A qualcuno appare strano che un popolo identificato come marinaro dimostri una tale passione per gli ortaggi e le verdure, ma i liguri, come le piante più tenaci, hanno sempre mantenuto salde radici a terra, seppure la storia li abbia consacrati abilissimi marinai. Così le verdure ripiene, tipiche specialità della cucina tradizionale, sono fra le ricette più amate, tanto da essere associate anche ad alcune feste comandate.
Grazie a condizioni climatiche favorevoli, soprattutto lungo la fascia costiera e nelle valli più vicine al mare, gli ortolani liguri hanno sempre prodotto ottimi ortaggi per molti mesi l’anno, spesso selezionando varietà locali di particolare pregio da custodire e tramandare alle generazioni successive. Tutt’oggi rimangono gli ottimi zucchini genovesi, chiari, teneri e di sapore delicato; le cipolle bianche, di forma schiacciata e assai profumate; le melanzanine, sempre definite genovesi, tonde, piccole, da trattare con perizia per ricavarne ottimi ripieni, come pure i peperoni, più piccoli rispetto ad altri ma assai delicati nell’aroma.
E come non parlare dei pomodori costoluti genovesi, dei cuori di bue, carnosi e saporiti, o dei carciofi violetti di Albenga? E le patate di montagna, Quarantina genovese in testa? E ancora, i cardi, i cavoli, le lattughe e i fiori di zucca. Insomma, le verdure e gli ortaggi da fare ripieni li abbiamo, e ottimi, ora occupiamoci della tradizione che li ha eletti fra i piatti più versatili e saporiti del panorama gastronomico regionale, senza però dimenticare i funghi, protagonisti d’eccellenza nel campo dei “ripieni”.
È difficile collocare le verdure ripiene nel panorama gastronomico ligure: sono un antipasto, un secondo, un piatto unico e perfino la pietanza ideale per una merenda all’aperto.
Parlare di verdure ripiene significa usare una definizione generica che raggruppa una serie di preparazioni a loro volta distinte per ingredienti, stagionalità e metodi di cottura, senza entrare nel campo delle infinite varianti locali. In generale, però, quando in Liguria si parla di verdure ripiene si fa riferimento – almeno più di frequente – a cipolle, zucchini, melanzanine e peperoni svuotati, tagliati a metà, farciti e cotti al forno.
In origine si trattava di specialità da osterie o da sciamadde, i popolari negozi di torte e farinate, un tempo assai diffusi nei centri abitati, nei quali si potevano trovare dai fritti alle torte di verdura fino alla farinata, ai polpettoni e a molte altre preparazioni del cosiddetto cibo di strada. A tal proposito, però, dovremmo concordare sul significato di questa definizione, poiché potrebbe trattarsi sia di cibo da mangiare per strada, sia di cibo preparato per strada. Questa seconda ipotesi non è campata per aria poiché in passato c’era chi otteneva la concessione di friggere direttamente in strada le proprie vivande, fra le quali, per esempio, comparivano le melanzanine ripiene.
Altra importante caratteristica che ha contribuito alla popolarità delle verdure ripiene è la possibilità di prepararle di magro o di grasso, quindi con o senza la carne fra gli ingredienti della farcia, così da rispettare le numerose giornate di magro imposte dalla Chiesa cattolica.
Lo dimostrano, fra l’altro, le ricette dei ripieni “al magro” proposte nei trattati di cucina accanto alla versione “al grasso”. Oltre alla scelta degli ingredienti per farcire gli ortaggi e le verdure, occorre ricordare i differenti metodi di cottura suggeriti dalla tradizione regionale.
In generale si può affermare che attualmente il più diffuso sia il passaggio al forno anche se in molti casi viene proposta la frittura, per esempio per le melanzanine, per le cipolle e per i fiori di zucchini ripieni, e la cottura in umido, in bianco o in rosso. Capita anche di ritrovare consuetudini locali che riuniscono i due metodi, friggendo dapprima velocemente gli ortaggi ripieni per poi metterli in umido a terminare la cottura.
Discorso a parte meritano le verdure ripiene in brodo, in particolare cavoli e lattughe, i primi più frequenti nel periodo invernale, le seconde inserite fra i cibi tradizionali della Pasqua, o, in Quaresima, preparate nella versione di magro. Appare scontato definire le varie versioni dei cosiddetti “ripieni” come pietanze stagionali – almeno per il passato – ricordando, peraltro, trattarsi di cibi difficili da collocare nella tradizione popolare, se non tornando a ricordare che più di frequente si acquistavano nei negozi o per strada anziché prepararli a casa per ragioni di economia domestica, tempo da impiegare, costo della legna eccetera. Stiamo parlando di consuetudini datate almeno ad un secolo fa e oltre, quando i ripieni venivano associati alle giornate di festa e non già alla quotidianità. Ed ecco, allora, l’uso di mangiare le melanzanine ripiene a San Gaetano (7 agosto) e all’Assunta (15 agosto) o gli immancabili zucchini ripieni a Sant’Antonio (13 giugno). Ma sono molte altre le consuetudini locali che prevedono i ripieni come piatto della festa, tanto che qua e là per la Liguria si ripetono sagre di lunga tradizione che li celebrano.
Volendo generalizzare circa gli ingredienti più comuni inseriti nella farcia si possono citare le uova, il grana, l’immancabile erba aromatica, spesso maggiorana (non sempre), il pan grattato, il pane ammollato nel latte e talvolta la prescinsêua. Quando l’ortaggio lo consente si utilizza la sua stessa polpa rimossa per svuotarlo, osservando che quelle di zucchino e patata (talvolta cipolla) possono considerarsi adattabili a diversi ripieni, mentre la polpa di melanzana, carciofo, cipolla, pomodoro e fungo, più di frequente – non sempre! – finisce nel ripieno dell’ortaggio – o del fungo – da cui proviene. E a proposito di funghi sono tre le specie delle quali si ritrovano le ricette nei trattati di cucina ligure: i porcini, gli ovuli e i prataioli, non certo escludendo che il medesimo metodo si possa adottare anche per altri funghi.
Ancora oggi, soprattutto nella bella stagione, i tegami di verdure ripiene rallegrano i banconi e le vetrine delle rosticcerie e delle poche sciamadde rimaste ancora in attività, proponendo profumi e sapori capaci di riportarci indietro nel tempo quando tre zucchini ripieni, una manciata di melanzanine o qualche cipolla, magari racchiuse in un panino, contribuivano a smorzare l’appetito regalando un momento di gioia per il palato e per l’anima.
P.S.
Ah, dimenticavo: volendo chiudere il cerchio con il dessert si possono ricordare le pesche ripiene, prelibatezze che si preparano al forno con un ripieno a base di polpa di pesca e amaretti. Si dice siano una specialità piemontese ma se Emanuele Rossi, nel suo trattato La vera cucina genovese (Livorno 1865) le consigliava già in tre versioni differenti (cotte al burro, cotte col vino e al zabajone), vuol dire che da oltre un secolo e mezzo fanno anche parte del patrimonio gastronomico ligure.
Sergio Rossi
I lavoratori del Porto, quelli del Molo Vecchio, si distribuiscono, nell’ora di colazione, nelle osterie di piazza Cavour, dalla «Sciamadda», dal «Gin» che ha la storica untuosa tavola dei «contaballe» e dove da tovagliolo e da tovaglia funge la gialla carta velina della farinata, piatto che s’alterna a tutte le torte pasqualine ed ai ripieni di carciofi, di zucchini, di pesci, e i polpettoni di patate, alle giâe di cipolle e di funghi.
Costanzo Carbone, Vagabondaggi genovesi Genova 1930
“La cucina genovese vanta una gamma così svariata di pietanze ripiene, quale certamente non ha riscontro in altra.”
Touring Club Italiano, Guida Gastronomica d’Italia – Milano 1931
“E così a Sant’Antonio erano di prammatica gli zucchini ripieni, e a San Gaetano le melanzane altrettanto ripiene. Piatto genovesissimo, quest’ultimo, se lo stesso Barudda, l’eroe dei burattini nostrani, a ricompensa delle imprese più mirabolanti – fosse stato generale con Napoleone o scudiero di Guerin Meschino – ne chiedeva solitamente un tegame: «Un tiranno di meridiane ripiene», secondo la sua patetica traduzione del dialetto…”
Michelangelo Dolcino, Liguria in cucina, Genova 1968