È questa la regina di tutte le minestre del mondo, inventata da un cuoco genovese, ed ormai per l’eccellente suo gusto generalizzata dappertutto.
Non parlerò dei ravioli con questo tono euforico, né ostenterò certezze circa la loro origine, tuttora discussa. Tuttavia, lasciare l’incipit a Giovanni Battista Ratto, autore della prima Cuciniera Genovese (Genova, 1863), credo renda l’idea di quale considerazione meritassero i ravioli a metà Ottocento.
Tornando alle origini di questa pasta ripiena che il gastronomo Silvio Torre chiamava lasagne co-o zembo (lasagne con la gobba), fra le molte storie che ne descriverebbero la nascita o l’invenzione, pare non ce ne sia alcuna davvero documentata. Giovanni Rebora, fra i massimi storici dell’alimentazione, nel suo La cucina medievale italiana fra Oriente e Occidente (Genova, 1996) si esprime così sull’argomento: “Meno documentati i ravioli, ma anch’essi diffusi in varie forme… Le ricette per preparare i ravioli sono numerose quanto le variazioni nel contenuto dei ripieni e nel modo di cottura (fritti, in brodo, senza pasta in padella, senza pasta in crosta, ecc.)”. Nel XIII secolo il francescano Salimbene de Adam dice di aver mangiato ravioles sine crusta de pasta, quindi “nudi”, mentre, circa cent’anni più tardi, Giovanni Boccaccio, nel Decamerone (giornata VIII, novella 3), li collocherà nella contrada del Bengodi: “eravi una montagna tutta di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevano, che far maccheroni, e raviuoli, e cuocergli in brodo di capponi, e poi li gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava, più se n’aveva”. Naturale rilevare come già a metà del Trecento i ravioli fossero un cibo prelibato e ambito, tanto da essere collocato in un paese da sogno dove chiunque avrebbe potuto mangiarne a sazietà. C’è, però, un aspetto fondamentale che riporta al consueto punto nodale: che cos’era il raviolo nel Medioevo? Lo chiarisce ancora il professor Rebora nel suo Colombo a tavola: “La ricetta che segue parla di torta o ravioli: i ravioli erano detti anche tortelli (i tortellini, per esempio) a causa del fatto che erano fasciati da due sfoglie di pasta. Erano, in fondo, piccole e piccolissime torte”.
Infatti, la ricetta citata di seguito, tratta dal manoscritto Medicinalia quam plurima (fine XV secolo), si intitola Torte o vero a fare ravioli quadragessimali gentilissimi, lasciando perciò numerosi dubbi non tanto sull’esistenza dei ravioli almeno dal XIII secolo, ma sulla univoca interpretazione del termine ravioli nei documenti di quel tempo, salvo non fosse riferito a specifiche ricette attraverso le quali determinarne la vera natura. È il caso, per esempio, di Maestro Martino de Rossi (XV secolo), cuoco personale del Patriarca di Aquileia, il quale consiglia i ravioli – definiti anche raviolli e raffioli – in quattro versioni: ravioli bianchi, gialli, per due piattelli e in tempo di carne. E saranno ancora tante le citazioni che da allora in avanti si succederanno nei vari trattati di cucina, ma occorre concentrarsi sullo sviluppo ligure di questa storica specialità.
A metà Settecento compare un manoscritto anonimo, conservato all’Archivio di Stato di Genova, nel quale si parla proprio dei ravioli e della confusione creata dal chiamarli in altro modo:
Chi ra ciamma Pansarotti/ E quarcun paste imbottie/ Chi côscin e chi fangotti/E chi Pilloe ben farçie/ Ma in Zeneize a ô di d’ancœu/ O so’ nomme è Raviœu.
(Chi li chiama Pansarotti/ E qualcun paste imbottite/ Chi cuscini e chi fagotti/ E chi pillole ben farcite/ Ma in genovese al giorno d’oggi/ Il loro nome è ravioli) [Anonimo, Canzonette diverse, Libro quarto, XVIII secolo, Archivio di Stato di Genova, Biblioteca, ms. 146].
Siamo ormai alle soglie dell’Ottocento, secolo nel quale, se possibile, le citazioni e le ricette si moltiplicano ulteriormente fino a giungere alla più illustre e, se vogliamo, insolita, scritta da Nicolò Paganini nei suoi ultimi mesi di vita (morirà a Nizza il 27 maggio 1840). Il grande musicista doveva nutrire una passione sfrenata per i ravioli se già qualche anno prima, scrivendo all’amico Germi, gli confidava di avere l’acquolina in bocca nel ricordare gli ottimi ravioli che più volte avevano mangiato assieme. Passione che un grande poeta come Martin Piaggio esprime nella poesia dedicata proprio ai Reviêu:
“Non se leze nell’Istöia/Patria scrito né memöia/No se trêuva nisciun dæto/ De chi posse ese mai stæto/Quello bravo e bon figgiêu/Chi ha sapûo inventâ i Raviêu”.
[Non si legge nella storia/Patria scritto né memoria/Non si trova nessun dato/Di chi possa esser mai stato/Quel bravo e buon figliolo/Che ha saputo inventare i ravioli…]
Poi fa un breve accenno al tocco, il sugo di carne per condire i ravioli, che definisce tocchin:
“Preparæve ùn bon tocchin/D’ùn bon stallo de Vitella/Missa a rosto gianca e bella…”
[Preparate un buon sughetto/Di un buon stallo di vitella/messa arrosto bianca e bella]
[Raccolta delle migliori poesie di Martin Piaggio, edite ed inedite. Genova 1846].
Si potrebbe proseguire con Giuseppe Mazzini citando i riferimenti ai ravioli che mangiò a Londra o quelli che suo padre mangiava dai suoi cari Filippini, i frati da cui si recava spesso in visita (siamo nel 1838); e ancora, Charles Dickens, che nel 1843 assaggiò anche i ravioli in a real genoese tavern sulle alture di Genova. Tuttavia, è solo con l’uscita delle due Cuciniere (1863 e 1865) che il procedimento per fare i ravioli alla maniera genovese viene finalmente codificato in un ricettario “nostrano”, ciò che in qualche misura attribuisce una identità precisa al prodotto, visto che, come nel Medioevo, per alcuni “foresti” non è considerato ortodosso: “Questi, veramente, non si dovrebbero chiamar ravioli, perché i veri ravioli non si fanno di carne e non si involgono nella sfoglia”, tuona Pellegrino Artusi, dalle pagine del suo popolare trattato, presentando la ricetta dei Ravioli alla genovese. Nessuno è infallibile, verrebbe da dire…
Ormai i ravioli alla genovese hanno consolidato la loro popolarità e rimarranno per decenni uno fra i piatti principe della cucina genovese, alimentando un successo crescente soprattutto per quanto riguarda le trattorie della cornice cittadina, meta di scampagnate che finiscono spesso con un buon pranzo e una partita a bocce. Ai nostri giorni i ravioli si confermano un punto di riferimento fondamentale nel patrimonio gastronomico regionale, prerogativa, soprattutto, delle trattorie di campagna. Sono anche fra i più classici cibi tradizionali natalizi, ciò che rende bene l’idea di quale posto occupino nel cuore dei genovesi e di molti liguri (ringraziamo l’Osteria Da U Pellegrin di Romaggi per la collaborazione nella ripresa delle foto della preparazione dei ravioli).
I RAVIOLI ALLA GENOVESE
I ravioli alla genovese hanno un ripieno a base di carne, verdura, uova, formaggio e spezie. Il loro condimento ideale è il tocco, sugo di carne ottenuto dalla lunga cottura di un pezzo di manzo che in parte si sfalda nel suo stesso sugo: ciò che ne rimane è il cosiddetto rosto in to tocco, arrosto nel sugo, e si mangia, tagliato a fette, come seconda portata. I metodi per confezionare i ravioli sono almeno tre. Il primo consiste nel tirare una striscia di pasta sottile sulla quale deporre piccole palline di ripieno equidistanti fra loro, rivoltare la pasta a coprire il ripieno, pressarla affinché i lembi si saldino assieme e infine ritagliarla con una rotella a formare i ravioli. Per il secondo metodo occorre tirare col mattarello una sfoglia sottile, piuttosto grande, che assumerà una forma tondeggiante. Su una metà della sfoglia si depone il ripieno in uno strato omogeneo di circa un centimetro di spessore. Ripiegata la pasta su sé stessa, si fanno aderire i due lembi e, con un apposito mattarello a stampo, si passa sulla pasta affinché si formino i ravioli che verranno separati fra loro usando una rotella. Il terzo metodo somiglia al precedente ma al momento di formare i ravioli si userà uno stampo, spesso chiamato ravioliera, che, pressato sulla pasta ripiena, le conferirà la classica forma tronco piramidale. Anche in questo caso per separare i ravioli si userà la rotella da pasta. La versione moderna della ravioliera, che si trova in diverse forme e dimensioni, viene usata in maniera differente. Preparata la sfoglia sottile, la si adagia sulla ravioliera ponendo una piccola dose di ripieno in corrispondenza di ogni depressione che formerà il raviolo. Ricoperta con altra pasta tutta la superficie, si passa un piccolo mattarello sullo stampo in modo da formare i ravioli che si separeranno grazie ai bordi taglienti della ravioliera.
LE VARIANTI DEI RAVIOLI
Se la versione tradizionale dei ravioli prevede l’impiego di carne e verdura, esiste anche la variante “di magro” con un ripieno a base di verdura e formaggi freschi. A questa semplice variante se ne aggiungono altre di natura locale, spesso basate su ingredienti differenti che mantengono un profondo legame col passato delle comunità che li hanno creati. È il caso, per esempio, dei ravioli di riso dell’alta val Trebbia. In passato, le donne delle valli genovesi partivano dai loro villaggi per recarsi in risaia a curare la monda del riso. Ricevendo in pagamento anche una certa quantità di riso, si dice che ne destinassero una parte alla preparazione di ottimi ravioli che ancora oggi si possono gustare nei paesi della valle. Si potrebbero includere fra queste varianti anche certe specialità come i gattafin di Levanto, i Barbagiuai di Camporosso ecc. sorta di ravioli con ripieni diversi – i primi a base di verdura e ricotta, i secondi di zucca, brusso (ricotta fermentata) ecc. – specialità fritte che potrebbero rientrare anche in altre categorie, nonostante rimanga comunque presente, qua e là, in Liguria, l’abitudine di friggere semplicemente i ravioli genovesi. E a proposito di abitudini locali, se non proprio familiari, una in particolare riporta alla cottura dei ravioli direttamente sulla stufa. Di solito se ne ponevano alcuni sui coperchi roventi affinché abbrustolissero in superficie, per poi gustarli caldi proprio come fossero minuscole torte di verdura.
I RAVIOLI DI NICCOLO’ PAGANINI
Per una libbra e mezza di farina due libbre di buon manzo magro per fare il suco. Nel tegame si mette del butirro, indi un poco di cipolla ben tritolata che soffrigga un poco. Si mette il manzo, e fare che prenda un po’ di colore. E per ottenere un suco consistente si prende poche prese di farina, ed adagio si semina in detto suco affinché prenda il colore. Poi si prende della conserva di pomodoro, si disfa nell’acqua, e di quest’acqua se ne versa entro alla farina che sta nel tegame e si mescola per scioglierla maggiormente, e per ultimo si pongono entro dei fonghi secchi ben tritolati e pestati; ed ecco fatto il suco. Ora veniamo alla pasta per tirare le sfoglie senza ovi. Un poco di sale entro la pasta gioverà alla consistenza della medesima. Ora veniamo al pieno. Nello stesso tegame colla carne si fa in quel suco cuocere mezza libbra di vitella magra, poi si leva, si tritola e si pesta molto. Si prende un cervello di vitello, si cuoce nell’acqua, poi si cava la pelle che copre il cervello, si tritola e si pesta bene separatamente, si prende quattro soldi di salsiccia luganega, si cava la pelle, si tritola e si pesta separatamente. Si prende un pugno di borage chiamata in Nizza boraj, si fanno bollire, si premono molto, e si pestano come sopra. Si prendono tre ovi che bastano per una libbra e mezza di farina. Si sbattano, ed uniti e nuovamente pestati insieme tutti gli oggetti soprannominati, in detti ovi ponendovi un poco di formaggio parmigiano. Ecco fatto il pieno. Potete servirvi del capone in luogo del vitello, dei laccetti in luogo di cervello, per ottenere un pieno piu’ delicato. Se il pieno restasse duro, si mette nel suco. Per i ravioli, la pasta si lascia un poco molla. Si lascia per un’ora sotto coperta da un piatto per ottenere le foglie sottili.
LA PASTA SENZA UOVA
Ora veniamo alla pasta per tirare le sfoglie senza ovi. Un poco di sale entro la pasta gioverà alla consistenza della medesima.
La raccomandazione di Paganini potrebbe passare inosservata oppure essere scambiata per uno dei soliti scivoloni di chi si addentra in una materia estranea alle proprie conoscenze. Invece la lettura dell’illustre musicista era e rimane puntuale. È uso comune, fra i liguri, preparare la pasta dei ravioli con pochissime uova, se non proprio senza. In tanti usano un uovo per ogni chilo di farina, roba da svenimento per una sfoglina romagnola! Eppure la pasta si tira comunque sottile e i ravioli, dopo la cottura, assumono una consistenza perfetta. Semmai sono i dettagli o le cosiddette “malizie” a fare la differenza, come il sale citato da Paganini. Il tocco del virtuoso.
I RAVIOLI DI GAVI
A Gavi, in provincia di Alessandria, esiste l’Ordine dei Cavalieri del Raviolo e del Gavi, nato per tutelare i ravioli locali che sarebbero stati inventanti proprio qui: “La leggenda narra che numerosi mercanti si avviassero sulla grande strada sterrata che collegava Genova a Gavi carichi di sale e spezie per il commercio. I mercanti, quando giungevano stanchi e affamati, trovavano un confortevole ristoro nella locanda di messer Raviolo che li saziava con un piatto molto particolare da lui inventato. La sua idea, che battezzò “i ravioli”, regalava ai viaggiatori buon umore ed un grande senso di appagamento nei confronti del cibo. Il locandiere aveva cercato di “confezionare” una specie di minestra non pesante dal saporito profumo in piccoli capolavori di pasta sfoglia ben tirata e, grazie ad uno strumento di sua invenzione, riempiva la pasta con un buon impasto ottenuto da erbe aromatiche, uova e formaggio di pecora. Con il passare dei secoli, i ravioli di messer Raviolo subirono alcune modifiche in linea con i gusti dell’epoca. Con l’inizio del Rinascimento, il ripieno iniziò ad essere arricchito con carne di castrone, scarola e borragine; dall’agnello si passò al bue, al maiale, al petto di pollo ed infine al coniglio. Dal formaggio di pecora si passò al pecorino sardo ed al parmigiano [tratto dal sito comune.gavi.al.it]”.
Sergio Rossi
RAVIOLI: UNA TRADIZIONE DI FAMIGLIA
(di Dario Sabatelli)
Niente più dei ravioli rappresenta per me l’atmosfera del Natale. Ogni famiglia ha le sue tradizioni e un piatto che a Natale proprio non può mancare: chi i pansoti, chi i natalini, chi il cappone… Nella nostra famiglia sono sempre stati i ravioli. Già da piccolissimi venivamo portati a casa della Nonna “Baba” insieme a mio fratello e con i miei cugini davamo il nostro piccolo contributo alla produzione del piatto forte del Natale. Per oltre 15 commensali si facevano il 23 dicembre e se i primi anni il nostro aiuto era più quello di assaggiare i ravioli crudi con le urla della nonna che ci scacciava dalla cucina, da più grandicelli il nostro contributo si è fatto pian piano più sostanzioso. Nei miei primi ricordi appare mia nonna che, dopo aver fatto un monticello di farina metteva un solo uovo, un po d’acqua ed iniziava ad impastare. Tirava la pasta con il mattarello ma ben presto (un primo salto tecnologico) fece la sua comparsa la mitica macchina tirapasta con lo stampo della ravioliera. Uno dei primi compiti fu girare la manovella per tirare la pasta visto che la nonna iniziava ad avere difficoltà. Sembra semplice ma mi pare ancora di sentire i miei piccoli muscoli che la sera urlavano di dolore… ogni sfoglia passa in macchina almeno 3 o 4 volte e noi facevamo almeno una ventina di stampi. Un anno comparve una piccola macchinetta che dava il movimento elettrico… un altro salto tecnologico che fece perdere un po’ di magia ma graditissimo. Il ripieno era una liturgia alla quale avemmo accesso solo da più grandicelli. Mia zia e mia mamma (non proprio entusiaste) erano incaricate di ricercare le boraggini dai fruttivendoli e se non le trovavano rischiavano di essere diseredate (alcune volte si è ripiegato sulle bietole…), veniva tritato un pezzo di carne cotto nel sugo almeno due o tre ore, formaggio, uova e alla fine un pezzo di salsiccia crudo che mia nonna prendeva per l’occasione dal suo macellaio di fiducia. Steso il foglio di pasta sulla ravioliera, con un cucchiaino riempivamo lo stampo e una volta ricoperta procedevamo a rivoltarla e dare il taglio finale con un tagliapasta zigrinato. Ogni stampo doveva essere assaggiato con i mugugni scherzosi della nonna. Man mano i ravioli venivano messi in vassoi di cartone (rigorosamente riciclati) e posizionati sui mobili alti. Da bambino credevo lo facesse per non fare arrivare noi a rubarli ma la vera ragione era per farli seccare con il caldo e non farli attaccare. Tutti i mobili erano utilizzati per stendere gli oltre 5 chili di ravioli che sarebbero stati utilizzati per la sera della vigilia, il pranzo di Natale e – ma poche volte avanzavano – per i giorni successivi. Il condimento era motivo di dispute: la nonna preparava il suo mitico Tuccu ma nella nostra famiglia c’era anche la tradizione di prenderli sconditi e innaffiarli di vino rosso. Questa ultima versione, preclusaci in tenera età, ancora oggi è la mia preferita. Ho quasi 60 anni e a parte un periodo in cui saltavo il Natale familiare per viaggiare, i ravioli non sono mai mancati. Mia nonna aveva anche un bellissimo mortaio antico dove preparava un fantastico pesto per i suoi mandilli (ma questa è un’altra storia).Quando purtroppo la grande Nonna Baba venne a mancare io e mio cugino Diego tirammo a sorte tra mortaio e ravioliera. Il mortaio toccò a lui e io raccolsi il testimone dei ravioli. E quando mia moglie mi dice “ma chi te lo fa fare, compriamoli…” non ne voglio sapere. È il mio modo per ricordare persone che non ci sono più che hanno lasciato un segno nella mia vita e per mantenere una tradizione che spero qualcuno poi proseguirà. Alla fine l’immancabile commento, anche se purtroppo non sempre vero, è “la nonna dovunque sia sarebbe fiera di me”. E forse devo anche a Lei se oggi sono direttore di una rivista di enogastronomia! Comunque bando ai sentimentalismi, se non avete tempo e voglia di mettervi al lavoro, di seguito vi forniamo gli indirizzi di alcune aziende che offrono un prodotto in linea con la tradizione ligure e che non vi faranno sfigurare nei vostri pranzi del periodo natalizio. E magari potete anche bluffare…
PASTA FRESCA MORENA
Il pastificio Pasta Fresca Morena nasce quasi 60 anni fa e l’obiettivo è sempre stato ed è tutt’ora quello di mantenere l’eccellente qualità dei prodotti che viene sempre distinta dal fatto di usare esclusivamente ingredienti freschi, come le verdure e le carni (trattate, cotte e speziate in azienda). L’attività, portata avanti con la terza generazione dal cav. Bruno Ramon ha ottenuto la Certificazione Maestri Artigiani Liguri con cui Regione Liguria promuove le lavorazioni artigianali tradizionali. Sono ben 147 i prodotti presentati tra pasta fresca, ripiena e sughi e salse. I ravioli sono uno dei fiori all’occhiello e vengono proposti in ben 13 varianti: dai tradizionali di carne o alla boragine agli originali al brandacujun fino ad interpretazioni più creative come quelli alla Canapa o al Kebab Halal. Quelli che forse più rappresentano l’azienda sono i ravioli di coniglio che tra l’altro non presentano tracce di formaggio per gli intolleranti. Vi invitiamo a scoprirli tutti sul sito www.pastafrescamorena.it nel quale trovate anche le video ricette degli chef e tutte le info, con attenzione ai prodotti per vegetariani, vegani e intolleranti. Pasta Fresca Morena si trova a Ventimiglia in via Aprosio 21/c dove ha sede anche il laboratorio e possiede un punto vendita nel rinomato Mercato coperto (Box n. 15). A luglio 2023 è stato inaugurato un nuovo punto vendita a Perinaldo nel cuore di uno dei Borghi Più Belli d’Italia. Oltre che presso i negozi è possibile effettuare acquisti sul sito ed è assicurata la consegna con mezzo refrigerato in zona. La produzione è indirizzata anche a ristoratori ed hotellerie della vicina Costa Azzurra. Info: www.pastafrescamorena.it
VOGLIA DI SFOGLIA
Voglia di Sfoglia nasce nel dicembre 2014 da un intuizione della famiglia Gasparini che trasferisce la sua esperienza cinquantennale nella distribuzione alla produzione di pasta fresca.Nel laboratorio vengono prodotti gnocchi, trofie, pasta fresca ripiena, pasta fresca all’uovo e viene proposta anche una linea dedicata alle specialità di altre regione come i paccheri o gli scialatielli. I ravioli sono proposti in moltissime varianti: di carne, di borragine, di magro o nel nuovo formato casereccio, proprio quello che faceva una volta in casa la nonna. “Il segreto dei sapori semplici e genuini – spiega il titolare Simone Gasparini – sta nelle verdure fresche, nelle patate, nelle uova fresche, nelle carni nostrane, nell’olio extra vergine di oliva e di una scelta accurata delle farine. Prodotti semplici, ma in grado di riportare alla memoria i sapori di un tempo. Inoltre tutta la nostra produzione segue le più moderne tecniche di preparazione rispettose dell’igiene e della sicurezza”. Voglia di sfoglia ha sviluppato una distribuzione che va da Savona alla Costa Azzurra e raggiunge anche la provincia di Cuneo, ed è riservata alla ristorazione ed alle gastronomie. Vista la continua crescita, nel gennaio 2022, la famiglia Gasparini ha deciso di ingrandire la struttura, investendo su un nuovo capannone, che ha permesso di aumentare la capacità produttiva del Pastificio. All’interno della nuova struttura si trova anche il Bistrot Ristorante per proporre direttamente a tavola la produzione del Pastificio e dove potrete toccare con mano la passione che muove questa famiglia che ha ottenuto la certificazione di Artigiani di Liguria. Info: www.pastificiovogliadisfoglia.com
FRATELLI PORRO
Il pastificio Fratelli Porro è un’azienda familiare artigianale situata sul Colle di Nava, nel cuore delle Alpi Marittime, a 1000 metri s.l.m. nata nel 2000, per volontà dei fratelli Stefano e Roberto. Produce pasta fresca ripiena e non, gnocchi di patate e torte salate, il tutto seguendo con minuziosa attenzione le antiche ricette della buona cucina Ligure e Piemontese cercando di mantenerne vivi i profumi ed i sapori. Nella produzione di pasta fresca, gnocchi di patate e torte salate, sono stati eliminati totalmente i conservanti, i coloranti, i preparati e gli aromi artificiali e si utilizzano esclusivamente ingredienti 100% Italiani. Gran parte delle materie prime sono a KM O, creando un notevole indotto nel campo dell’agricoltura delle Valli del compresorio. L’acqua che sgorga pura dalle sorgenti delle Alpi è ingrediente fondamentale per la purezza del prodotto. La linea biologica che si affianca alla linea naturale, è un grande traguardo per la salute del consumatore e dell’ambiente e la famiglia Porro è un’azienda profondamente sensibile a questi aspetti. I ravioli del pastificio F.li Porro li trovate presso lo spaccio aziendale sul Colle di Nava, nelle migliori botteghe gourmet e anche nella grande distribuzione nella catena Sogegros. Noi vi consigliamo di andarli ad assaggiare d’estate presso il Rifugio La Terza. Il nome in quanto era la terza stazione della seggiovia che dagli anni 50 agli anni 80 ha fatto sciare intere generazioni di liguri, piemontesi e francesi. Info: www.fratelliporro.it
RAVIOLIFICIO SAN GIORGIO
Il Raviolificio San Giorgio sin dal 1969 rappresenta in Liguria l’eccellenza e la qualità in termini di pasta fresca. Da decenni la qualità, grazie alle migliori materie prime nazionali, alla particolare sfoglia sottilissima e alla passione per la continua ricerca, è il vanto e la fama dell’azienda. Da parecchi anni, ormai, il Raviolificio San Giorgio ha cominciato a farsi amare anche in Francia, in Germania e in Spagna, mentre ha ampliato e migliorato il mercato italiano grazie alla preziosa collaborazione con la ditta Frascheri, distributrice in esclusiva dei prodotti. Il Raviolificio San Giorgio ha implementato e raffinato nel tempo la produzione di alcune specialità gastronomiche, alcune delle quali tipicamente espressione della cucina Ligure. I ravioli sono proposti in due linee: Classica (con i tipici ripieni liguri di verdura, borragine, di carne…) e Specialità (con ricette della tradizione ligure e italiana come quelli al Brandacujun o speck e brie…). Li trovate in vendita come prodotto fresco pastorizzato in busta sigillata da conservare in frigorifero fino a 23 gg o fresco presso i punti vendita di Ceriale ed Andora. Sul sito www.raviolificiosangiorgio.it potete scoprire l’intera produzione, le fasi di preparazione ed è possibile ordinarli online e riceverli direttamente a casa.
PASTIFICIO LA GINESTRA
Il pastificio La Ginestra si trova in Val Bormida, a Millesimo, in zona collinare al confine tra Liguria e Piemonte, luoghi dove la pasta ripiena ha sempre ricoperto un ruolo importante nella cucina tradizionale. Il nome ha origine da un campo che il padre dei titolari coltivava a grano e sul quale crescevano alcune ginestre. I titolari hanno iniziato la loro attività imprenditoriale nel settore della ristorazione per poi passare alla produzione con l’obiettivo di creare prodotti di qualità, sia per chi opera in cucina, sia in famiglia, garantendo la sicurezza della genuinità e il sapore dell’alta gastronomia italiana. E così dal 1999 vien prodotta pasta fresca surgelata. Una scelta che ha fatto crescere costantemente l’azienda nel corso degli anni. I prodotti si distinguono per la sfoglia sottile, adatta alle esigenze della ristorazione veloce e di qualità. L’ampia varietà dei prodotti, nei formati e nelle tipologie dei ripieni, viene integrata stagionalmente da nuove proposte, cercando di soddisfare e stimolare continuamente i gusti e la fantasia dei consumatori. Nella selezione delle materie prime si pone particolare attenzione alla provenienza dei prodotti, privilegiando sempre, quando possibile, la provenienza italiana. In occasione del Natale 2023 il pastificio ha creato i Golosi al Brandacujun, un formato grande e ovale che cattura l’autenticità dei sapori della cucina ligure regalando un connubio di semplicità e prelibatezza. Il Pastificio La Ginestra è attento anche alla salvaguardia dell’ambiente utilizzando solo energia verde, proveniente da fonti rinnovabili, certificata TUV SUD. I ravioli del pastificio sono presenti nella GDO, Conad Nord Ovest, Iper e in diversi Ok Market, ma soprattutto nei negozi di paese che mantengono vive le strade, le cittadine, i piccoli centri. L’azienda sta lavorando al nuovo stabilimento che nascerà in località Plodio con l’ambizione di diventare anche la vetrina di tutte le eccellenze enogastronomiche dell’entroterra savonese. Info: www.pastificiolaginestra.it
PASTIFICIO STEMARPAST
Il pastificio StemarPast nasce a Savignone nel 1988 dalla volontà dei Fratelli Stefano e Marco Sciaccaluga di aprire un laboratorio di pasta fresca dove poter creare prodotti che portassero avanti i sapori legati alla storia ligure. Dal primo piccolo laboratorio di Savignone, StemarPast si è fatta notare per la qualità delle proprie paste fresche quali trofiette, ravioli e pansotti soprattutto per merito delle materie prime locali utilizzate e per l’artigianalità con cui venivano preparate, nel rispetto delle ricette famigliari, venendo apprezzata non solamente in Liguria, ma che anche in Piemonte e Lombardia. Con le prime forniture alla GDO si aprono le porte a nuovi investimenti. Da qui la decisione di trasferirsi nel 2006 a Bolzaneto, in una struttura di 3000 mq, che ha permesso all’azienda di sviluppare nuove e ulteriori importanti produzioni senza però mai trascurare la qualità, vero fiore all’occhiello. I ravioli vengono presentati nelle tradizionali ricette liguri alle Boraggini, alla Genovese, Ricotta e Spinaci che nel corso degli anni sono stati affiancati da ripieni al Branzino, ai gamberi, alla trevigiana, ai funghi… venendo a soddisfare le richieste di una clientela sempre più esigente. Ora i ravioli di StemarPast li trovate nelle catene della grande distribuzione e in tanti ristoranti che hanno scelto di servire un prodotto di qualità soggetto a continui controlli qualità. Vengono commercializzati come prodotto fresco in confezione sigillata in atmosfera modificata da conservare in frigorifero. Info: www.stemarpast.it
PASTIFICIO DASSO
Il pastificio artigianale Dasso di Lavagna racconta una storia famigliare nata nel 1986 dall’intuizione di Gianni Dasso, che intraprende questa avventura insieme alla moglie Alina rilevando il pastificio storico Carmen in via Roma a Lavagna. Gianni rappresenta la parte più pratica ed artigianale, attento alla qualità del prodotto e alla sua lavorazione. Alina, provenendo dal mondo della moda, ha efficaci intuizioni commerciali e si impegna a curare l’immagine dell’attività dando al negozio e alle vetrine un aspetto diverso ed un tocco personale, che non passano inosservati e che diventano il marchio distintivo del negozio, attraverso la filosofia che: “la tradizione è prodotto, immagine, pulizia, rigore e sobrietà”. La produzione aumenta e si registra un primo trasferimento nel 1996 in un locale più ampio sempre in via Roma. Intanto cresce la nuova generazione e nel 2003 terminati gli studi universitari entrano in azienda le figlie Roberta e Rossella. Nel luglio 2008 una nuova importante svolta: il trasferimento in un altro locale dell’amata via Roma, al civico a fianco, anticipando i tempi creando un laboratorio “a vista” come ora vanno di moda le cucine dei ristoranti più prestigiosi insistendo sulla trasparenza: “ci fa piacere che i nostri clienti possano vedere tutto quello che facciamo, il laboratorio, i macchinari e chi prepara la pasta” dice Rossella. I ravioli sono alla genovese, di magro e di boraggine sono disponibili tutto l’anno e a questi si affiancano le specialità stagionali come i ravioli di pesce, al bue di carrù o di Castagne e formaggio San Sté e sono disponibili esclusivamente freschi. La produzione è giornaliera e li trovate presso la sede di Lavagna e anche a Genova da Eataly Porto Antico ogni giorno con un corner dedicato alla pasta fresca per consegne e ordinazioni.Vengono effettuate consegne a domicilio nei comuni del Golfo del Tigullio e anche a Milano ogni terzo mercoledì del mese presso la vineria Alle Zitelle, Viale Cogni Zugna, 56 – zona Porta Genova – Via Savona. Le dinamiche sorelle Dasso partecipano a moltissimi eventi proponendo una versione tutta loro dei ravioli: il loro cono di ravioli fritti è uno street food da non perdere! Info: www.pastificiodassolavagna.it
PASTIFICIO NOVELLA
Proprio quest’anno il Pastifico Novella ha raggiunto l’invidiabile traguardo dei 120 anni di attività. Nato nel 1903 a Sori come produttore di pasta secca con il passare degli anni la produzione si è poi incentrata dagli anni ‘50 sulla pasta fresca e sulle salse legate alla tradizione gastronomica locale. Il pastificio è diventato una delle realtà gastronomiche più importanti del territorio e la scelta è stata di rimanere saldamente ancorato alle radici. Lo stabilimento si trova sempre a Sori nonostante le difficoltà che tutto ciò comporta, come la carenza di spazio, le logistiche complesse e i costi maggiori. Attualmente vengono impastati ogni giorno più di trenta formati di pasta fresca, quattro tipologie di salse come il pesto e la salsa di noci e i prodotti della gastronomia come le lasagne al forno e l’insalata russa. Da sempre tutto è rigorosamente preparato senza alcun tipo di conservante o antiossidante. Tra le paste fresche ripiene, prodotte giornalmente nei laboratori, troviamo i ravioli classici della tradizione Ligure come i ravioli alla borragine o alla Genovese e i notevolissimi ravioli campagnoli con carne della Val di Vara e aglio di Vessalico. La distribuzione avviene su tutta la Liguria, Piemonte, Lombardia , Valle d’Aosta e alta Toscana. Le consegne sono giornaliere e avvengono entro 24 ore dalla produzione, sia per la piccola che per la grande distribuzione, per offrire ai consumatori tutti i profumi e le fragranze di un prodotto freschissimo senza conservanti e additivi: la data di scadenza è di circa 8 giorni dal momento della produzione. Anche l’utente finale non ligure può ordinare direttamente sul sito www.pastificionovella.it e riceverlo a casa sicuro che la catena del freddo non sarà interrotta.