Attraversando l’entroterra ligure da un capo all’altro della regione, è inevitabile imbattersi in qualche noccioleto. Di solito si tratta di boschetti spontanei, spesso abbandonati alla loro stessa natura, capaci di autoregolarsi per sopravvivere. Ma c’è una zona del levante genovese nella quale la coltura del nocciolo affonda le radici nel tempo. Siamo fra Genova e Chiavari, in un territorio montano che comprende diverse valli confinanti. La coltivazione del nocciolo ha il suo fulcro in valle Sturla con appendici rilevanti dalla val Fontanabuona alla val Graveglia, fino alla bassa val d’Aveto. In questi territori la nocciola ha costituito fin dal Medioevo una voce economica importante per l’agricoltura locale, e anche se lo spopolamento delle campagne, nel Dopoguerra, non ha certo risparmiato queste valli, la produzione non è mai stata abbandonata e da qualche anno fa registrare una vivace ripresa.
Parliamoci chiaro, qui non si pratica l’agricoltura intensiva, né si possono immaginare distese di noccioleti a perdita d’occhio: è un mondo verticale e impervio che generazioni di contadini hanno addomesticato terrazzandolo. Ed è anche un mondo fortemente variabile, poiché proprio per la sua orografia incisiva ha terreni con caratteristiche anche opposte per esposizione, struttura, pendenza ecc. E qui viene il bello. I contadini che nei secoli hanno faticato su questi monti, hanno dovuto adattare le colture alla variabilità del territorio trovando nel nocciolo un validissimo alleato. È bastato loro – si fa per dire! – selezionare le varietà spontanee adatte ai diversi terreni, sperimentandone poi la resa: un lavoro lento e meticoloso che costituisce il vero patrimonio di queste valli. Il frutto di tanto impegno era un insieme di nocciole differenti commercializzato soprattutto attraverso i grossisti: buona parte del prodotto finiva alle industrie dolciarie piemontesi, mentre una piccola quota era destinata alle aziende artigianali locali per le lavorazioni di confetteria e pasticceria. Poiché il capoluogo economico e commerciale di zona è sempre stato Chiavari, alle nocciole della zona fu assegnato il nome di Misto Chiavari, miscela variabile composta soprattutto da Tapparona, Dall’Orto, Sraeghetta, Bianchetta e Del Rosso, unite a piccole quantità di Menoia, Longhera e Trietta. Fin qui la storia di una produzione agricola e della sua genesi recente, perché a volerne ricercare le tracce più antiche, si risalirebbe fino al 2.500 Avanti Cristo, datazione assegnata al ritrovamento di nocciole fossili nelle torbiere di Rezzoaglio, in val d’Aveto.
Il rilancio attuale delle nocciole Misto Chiavari passa per la rivalutazione del loro valore reale legato al concetto più autentico di biodiversità agricola. Le varietà che tuttora compongono questa singolare miscela, esprimono la più pura e naturale vocazione del territorio attraverso la loro diversità. Ciascuna di esse, infatti, prospera in condizioni specifiche nelle quali le altre non saprebbero fare altrettanto. Così c’è una varietà adatta ai terreni fertili, una ai soleggiati, una agli aridi, una ai siccitosi. Questa sintesi perfetta di biodiversità ha stimolato nuovi interessi sulla trasformazione e la commercializzazione del prodotto. L’olio ottenuto dalle nocciole locali, per esempio, ha dimostrato di possedere qualità organolettiche di pregio assoluto, riscontrando un grosso successo di mercato. Altrettanto si può dire per le creme di nocciole e per altri derivati che stanno registrando un apprezzamento straordinario anche fuori dai confini nazionali. Anche Slow Food si è accorto del valore unico delle nocciole Misto Chiavari e sta contribuendo alla valorizzazione del prodotto attraverso la creazione di una Comunità del cibo dedicata ai produttori di nocciola delle valli del Tigullio.
Le caratteristiche organolettiche sono decisive per il successo commerciale di un prodotto, ma il suo legame autentico con la terra e la cultura di cui è frutto, talvolta è ugualmente importante. Non saprei dire in quanti altri casi sia tanto stretto e vitale il rapporto fra uomo, territorio e prodotto come per le nocciole di queste valli, ma si tratta di una preziosa eredità che oggi può continuare a dare i suoi frutti.
IL GOURMET DELLE NOCCIOLE LIGURI
Tra le aziende che più hanno creduto alla rinascita della nocciola ligure segnaliamo Parodi Nutra di Campomorone. I prodotti legati alla nocciola ligure sono marchiati Il Parodi Gourmet, la linea di eccellenza dell’azienda che sta svolgendo una grande opera di promozione attraverso ad esempio la partecipazione a manifestazioni di livello internazionale come il recentissimo Salone del Gusto di Torino. Proprio a Torino facevano bella mostra la Crema di Nocciola Ligure Spalmabile e la golosissima La Crunchy che hanno entusiasmato il pubblico e gli operatori. Ma Il Parodi Gourmet commercializza anche la farina sgrassata e tre tipi di pasta: gli spaghetti, le reginette e naturalmente le troffiette tutte alla nocciola ligure. Tra i clienti figurano ristoranti stellati come il Piazza Duomo di Alba o il Cracco di Milano e prestigiose pasticcerie internazionali. Per maggiori info: www.ilparodi.com
Articolo di Sergio Rossi. Foto archivio Parodi Nutra/Flavio Scanarotti