con cavi d’acciaio cui tenersi).

Beninteso, gli escursionisti e i bikers apprezzano l’area in primis per il reticolo di sentieri, con cui salire anche a Punta Martin (1.000 m “meno uno”), dislivello notevole ma segnavia rassicuranti, e per alcune neviere, interessanti sopravvivenze di un tempo in cui la Repubblica di Genova doveva rifornire di ghiaccio le proprie cucine patrizie e altoborghesi sfruttando il clima più rigido dell’entroterra (i carri “frigo” giungevano di notte a piazza Fontane Marose). Dentro le neviere dimorano anche simpatiche famiglie di salamandre, sono anfibi urodeli di solito restii al contatto, ma con un po’ di silente pazienza…

I gourmet, viceversa, approdano in loco per le buone trattorie dove ritrovare l’atmosfera casalinga, le ricette di sempre (fügassin, pesto, ravioli anzi raviolissimi, coniglio…), e qualche buona referenza nelle carte dei vini. Talora tuttavia si incontrano anche piatti quasi in via di estinzione, quali lo zimino, lo sformato di mucci (navoni), il “crastun” (stufato d’ovino), o le parti di quinto quarto (trippe, lingua, ganassini, rognoni). Non poche scolaresche, infine, visitano il piccolo Museo delle tradizioni cartarie, presso l’antica manifattura Sbaraggia, con l’inconfondibile ruota di “mulino” sul torrente.

Tutto ciò, amico lettore già lo avverti, consente forme di visita – come si suol dire – varie e molteplici, l’heritage, il devozionale, l’outdoor combinano le proprie valenze accanto al dato gastronomico, al green agrituristico coi coltivi e gli allevamenti autentici, alla pasticceria secca così radicata nella tradizione (anzitutto pasta frolla di crostate e canestrelli squisiti…). Se vi giungerai, magari ci incontreremo. Se ne ripartirai, spediscimi una cartolina che profumi di boschi.

Umberto Curti

LA MELE DA GUSTARE

Un itinerario gastronomico a Mele non può dimenticare il Biscottificio Angeleri. Lo stabilimento è all’inizio di Mele mentre sulla piazza principale di Acquasanta, proprio vicino al Santuario, si trova l’antica bottega dove potrete assaggiare i veri Canestrelli e tutte le specialità tipiche del genovesato a cominciare dal Pandolce. Sempre ad Acquasanta si trovano l’Osteria dell’Acquasanta (010638035) e Il Ristorante Da Dria (010638086). A Mele invece, sulla strada che porta al Turchino si trova anche la rinomata Osteria Baccicin Du Caru (via Fado 115, Fado Basso, tel. 010631804) che aderisce da molti anni al circuito Liguria Gourmet, il marchio delle Camere di Commercio Liguri che certifica i ristoranti che presentano i prodotti tipici della nostra regione. E una volta soddisfatto il palato, curate il corpo con una sosta alle Terme di Genova sempre ad Acquasanta… (www.laviadelleterme.it).

IL MUSEO DELLA CARTA

Il Museo della Carta di Mele è stato inaugurato nel 1997 a testimonianza dell’antico sapere dell’arte cartaria genovese, la quale ha avuto tanta importanza per la storia del territorio di Mele e di Genova-Voltri, a partire dal XV secolo. Ciò che contraddistingue il museo è la sua collocazione: situato nelle sale di un opificio storico, offre la possibilità di intraprendere e ricalcare il percorso che facevano gli stracci di fibra vegetale, e la carta da macero, per diventare nuova carta. Un viaggio attraverso una storia antica fatta di uomini, donne, sacrifici e fatica. Dal 2013 è presente nel museo il primo laboratorio di produzione di carta esclusivamente fatta a mano della Liguria; e uno tra i 5 presenti in Italia.

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