La Liguria è una regione stretta tra le montagne a Nord e il mare a Sud, con un territorio quasi interamente collinare o montuoso che si estende, da Ventimiglia a Sarzana, per 330 km: un lembo di terra compresso e arcuato con paesi e città costiere disposte in fila indiana, una viabilità difficile che rende le due estremità quasi inavvicinabili. Forse è anche per questa connotazione geografica che il popolo ligure è chiuso, quasi scontroso agli occhi dei più, ognuno a difendere il proprio carruggio, strenuo difensore delle proprie tradizioni e refrattario ad aprirsi anche verso il paese confinante. E così anche il vino della propria Doc è il migliore della regione. Ma il sommelier non deve essere “nè Guelfo” “nè Ghibellino”, deve conoscere ogni lembo di terra, ogni vitigno, ogni vino e con oggettività carpire caratteristiche e diversità che rendono il vino così diverso, unico, espressione di un territorio.
Decido quindi di trascorrere un fine settimana nei Colli di Luni, un angolo di Liguria che si incastra nella Toscana, dove la storia ha lasciato forte la sua presenza: in primis, la città di “Lunae”, in onore della dea Luna. Una città elegante e ricca, monumentale, con numerosi edifici ricoperti di marmo, un teatro e un anfiteatro. Dal suo porto romano salpavano bastimenti carichi di vino e marmo di Carrara. Con l’insabbiarsi del porto, la zona perse interesse, la “gens” si ritiró sui colli retrostanti, alla ricerca di aria più pura, lontano da quell’area paludosa e insalubre che rimase tale fino alle bonifiche del 1700.
Il paesaggio è ricco e vario: spazia da colline immerse nella macchia mediterranea e a quelle ricoperte di oliveti e vigneti: tra borghi medievali collocati in posizione dominante e la foce del fiume Magra, tra le Alpi Apuane e il vero elemento caratterizzante tutta la zona che non può che essere il mare. Gli fa da superba cornice il Golfo dei Poeti, amato tra gli altri da Petrarca e Montale, abbracciando tra due promontori, il mare stesso, le spiagge, le coste frastagliate, gli antichi borghi e la natura incontaminata.
Abbandonata la pianura, qui si continuò a coltivare la vite e soprattutto il protagonista della nostra visita: il vermentino. I versanti delle montagne salgono ripidi dal mare, le vigne sono coltivate ad altitudini comprese tra i 200 e i 500 metri in presenza di notevoli escursioni termiche, fattore che favorisce una maturazione lenta e graduale delle uve, con un’aromaticità particolarmente intensa e concentrata. Il terreno collinare, l’argilla ed il microclima del territorio permettono di creare vini dagli intensi profumi. La vite, in queste terre, è sempre stata presente: qui i vini raccolgono il meglio della collina e del mare che con la sua brezza ricorda a tutti la sua vicinanza. Questa è la terra del Vermentino perché questo vitigno per rendere il meglio di sé, deve “respirare il mare”. Spaziando lo sguardo ci si rende conto che i vini prodotti qui, come in tutta la Liguria, hanno un comune denominatore: l’uomo. Egli è il vero motore; la tecnologia entra marginalmente, e spesso la quantità di uva prodotta è rapportata con le ore lavoro, con le sole sue forze.
Siccità, precipitazioni più violente, variabilità metereologica, escursioni termiche, animali selvatici ghiotti di uva e di vegetazione giovane….oltre all’impossibilità di meccanizzazione, rendono davvero faticosa ogni operazione. La montagna è stata addomesticata strappando piccoli fazzoletti di terra per renderli pianeggianti con le classiche terrazze, ma pur in numerose difficoltà i vignaioli, profondamente legati al loro ambiente, continuano a rimanere e a domare tutti i fattori ostili, sicuri che il risultato sará unico perché unico il suo territorio.
Incontro viticoltori innamorati della terra dei loro padri, ben determinati a renderla ancora più bella e, con l’ausilio delle nuove tecniche di cantina, a innalzare il livello qualitativo. Tra un bicchiere e l’altro inizio a comprendere che le dinastie del Vermentino, Bosoni, Lambruschi, Federici, (alcune delle aziende che hanno creduto nel territorio) hanno tutti un trait d’union: profondo rispetto per l’ambiente, valorizzazione del territorio e scommessa sui vitigni autoctoni raccogliendo dalla tradizione la chiave di lettura per il loro futuro. Per fare un buon vino ci vuole anche cultura, tradizione e conservazione del paesaggio
Che il vino da queste parti fosse buono, lo sapeva già Plinio il Vecchio il quale scriveva “Il vino lunense fa vincere il premio del migliore all’Etruria”.. persino Cristoforo Colombo volle numerose botti di Vermentino di Luni a bordo delle sue caravelle in partenza per il Nuovo Mondo per alleviare le fatiche delle truppe.
Le origini di questo vitigno sono ancora oggi oggetto di dibattito tra gli ampeologi: secondo alcune fonti il vermentino sarebbe arrivato in Liguria dalla Spagna (Aragona) nel 1390, secondo altre il suo arrivo sarebbe ancor precedente. Successivamente, diffondendosi dalla Costa Azzurra, arrivò sulle coste occidentali della Liguria e poi via via attraverso tutta la regione. Il suo massimo sviluppo lo ebbe intorno al 1500 tanto da diventare uno dei vitigni più piantati in tutto il bacino del mediterraneo.
Le varie interpretazioni etimologiche del termine Vermentino sono alquanto nebulose e soprattutto non spiegano in maniera convincente perché il vitigno sia chiamato in questo modo: il nome potrebbe collegarsi a “vermene” ramoscello giovane, sottile e flessibile. In passato il termine Vermentino era spesso confuso con altri nella descrizione del vitigno: esempio è Vermentino e Vernaccia. L’errata sinonimia probabilmente era generata dal fatto che nei dintorni del paese ligure di Vernazza erano coltivati i vitigni Vermentino e Piccabon, con i quali si producevano i famosi vini delle Cinque Terre commercializzati dai genovesi già nel XIII secolo.
Ampelograficamente è sicuramente un clone di malvasia: il terroir ligure però ne muta le caratteristiche varietali rispetto a quelle originali perdendo molta aromaticità, ma acquisendo maggiore acidità, fattore che dona al vino freschezza e sapidità.
Si tratta di un vitigno che da’ il meglio di sé nei vigneti che “guardano il mare” influenzando così la maturazione e la sua naturale sapidità. E’ l’unico vitigno ligure ad entrare in quasi tutte le DOC regionali (Riviera ligure di ponente, Colli di Luni, Golfo del Tigullio, Valpolcevera, Cinque Terre e Cinque terre Sciacchetrà, Colline di Levanto)
Ovviamente, a seconda delle zone di produzione, i Vermentini acquistano maggiori o minori profumi (sentori varietali), strutture e persistenze.
Non c’è dubbio che, i vertici qualitativi del Vermentino siano nelle due zone a denominazione di origine opposte: la Riviera ligure di Ponente e i Colli di Luni.
Le differenze sono evidenti: le zone vitate dei principali comuni, Arcola, Ortonovo e Castelnuovo Magra, producono dei Vermentino dagli ampi e persistenti sentori floreali e fruttati, caldi ma freschi e sapidi, a differenza di quello del ponente che ha una nota erbacea più marcata e una sapidità importante.
Il Vermentino Colli di Luni al naso offre sensazioni molto pronunciate di frutti esotici maturi, con lievi sentori di macchia mediterranea ed eleganti note floreali di acacia.
Sicuramente il Cru di Vermentino che esprime l’eccellenza del territorio lunense è Sarticola sulle alture di Castelnuovo Magra (già nota ai Romani col nome di Sartucola, da cui provenivano i vini migliori). Grazie a una macerazione pre-fermentativa il bicchiere esprime sentori minerali, agrumi, aria salmastra, pesca gialla, un naso immediato da vermentino, pieno di sfumature e di spunti. In bocca l’attacco è grasso, ma subito si apre con caratteristiche di freschezza e sapidità, un alcool che lo sostiene e una persistente nota amarognola.
Il Colli di Luni Vermentino a tavola
Sicuramente, viste le note olfattive delicate, fresche e semiaromatiche, l’abbinamento più indicato risulta essere con piatti di mare non troppo elaborati e mediamente salsati. La sua stessa zona di coltivazione, spesso vicina alla costa, fa sì che il Vermentino sia una scelta naturale per accompagnare antipasti e primi di mare, molluschi, crostacei e, in generale, secondi a base di pesce (al forno o bollito). Consigliamo di provarlo anche con formaggi freschi a pasta morbida e carni bianche, piatti come la focaccia al formaggio (con la prescinseua), la frittata di bianchetti, la zuppa di cicale, le pappardelle alla crema di funghi e le troffie al pesto dove l’agreste sapore del pesto trova matrimonio perfetto con il profumato, fragrante sapido vino. Se la persistenza aromatica del vino è molto intensa, un ottimo abbinamento risulta essere con l’elaborato piatto del Cappon magro; da provare!