Il Parco dell’Antola: Dolce e Selvaggio

L’Antola è considerata da sempre la montagna dei genovesi: un amore profondo dovuto al fascino, anche simbolico, del monte più alto del genovesato e alle fioriture indimenticabili che le sue praterie sanno regalare a primavera. Da secoli la sommità del monte è fonte di attrazione per chi voglia vivere l’incanto dell’alba e contemplare un panorama ineguagliabile, oltre ad essere stata a lungo un incrocio di mulattiere e strade di passo fra gli spartiacque. Sorge il monte Antola tra le fonti della Trebbia e della Scrivia e ne divide le valli. Il suo vertice si leva 1585 metri sopra il livello del mare ed è quindi il più eminente della giogaja ligustica…

Tutto il suo dorso è celebre fra i botanici per la bella ricolta che vi fanno di fiori dall’aprile alla metà di luglio tempo in cui segate vengono le sue erbe fragranti [Davide Bertolotti, Viaggio nella Liguria Marittima, vol. III, Genova 1834].

Quasi due secoli fa Davide Bertolotti raccontava in estrema sintesi il monte Antola. E poco importa se i 1585 metri allora rilevati in realtà siano 1597, le fioriture rimangono tuttora copiose e spettacolari anche grazie all’istituzione dell’area protetta. Nato nel 1995, il Parco naturale regionale dell’Antola copre un territorio di quasi 5000 ettari abbracciando due valli principali, Trebbia e Scrivia, oltre ad altre secondarie. Il creatore ha certamente fornito un’ottima materia prima, ma è stato il lavoro di generazioni di contadini e allevatori ad aver plasmato e curato il territorio consegnandolo a noi in una forma tale da renderne necessaria la più attenta tutela. Sedere a terra lungo i sentieri che risalgono i crinali erbosi fermandosi a contemplare il panorama, aiuta a percepire quanta fatica e quanta caparbietà siano scritte nei prati e nei piccoli campi rubati al bosco. Le immagini di volti rugosi e mani callose sembrano danzare sulle fioriture al suono di canti antichi: voci di gente semplice che ha roncato le macchie, dissodato gli incolti e falciato le praterie.

Il Parco dell’Antola è natura a tratti selvaggia e paesaggio dolce, acque limpide di montagna e borghi rurali, castelli medievali e prodotti d’eccellenza. Un insieme poliedrico e meraviglioso che riunisce un patrimonio ambientale di pregio e un giacimento culturale invidiabile.La fioritura dei narcisi (Narcissus poeticus) è certamente lo spettacolo più straordinario del quale si possa godere. A primavera inoltrata, le praterie che circondano l’Antola si ricoprono di questi splendidi fiori regalando la visione spettacolare di distese bianche sfumate di verde. E se il narciso è così rappresentativo per l’Antola da essere stato eletto simbolo dell’area protetta, le fioriture delle orchidee, dei botton d’oro e dei maggiociondoli regalano altrettante emozioni.

Se poi si passa dalle praterie d’altura agli orti e ai piccoli giardini attorno alle case, si incontrano le rose di queste valli, vere e proprie eccellenze che da secoli costituiscono l’ingrediente base per sciroppi e conserve. Lo sciroppo di rose è il simbolo di una storica tradizione locale che negli ultimi anni, anche grazie al Parco dell’Antola, ha visto una forte rivalutazione. Quasi tutte le famiglie contadine curavano alcune piante di rose antiche per produrre lo sciroppo da sciogliere in acqua e consumare caldo d’inverno e fresco d’estate. Il profumo inconfondibile e il sapore incantevole di rose lo rendono un prodotto di assoluta eccellenza. Dagli stessi petali si ricava lo zucchero rosato, anch’esso di lunga tradizione. In passato, questa sorta di confettura di rose veniva usata come lenitivo contro i dolori gengivali per i bimbi che mettevano i primi denti. Oggi lo zucchero rosato è un’elegante e raffinata conserva capace di accompagnarsi perfettamente a pietanze salate, dessert e gelati.

Negli ultimi decenni, le poche piante di rose solitamente confinate nei giardini e negli orti, sono diventate piccoli roseti dai quali trarre buone quantità di petali da destinare alla trasformazione. Nel frattempo lo sciroppo di rose è diventato Presidio Slow Food, e oggi un gruppo di produttori lo preparano seguendo le indicazioni di un apposito disciplinare. Peraltro, proprio dalla rivalutazione di questi prodotti è nata la Festa delle Rose che si svolge ogni anno a Busalla nel mese di giugno.

Ciò che colpisce del tratto finale di questa profonda tradizione, è la sua natura rurale legata alla cultura contadina e ai rimedi naturali ai quali la gente dei monti cercava di ricorrere, in un sistema dove l’autonomia era dettata dalla necessità.

Con l’andare del tempo, certi prodotti che prima rientravano fra le preparazioni di farmacopea, sconfinarono, per uno strano processo di osmosi, nella sfera alimentare. Così lo sciroppo di rose divenne una gradevole bevanda, dissetante d’estate e confortante d’inverno. L’aumento della produzione e i mezzi di commercializzazione attuali hanno decretato il successo planetario di un prodotto che registra gradimento dal Giappone agli Stati Uniti. Ecco un esempio che dimostra come il Parco dell’Antola, oltre alla naturale vocazione di area protetta, orientata innanzitutto alla gestione e alla tutela del territorio, della flora e della fauna locali, sappia dedicare le sue attenzioni anche alle produzioni agroalimentari di autentica eccellenza.

Peraltro, in questo quadro di tutela ambientale e di fioriture straordinarie, non poteva certo mancare un’attenzione particolare per le api, bottinatrici instancabili di nettare purissimo che trasformano in miele di qualità insuperabile. L’insieme di queste attenzioni e la continua promozione delle emergenze territoriali, rendono il Parco dell’Antola un’area protetta proiettata verso una visione più matura e consapevole del patrimonio non solo ambientale sottoposto a tutela. In fondo, la vera espressione di rispetto e protezione di un territorio, non può prescindere dal vissuto secolare e dalle tracce che di esso rimangono. L’articolato insieme che compone il patrimonio culturale locale, è racchiuso fra queste montagne e queste valli. Rispettarlo, tutelarlo e promuoverlo per il Parco dell’Antola è un compito certamente gravoso, ma il valore è tale che l’impresa merita lo sforzo per l’attualità e per le generazioni future.

Sergio Rossi

IL NEBBIOLO IN VALLE SCRIVIA

A volte l’eclettismo di una persona si manifesta anche in agricoltura e il caso di Gianfranco Antoniali, classe 1948, credo sia emblematico. Ex dipendente di Ferrovie dello Stato, nel 2003 decise di impiantare le prime barbatelle di vite, in quel caso nebbiolo, a 650 metri di altitudine nel comune di Ronco Scrivia, per la precisione nella frazione di Minceto. In passato la vigna non era così rara da quelle parti, ma non si può certo dire si tratti di zone propriamente vocate a questa coltura. Ciò nonostante Antoniali, incurante dello scetticismo generale, tenne duro e oggi cura circa due ettari e mezzo di vigna formata da nebbiolo, timorasso e una recente introduzione di lumassina. La sua produzione media si attesta attorno alle 2200 bottiglie, sempre non capitino gelate tardive a causare ingenti riduzioni di produzione, come nel 2020 e nel 2021. Oltre la vigna, Antoniali coltiva altri 5000 metri a ortaggi e zafferano, perseguendo la convinzione si debba tornare alla stagionalità e al pieno rispetto della terra.

IL PARCO DELL’ANTOLA

Il Parco Naturale Regionale dell’Antola, costituito dai territori montani di dodici comuni delle alte Valli Scrivia e Trebbia, rappresenta una tra le zone più varie e ricche dal punto di vista naturalistico dell’entroterra genovese e dell’Appennino Ligure. Cuore dell’omonimo parco, il Monte Antola (1597 m) ne è la cima più elevata.

INFORMAZIONI E CONTATTI:

Parco Antola – Via N.S. della Provvidenza 3, Torriglia (GE) – Tel. 010944175 – www.parcoantola.it – info@parcoantola.it

FESTA DELLE ROSE DI BUSALLA: IN UN FIORE IL SIGNIFICATO DELLA PRESERVAZIONE DEL TERRITORIO

Nasceva infatti nel 2003 la prima festa delle rose. L’entusiasmo che muoveva i creatori della manifestazione era alimentato dalla voglia di far conoscere o riportare in auge un prodotto sempre esistito nei cortili delle vecchie case in Valle Scrivia. Già allora si era intuito che le Rose della Valle Scrivia potevano essere un prodotto facilmente commercializzabile, soprattutto nella loro trasformazione più semplice, lo sciroppo di rose. E gli stessi organizzatori di allora non avrebbero mai immaginato che la Rosa della Valle Scrivia sarebbe anche arrivata sulla Stazione Spaziale Internazionale. La prima edizione proponeva la vendita di petali appena raccolti oppure sciroppi o confetture realizzati dagli stessi coltivatori, che in quello stesso anno si consorziavano in un’associazione. Lo sciroppo nel giro di pochi anni è diventato presidio Slow Food. La stessa festa, di anno in anno (se non teniamo conto di questi ultimi due appesantiti dalla pandemia), è cresciuta fino a diventare uno degli appuntamenti più attesi in Liguria. Oggi i produttori di petali in Valle Scrivia sono più di una ventina e molti sono i progetti che li vedono protagonisti, in abbinamento agli enti locali, in attività di qualificazione del territorio e di promozione dello stesso. Il punto saldo di questa avventura continua ad essere l’Associazione Le Rose della Valle Scrivia che ha, tra i suoi scopi quello di tutelare le nostre Antiche Rose della Valle Scrivia: si sta ancora ricercando la loro tipicità, di comprendere se le condizioni di adattabilità al nostro territorio le hanno rese con caratteristiche ineguagliabili in altre zone della terra. Un po’ come accade per un vitigno… Arrivare a dimostrare scientificamente che le Rose della Valle Scrivia crescano così perché legate al territorio rappresenterebbe l’indicazione della loro unicità e il loro stesso valore intrinseco diventerebbe altissimo, premettendo di convogliare finanziamenti per la loro tutela e per la crescita del loro mercato. Sarebbero dei marcatori del territorio, ovvero una sorta di organismo naturale che cresce e che si riproduce solo in un determinato luogo, del quale dovremmo indicare i confini, e al quale attribuire un nuovo significato geografico di conservazione di caratteristiche e di non alterazione della biodiversità… insomma per dirlo senza altre parole dimostrare che le Rose della Valle Scrivia possono crescere solo qui significherebbe avere un prodotto sul quale investire per far sì che il nostro territorio aspiri a mantenere e a migliorare la sua qualità naturale, creando un ambiente più vivibile e qualificato. Prendersi cura delle Rose della Valle Scrivia implica proprio questo significato: curare la nostra Valle, offrirle la possibilità di conservazione dello stato naturale e addirittura di migliorarla dal punto di vista naturalistico. Forse ci vorranno molti altri anni, ma l’idea che sta dietro a questa rosa è proprio questa: far sì che attraverso un fiore ci sia vitalità e cura. La Festa delle Rose di Busalla si svolge tradizionalmente nel secondo fine settimana di giugno ed è organizzata dalla Pro Loco di Busalla e dal Comune di Busalla. (Fabrizio Fassari)

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