Carloforte: l’isola ligure della Sardegna

Carloforte è un luogo meraviglioso, fuori dal tempo, nel quale vive una comunità fortemente legata alle proprie origini liguri. Siamo nel Sulcis Iglesiente, sud ovest della Sardegna, per l’esattezza sull’isola di San Pietro, comune di Carloforte. L’ultima colonizzazione dell’isola si deve a un primo gruppo di genovesi che sbarcarono a San Pietro nel 1738 dopo circa due secoli di permanenza a Tabarka (Tunisia).

Torniamo per un momento a metà Cinquecento per raccontare, in sintesi, la storia dei tabarchini. Due importanti famiglie genovesi, i Lomellini e i Grimaldi, ottengono una concessione dall’imperatore Carlo V per pescare il corallo nei mari tunisini. Come d’abitudine (per esempio nel secolo XV a Marsacares) inviano i loro pescatori sull’isolotto di Tabarka affinché possano preparare il nuovo insediamento e avviare la pesca. Il corallo non manca ma ben presto quel piccolo avamposto ligure diventa anche uno snodo commerciale dove le navi in transito possono rifornirsi di merci che i genovesi acquistano dai tunisini: grani, orzo, cera, olio d’oliva, lane e cuoja bovine salate. La pesca del corallo è fruttuosa e il commercio fiorente; sull’isola viene riedificato il castello, costruita una chiesa e innalzate le mura a protezione delle abitazioni e dei magazzini, mentre la comunità si espande grazie all’arrivo di altri genovesi dalla madre patria. Passano i decenni della prosperità e nelle prime decadi del Settecento cominciano i problemi: i banchi di corallo si impoveriscono, i pirati imperversano e i rapporti con i tunisini si incrinano, ciò che suggerisce la pianificazione di un esodo di massa verso altre terre.

Siamo nel 1738 quando i primi coloni sbarcano sull’isola di San Pietro concessa loro da Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna. Purtroppo ad altri tabarchini andrà molto peggio: imprigionati e resi schiavi dai tunisini verranno riscattati oltre trent’anni più tardi, quando potranno insediarsi sull’isola di Sant’Antioco fondando la comunità di Calasetta.

Fin qui la storia dei cosiddetti tabarchini, ma siamo solo all’inizio. Due secoli di permanenza a Tabarka consentono alla comunità genovese di plasmare una propria identità – seppur figlia di quella ligure – che si consolida e si caratterizza ulteriormente nei quasi tre secoli di presenza a Carloforte. Questo legame così tenace con la propria cultura, espresso attraverso la lingua, il folclore e la cucina, rende straordinaria la comunità tabarchina di Carloforte, oltre a regalare al patrimonio culturale ligure un prezioso scrigno di matrici storiche proprio riguardo la lingua, il folclore e la cucina. A Carloforte si parla il tabarchino, una variante “ponentina” della lingua genovese che nella cadenza richiama l’influenza sarda. Le feste e le ricorrenze popolari si rifanno in buona parte alla cultura ligure mentre la cucina, sempre ispirata alle origini, ha saputo consolidare un modello specifico capace di riassumere le influenze dei differenti luoghi di permanenza dei tabarchini. Così la Tunisia, la Sardegna e, prima fra tutte, la Liguria si ritrovano nel patrimonio gastronomico locale rendendolo assolutamente unico. A tutto ciò si somma la bellezza disarmante dell’isola, dalle antiche saline fino alle scogliere più selvagge. E infine, ma non certo ultimo, il centro abitato di Carloforte, simile a un borgo ligure con il porto, le case a schiera, i vicoli e il lungomare. L’interno dell’isola, a tratti coltivato a vigne, uliveti e orti, in buona parte presenta ancora l’aspetto della più tipica macchia mediterranea, alternata qua e là a pinete e zone aride e rocciose. Non mancano neppure le spiagge – la Bobba, la Caletta, Guidi, Girin solo per citarne alcune – spesso servite da piccoli chioschi di somministrazione in un regime di accesso libero.

La cucina tabarchina è in sé un vero e proprio patrimonio culturale capace di raccontare la storia della comunità che lo ha creato e custodito nei secoli.

Lo fa sia nelle famiglie, sia nella ristorazione che sa proporre tuttora alcuni piatti della più radicata e profonda tradizione. Il primo da citare per valore identitario e quale elemento caratterizzante della cucina locale è decisamente il cascà, un cous cous alla tabarchina assimilato dalla tradizione magrebina. È il piatto che i carlofortini preparano in occasione degli incontri familiari o delle più intime riunioni fra amici. Ad esso è dedicato anche un festival internazionale che si tiene ogni anno nel mese di ottobre. Altrettanto singolare la bobba, una suprema di fave secche con olio d’oliva e poco aglio figlia della tradizione ligure. Il risultato è una sorta di minestra densa da gustare calda o, se lasciata rapprendere fino al giorno seguente, tagliare a fette da portare a frittura.

C’è però un elemento fondamentale nella storia dell’isola e dei suoi abitanti: il tonno!

Parliamo di tonno rosso pescato con le classiche tonnare fisse, le ultime ancora attive in Italia. Per dare un’idea di quanto sia stata importante la pesca del tonno per la comunità carlofortina, basta ricordare che ancora nella seconda metà del secolo scorso costituiva oltre un terzo dell’economia complessiva dell’isola. La cultura del tonno, intesa come pesca, lavorazione e capacità di cucinarlo rimane uno degli aspetti più interessanti della tradizione tabarchina e tutt’oggi, nonostante le mutate condizioni generali di pesca dovute soprattutto ai limiti imposti dai regolamenti internazionali, a Carloforte è possibile gustare tante preparazioni che ricordano come il tonno sia sempre stato considerato “il maiale del mare”, poiché del pesce non si getta via nulla. Tanto per citare le ricette più singolari si potrebbe parlare del figatellu, le sacche spermatiche fritte, o dei guresi e del belu, rispettivamente l’esofago e lo stomaco di tonno essiccati e cucinati in umido. Sempre fra i conservati di tonno, oltre al più classico prodotto in scatola di qualità eccellente, si preparano ancora una serie di salumi come la bottarga, il musciame e il cuore che diventano protagonisti nella cappunadda, insalata di origine ligure a base di galletta del marinaio, pomodori, origano, olive ecc. ma con un tocco esotico dovuto alla presenza della facussa, un ortaggio della famiglia dei cetrioli che i tabarchini conobbero in Tunisia e continuano a coltivare ancora oggi.

E se le ricette a base di tonno sono ancora altre, una su tutte merita di essere ricordata. Si tratta del cosiddetto tonno alla carlofortina, piatto succulento che nel metodo ricorda “l’uccelletto” ed è preparato con polpa di pesce, pomodoro, alloro, aglio, olio, vino bianco e un poco di aceto.

C’è poi il capitolo della pasta, altra ricchezza tabarchina che richiama le matrici liguri di cui sopra. E allora ecco i casulli, gnocchetti ormai dimenticati in Liguria ma qui assai popolari nella versione “alla carlofortina”, ovvero conditi con un sugo a base di pomodoro e pesto; i curzetti all’antica, a forma di orecchietta; le sampe de gatto, simili ai curzetti ma un poco più concave, chiamate così perché il gesto per produrle a mano, unendo il dito indice con il medio, ricorda la fisionomia della zampa di un gatto; i maccaruin, maccheroni, che un tempo si facevano aiutandosi con un bastoncino di giunco (maccaruin co-o zonco) e infine, non certo ultimo, u scuccusun, piccole palline di pasta derivate in antico dal cous cous ma di diametro maggiore, parenti strette del medesimo prodotto ligure come della fregola sarda.

A questo punto il problema è quale limite porsi nel descrivere la cucina tabarchina, poiché non basta né un libro né tantomeno un articolo per sviscerarne i segreti, le stranezze e le curiosità storiche. Quindi non parleremo di preve, fainò in ta crusc-ta, canestrelli, codella gianca e neigra, cassolla, buzonaggia, curi-curi, gatò eccetera, limitandoci a citarli nella speranza di suscitare la curiosità del lettore, se non altro per esplorare questo meraviglioso patrimonio gastronomico o, ancora meglio, imbarcarsi per Carloforte così da gustarlo direttamente sul posto…Solo che poi ci si innamora e bisogna tornarci!

Sergio Rossi

LE TONNARE

La pesca del tonno rosso (Thunnus thynnus) è regolata dall’ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas) mediante specifiche quote di pescato attribuite, di anno in anno, ai vari paesi del Mediterraneo e ripartite secondo i differenti sistemi di cattura.  Nelle acque dell’isola di San Pietro è attiva la storica tonnara dell’Isola Piana, unico impianto d’Italia ancora in pesca assieme a quello di Porto Scuso. Chi conosce anche solo superficialmente questo antico metodo di cattura sa benissimo che si tratta di un sistema del tutto sostenibile poiché pesca solo i “Tonni di corsa”, cioè di passaggio verso le aree di riproduzione, perfettamente e costantemente controllabile, vista la natura fissa dell’impianto, rispettoso dell’ambiente e della specie, poiché pratica una cattura selettiva, e con ricadute positive anche su tutta l’area circostante, visto che nel periodo di attività della tonnara è interdetta la pesca nelle vicinanze.  Ogni metodo ha però le sue incognite legate alle innumerevoli variabili che possono condizionare il buon esito della pesca, a maggior ragione se praticata con impianti fissi. E quest’anno, proprio nella tonnara dell’Isola Piana, una serie di concomitanze negative ha, purtroppo, impedito di raggiungere la quota di pesca assegnata (235 tonnellate). Prima fra tutte l’improvvisa e prematura scomparsa, proprio nel periodo di preparazione dell’impianto, di Luigi Biggio, esperto e carismatico capo pesca che ricopriva il ruolo di rais fin dal 1998. Poi le condizioni inconsuete del mare, con un’anomala torbidità dell’acqua, una temperatura irregolare della stessa e la scarsità di mareggiate da Maestrale che hanno tenuto lontani dalla costa i tonni di medie dimensioni. Se a tutto ciò si aggiungono altri piccoli inconvenienti come la presenza di diversi squali, fra i quali un esemplare di Mako (Isurus oxyrinchus) di grandi dimensioni (oltre 4 metri di lunghezza) e l’impossibilità di calare l’impianto al momento opportuno causa condizioni meteo marine avverse, si comprende come la stagione sia stata quantomeno deludente e meritevole di attenzione particolare da parte degli organi preposti. Tale andamento della stagione dimostra che il sistema di pesca della tonnara fissa si basa sulla lotta tra l’uomo e le forze della natura: quando esse si scatenano non c’è modo di opporvisi, ciò che conferma la piena sostenibilità di questo antico metodo di pesca soprattutto se paragonato ad altri (circuizione), ai quali vengono assegnate quote assai più rilevanti. Questo sistema andrebbe sostenuto con norme ad hoc, poiché, al contrario di tutti gli altri (palangaro, circuizione, canne sportive) non ha esche e non cerca la preda ma la aspetta. Peraltro, un solo impianto con la quota adeguata crea molti più posti di lavoro e ricaduta economica di tutti gli altri, pur affrontando un rischio d’impresa assai maggiore. In sintesi: lavoro, sostenibilità e controllabilità meriterebbero maggiori tutele.

IL GIROTONNO

Giunto quest’anno alla ventesima edizione, il festival Girotonno celebra la pesca di questo straordinario animale e la cultura che essa ha generato. Negli anni la manifestazione ha visto una continua crescita fino a diventare un appuntamento di respiro internazionale che porta a Carloforte, fra fine maggio e primi di giugno, oltre a un pubblico sempre più numeroso, grandi chef, personaggi della cultura, dello spettacolo e dell’intrattenimento.   

PER SAPERNE DI PIU’:

Vi segnaliamo tre libri che vi porteranno alla scoperta dei sapori unici dell’isola di San Pietro.

  • LA CUCINA DEI TABARCHINI di Sergio Rossi – Edizioni SAGEP
    L’epopea del popolo tabarchino vista attraverso la cultura enogastronomica che ha saputo modellare in due secoli di permanenza sull’isola di Tabarca (Tunisia) e quasi tre sull’isola di San Pietro (Sardegna). Il cibo come marcatore culturale di una comunità, delle sue origini liguri e delle influenze che, nel tempo, ne hanno plasmato l’identità. Finalista al Premio Bancarella della Cucina 2011.
  • SAPORI E STAGIONI DI CARLOFORTE di Vanissa Biggio e Andrea Luxorio
    Scoprirete una cucina dalla marcata impronta ligure che non ha mancato, nel corso della sua evoluzione, di arricchirsi di nuovi linguaggi, tecniche, sapori e saperi che ne hanno delineato nel tempo un inconfondibile profilo mediterraneo. La narrazione nasce dai ricordi personali degli autori e dai racconti che hanno recepito dalle loro famiglie.
  • IL QUADERNO DELLE STAGIONI CARLOFORTINE di Carolina Rossino
    Parlare di cucina è importante per capire le origini di un popolo. Le tante ricette contenute in questa pubblicazione vogliono essere la prosecuzione di un progetto di valorizzazione della tradizione carlofortina, il tutto condito con i nuovi ingredienti e le nuove tendenze: anche i piatti tradizionali possono essere rivisitati. Il volume è promosso dal Consorzio Arcobaleno – Centro commerciale naturale attraverso i bandi di sostegno della Regione Autonoma della Sardegna.

IL TOUR GOURMET DI CARLOFORTE

Sull’isola di Carloforte si coltiva la vite ed è operativa una cantina che vi consigliamo di visitare.

La Cantina Tanca Gioia rappresenta un gioiello nel panorama vinicolo sardo, un luogo dove tradizione e innovazione si fondono per creare vini di eccellenza. Fondata da Carlo Perfetti e Umberto Zamaroni con l’intento di valorizzare i vitigni autoctoni e la ricca cultura enologica della regione, si distingue per l’attenzione alla qualità e il rispetto per l’ambiente. La filosofia di produzione si basa su pratiche agricole sostenibili e una vinificazione attenta, mirata a preservare le caratteristiche uniche del terroir. Il fiore all’occhiello della produzione è la linea di vini “U Tabarka”: un omaggio alla storia dell’isola e dei suoi abitanti, La gamma U Tabarka include una selezione di etichette che spiccano per la loro personalità e autenticità. Tra i più rinomati troviamo il Carignano del Sulcis, un rosso intenso e complesso, che esprime al meglio le potenzialità del vitigno autoctono Carignano, coltivato su terreni sabbiosi e soleggiati. Il vino si caratterizza per note di frutti di bosco, spezie e una struttura tannica equilibrata, ideale per accompagnare piatti di carne e formaggi stagionati. Non meno importante è il Vermentino di Sardegna, un bianco fresco e aromatico, perfetto per gli amanti dei vini minerali e floreali. Le uve, selezionate con cura e vinificate con tecniche moderne, danno vita a un vino che esprime la salinità del mare e la freschezza delle brezze marine, ideale per accompagnare piatti di pesce e crostacei. La Cantina Tanca Gioia non si limita a produrre vini eccellenti, ma offre anche esperienze enoturistiche che permettono ai visitatori di immergersi nella bellezza del territorio e nella passione che anima ogni fase della produzione. Degustazioni guidate, visite ai vigneti e alla cantina sono solo alcune delle attività proposte, pensate per far scoprire l’anima autentica dell’isola di San Pietro e dei suoi vini. Potete acquistare i vini direttamente sull’e-shop aziendale presente sul sito aziendale. Per info: www.u-tabarka.com info@u-tabarka.it Località Gioia, Carloforte. Tel. 345 0965746.

Se volete scoprire la cucina tabarchina merita assolutamente una tappa il ristorante Da Vittorio. Situato sul lungomare di Carloforte, questo locale rappresenta una meta obbligata per chi desidera scoprire le tradizioni culinarie della Sardegna, in particolare quelle della comunità tabarchina. Varcata la soglia del ristorante, si entra in un ambiente caldo e accogliente, dove l’arredamento semplice e curato riflette il legame profondo con il mare e la cultura locale. Le pareti sono decorate dai disegni di Chef Luca Poma che ha raccolto il testimone dal padre Vittorio, fondatore del locale nel 1976. La sala principale offre una vista mozzafiato sul porto, rendendo l’esperienza culinaria ancora più suggestiva, soprattutto al tramonto. La cucina di Da Vittorio è un vero e proprio viaggio nei sapori del Mediterraneo.  Il menu, elaborato con cura, varia a seconda delle stagioni, privilegiando sempre ingredienti freschi e di qualità. Il pesce è il protagonista indiscusso, grazie alla freschezza garantita dalle barche dei pescatori locali che riforniscono quotidianamente il ristorante. Tra i piatti più celebri spicca il “Nero di Vittorio”, che è diventato il simbolo del locale. In carta dal lontano 1976, all’epoca chef Vittorio lo dedicò al calciatore Roberto Bettega, essendo tifoso Juventino sfegatato e ammiratore delle gesta sportive del centravanti. Quando il piatto iniziò ad avere elogi ed encomi, da “Spaghetti alla Bettega” sono diventati “alla Vittorio”: mettono insieme pesto, ragù di tonno, bisque di crostacei, sugo rosso di vongole e nero di seppia con cipolla, aglio e brandy e ancora oggi è uno dei piatti più richiesti dalla clientela. Come accennato a guidare la cucina è ora Luca ma Vittorio è ancora ai fornelli e le ricette tramandate di generazione in generazione vengono rivisitate con un tocco moderno, senza mai perdere l’autenticità che contraddistingue la cucina carlofortina. Ogni piatto, servito in sala da Tiziana Poma, è accompagnato da una selezione di vini accuratamente scelti per valorizzare i sapori e gli aromi delle pietanze. La cantina del ristorante offre una vasta gamma di etichette regionali e nazionali, con particolare attenzione ai vini sardi, che si sposano perfettamente con la cucina proposta. Il personale, sempre cortese e disponibile, è pronto a consigliare i piatti del giorno e a soddisfare ogni esigenza del cliente, contribuendo a creare un’atmosfera familiare e rilassata. Vi invitiamo ad andare a trovare la famiglia Poma: la passione che si respira in questo angolo di paradiso vi conquisterà il cuore ed il palato!  Ristorante da Vittorio, Corso Battellieri, 16, Carloforte. Tel+39 0781 855200 ristorantedavittorio@gmail.com.

Concludiamo segnalando il Consorzio Arcobaleno dell’Isola di San Pietro: un esempio brillante di come la collaborazione tra diverse realtà locali possa promuovere uno sviluppo sostenibile e valorizzare le risorse del territorio. Fondato da imprenditori, artigiani, pescatori e operatori turistici dell’isola, il consorzio ha l’obiettivo di unire le forze per affrontare le sfide comuni, promuovendo un modello di sviluppo rispettoso dell’ambiente e delle tradizioni locali. Uno dei punti di forza del Consorzio Arcobaleno è il suo negozio, situato nel cuore di Carloforte. Questo spazio non è solamente un punto vendita, ma anche un luogo di incontro e di scambio culturale. Al suo interno, i visitatori possono trovare una vasta gamma di prodotti locali di alta qualità, dall’artigianato tradizionale ai prodotti agricoli, con una particolare attenzione al pregiato tonno di Carloforte.  Nel negozio del consorzio, il tonno viene presentato ai consumatori con una particolare attenzione alla sua storia e alle sue caratteristiche uniche. I visitatori possono acquistare tonno fresco, conservato e lavorato, conoscendo direttamente i pescatori e i produttori che stanno dietro a questi prodotti eccezionali. Questo contatto diretto aumenta la consapevolezza e l’apprezzamento per il lavoro e la tradizione che accompagnano ogni fase della produzione del tonno. Il Consorzio Arcobaleno si impegna anche nella promozione del territorio attraverso eventi, mercati e iniziative culturali. Queste attività contribuiscono a mantenere vive le tradizioni e a creare un legame forte tra la comunità e il territorio. Il turismo è una delle principali fonti di reddito per l’isola, e il Consorzio Arcobaleno si impegna a promuovere un modello di turismo responsabile. Questo implica il rispetto per l’ambiente, la valorizzazione del patrimonio culturale e naturale e la promozione di un turismo lento e consapevole. I visitatori vengono invitati a scoprire l’isola attraverso percorsi naturalistici, esperienze enogastronomiche e attività che rispettano l’ecosistema locale. Punto vendita: Borghero Corso Cavour 35 – Carloforte. Tel. 0781.855298 Cell. 3483310887 – www.carlofortearcobaleno.it consorzioarcobaleno@tiscali.it E-commerce: www.carlofortestore.it

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