Con l’arrivo della bella stagione torna la voglia delle tradizionali insalate liguri, prima fra tutte la Capponadda. C’è tanta storia dietro una preparazione così semplice e un luogo, in particolare, la racconta materializzandola davanti ai nostri occhi. Siamo nel Parco di Portofino, sul versante occidentale del promontorio, sopra la baia di Camogli. In alto, lungo il crinale che scende fino a punta Chiappa, si trova il minuscolo borgo di San Rocco dal quale prende avvio la nostra storia.
La Capponadda è un’insalata fredda a base di galletta del marinaio – oppure biscotto, di cui parleremo più avanti –, pesci salati, capperi, olio, aceto e sale. Definire con precisione la ricetta è difficile, poiché il tempo, i nuovi prodotti, le disponibilità, le mode e le preferenze personali l’hanno lentamente evoluta, come capita di consueto nella cucina tradizionale. Tuttavia, è possibile seguire le tracce di quel cambiamento e perfino raccontare una storia che in sé riassume e sintetizza il concetto di cucina territoriale.
Tornando al sentiero che da San Rocco di Camogli scende fino al mare, circa a metà strada troviamo l’antica abbazia di San Nicolò di Capodimonte, un edificio religioso che ospitò, fra l’altro, una piccola comunità di frati dell’ordine dei Minimi di San Francesco di Paola. Il loro priore, tale Gaspare Delle Piane, nel 1880 pubblicò La cucina di strettissimo magro, un corposo ricettario nel quale racchiuse 476 ricette preparate seguendo la regola del suo ordine, ovvero senza l’uso di carne, uova e derivati del latte.
Nella prefazione al ricettario, il frate spiega di aver perseguito principalmente tre obiettivi nel proporre le sue ricette, cioè che siano salubri, economiche e sincere, ovvero realizzabili, poiché esse non sarebbero già il parto di capricciosa fantasia, ma di una lunga esperienza dovuta all’esercizio dell’arte. Forti di tali premesse, torniamo alla Capponadda che padre Gaspare definisce cappon di galera e consiglia di preparare in questo modo: «Mettete in acqua, sale e aceto dei biscottini di semola; e quando siano rammolliti alquanto, metteteli in una salvietta, spremeteli bene affinché diano tutta l’acqua; quindi conditeli con olio, sale, capperi, mosciame di tonno a fette sottilissime, con acciughe salate, diliscate e rotte a pezzetti». Una breve analisi degli ingredienti ci aiuta a capire perché la ricetta di padre Gaspare sia così rappresentativa del concetto di chilometro zero, non prima, però, di aver chiarito la differenza fra i biscottini di semola e le cosiddette gallette del marinaio. Se storicamente la destinazione e l’uso dei due prodotti era il medesimo, cioè rifornire le imbarcazioni di un alimento base per i marinai, la loro natura è differente. Come dice il nome, i biscotti (bis-cotti, cotti due volte) devono subire due passaggi in forno, dapprima come filoni di pane, poi come fette, ricavate dagli stessi, sottoposte all’asciugatura finale.
Le gallette, invece, vengono direttamente formate come focaccette che, grazie a una particolare lavorazione, dopo la cottura perdono quasi completamente l’umidità. Ciò che accomuna i due prodotti è sia la caratteristica secchezza – indispensabile per una lunga conservazione –, che conferisce loro una consistenza definita “vetrosa”, sia la capacità di assorbire i liquidi senza sfaldarsi né sbriciolarsi.
Se gallette e biscotti erano e rimangono la base per una buona Capponadda, ovviamente dopo essere stati ammollati in acqua e aceto, gli altri ingredienti suggeriti da Delle Piane sono i pesci salati, di solito acciughe e, se possibile, mosciame di tonno o altri filetti di pesce, l’olio extravergine d’oliva e i capperi.
Ed eccoci alla territorialità della ricetta. Immaginiamo di fare due passi fra San Rocco di Camogli e l’abbazia di San Nicolò alla ricerca degli ingredienti suggeriti da padre Gaspare. Alla partenza troveremo il panificio Maccarini, rinomato proprio per la produzione di autentiche gallette all’antica. Secondo la ricetta del frate minore, occorrono poi acqua, sale, aceto e olio: i primi due derivano rispettivamente dal sottosuolo e dal mare, mentre tralci di vite, sparsi qua e là nei terreni oggi abbandonati, testimoniano un passato produttivo: l’aceto viene da lì. Quanto all’olio, non occorre ricordare come la zona sia ricca di uliveti. I capperi, poi, si scovano sui muri delle terrazze a solatio, mentre il tonno e le acciughe, in stagione, abbondano nel golfo sottostante. Dunque tutti gli ingredienti sono a portata di mano, ragione per la quale, anni fa, dialogando con la giornalista Ornella D’Alessio, si parlò di attribuire a questo itinerario il nome di Via della Capponadda.
Oggi, solitamente, la Capponadda si arricchisce di pomodori, cipolle e olive, talvolta di uova sode e altri ingredienti, secondo il proprio gradimento, a dimostrare la straordinaria versatilità di una ricetta storica quantomai attuale.
CAPPON DI GALERA?
Premesso che una voce simile si registra anche in altre regioni italiane, secondo un’opinione diffusa il nome Capponadda potrebbe derivare dal pesce cappone, specie che sarebbe stata la preferita per la preparazione di questa insalata fredda. Altre ipotesi riportano alla versione marinara, semplice e di magro, di una preparazione a base di cappone, forse l’animale di bassa corte più ambito e celebrato nella storia del cibo.
In tal caso il cappon di galera – cioè la capponadda – sarebbe la preparazione semplice e frugale diffusa sulle galere, mentre il cappon magro rappresenterebbe la variante ricca e sontuosa della medesima pietanza, sempre riferita al rispetto delle numerose giornate di astinenza dal consumo delle carni imposte dalle prescrizioni religiose.
LA RICETTA UFFICIALE DELLA SAGRA DELLA CAPPONADDA
Ogni anno, il secondo fine settimana di luglio, i volontari della Pubblica Assistenza di Ruta di Camogli organizzano, a San Rocco, una sagra dedicata a questa stupenda insalata marinara, ovviamente preparata secondo la ricetta locale della Capponadda che riportiamo di seguito:
- 4 gallette del marinaio;
- 75 grammi di mosciame di tonno;
- 3 acciughe salate;
- 150 grammi di tonno sottolio;
- 30 olive nere (possibilmente Taggiasche);
- 3 o 4 uova sode (facoltative)
- 1 cipolla di Tropea;
- 3 o 4 pomodori maturi e sodi
(a seconda della dimensione); - 1 bicchiere di aceto bianco;
- olio extravergine d’oliva quanto basta;
- origano (a piacere).
Una volta spezzettate e ammollate le gallette in acqua e aceto, disporle in un’ampia ciotola. Affettare la cipolla e i pomodori unendoli alle gallette e agli altri ingredienti. Condire con olio extravergine d’oliva mescolando con cura l’insalata. A piacere aggiungere una spolverata di origano e le uova sode.
LE RICETTE ANTICHE
La ricetta della Cuciniera genovese di G.B. e Giovanni Ratto (IX edizione, Genova 1890 circa): Cappone in galera (Capponadda): Mettete a immolar leggermente in acqua biscotto o galletta; levatela e spremetela bene entro una salvietta, sicché n’esca tutta l’acqua; quindi conditela con olio, sale, capperi, olive concie, mosciame affettato e acciughe salate diliscate e rotte a pezzetti.
La ricetta de La vera cucina genovese di Emanuele Rossi (Livorno 1865): Capponata I Genovesi chiamano Capponadda una specie di insalata preparata nel seguente modo: fate ammollare nell’acqua fresca del biscotto o galletta, indi spremetelo bene entro una salvietta, accomodatelo in un piatto, conditelo con olio, sale, capperi, polpa d’oliva e acciughe prive della lisca e rotte a pezzetti; mescolate il tutto, e finalmente distendetevi sopra alcune fette di mosciame e servite in tavola.
Sergio Rossi
LE GALLETTE DEL MARINAIO
A cura della redazione
Come accennato nell’articolo di Sergio Rossi per la riuscita di una buona Capponadda è imperativo l’utilizzo della Galletta del Marinaio. Un prodotto che aveva quasi rischiato di scomparire ma che la riscoperta dei piatti della tradizione anche da parte di chef stellati ha riportato in auge. Ma c’è chi della Galletta del Marinaio ha fatto un vero e proprio marchio di fabbrica.
È il caso del Panificio Maccarini, in località San Rocco a Camogli, che ha proprio la dicitura incastonata nell’insegna del locale. Le gallette del marinaio del Panificio Maccarini di Camogli rappresentano una tradizione culinaria che affonda le sue radici nella storia marittima della Liguria. Queste gallette erano essenziali per i marinai che affrontavano lunghi viaggi in mare. Grazie alla loro lunga conservabilità, potevano infatti durare mesi senza perdere le loro caratteristiche organolettiche, costituendo una fonte di carboidrati vitale in assenza di cibi freschi. Il Panificio Maccarini è nato nel lontano 1885 ed è sempre stato gestito dalla famiglia Maccarini. Nel 1951, Mario Maccarini, non per niente detto il Gallettiere, trasforma e modifica il panificio iniziando la produzione e la distribuzione della Galletta del Marinaio mantenendo così viva questa tradizione con una ricetta tramandata di generazione in generazione. L’assenza di grassi e zuccheri aggiunti contribuisce alla loro lunga durata e al loro sapore autentico. Oggi l’attività è portata avanti da Valeria Maccarini che continua la produzione come si faceva una volta: a mano ad una ad una. Gli ingredienti sono farina, acqua, malto, lievito di birra, sale e tanta tanta passione della famiglia che da oltre 70 anni sforna le Gallette del Marinaio. La lavorazione artigianale delle gallette richiede tempo e maestria. Dopo un’attenta lievitazione, l’impasto viene steso e tagliato in forme rotonde, quindi cotto in forno fino a raggiungere una consistenza croccante e dorata. Il risultato è un prodotto leggero ma sostanzioso, perfetto per accompagnare, oltre che la capponadda e il cappon magro, zuppe di pesce, formaggi, salumi o semplicemente per essere gustato da solo. Le gallette del marinaio del Panificio Macchini sono più di un semplice alimento; sono un simbolo della resilienza e dell’ingegno dei marinai liguri. Oggi, chi visita Camogli può assaporare queste delizie e fare un tuffo nel passato, rivivendo un pezzo di storia marittima attraverso il gusto autentico e inconfondibile di queste gallette. Per maggiori info www.panificiomaccarini.com. Tel. 0185 770611
La Galletta del Marinaio non è comunque un prodotto facilmente reperibile. Proprio per la sue caratteristiche non sono moltissime le panetterie che si cimentano nella produzione e la difficoltà nel reperirle cresce se ci si allontana dal genovesato. Quasi impossibile trovarle nella grande distribuzione ma per fortuna a volte la rete ci viene in soccorso. Per chi si vuole cimentare nel preparare un Cappon Magro o una Capponadda seguendo la ricetta tradizionale segnaliamo il sito www.palatifini.it. Sul sito si può trovare la versione confezionata in pacchetti da 250 o 500 grammi, ideale per accompagnare piatti a base di pesce o zuppe, seguendo la tradizione marinara della Liguria. Palatifini è l’e-commerce dell’azienda Rossi 1947 proprietaria di 2 negozi distribuiti nel centro di Genova. Entrambi piccoli negozi tradizionali, da 22 mq. al più grande di 40 per mantenere un rapporto diretto con il pubblico: intimo e cordiale. La famiglia Rossi negli anni si è poi anche allargata con la “Gelateria Frutteria Galata” e il ristorante “Il Genovese” con il socio Dario Fichera. Nato ormai da oltre 10 anni, palatifini.it non si limita solo alla vendita delle Gallette del Marinaio ma offre una vasta gamma di prodotti tipici liguri. Tra questi, si trovano anche altri pani tradizionali, salse come il pesto alla genovese, olio extravergine d’oliva, vini locali e conserve di mare, come le acciughe del Mar Cantabrico. La filosofia è stata quella di creare un prolungamento online delle tradizionali botteghe liguri dove il cliente può scoprire gusti sempre nuovi oppure classici del passato. Questo ampio assortimento permette di esplorare e gustare le autentiche specialità della cucina ligure, direttamente a casa propria. La selezione dei prodotti è frutto del lavoro di tre generazioni ed ora al timone ci sono Sergio e Roberto Panizza, l’ideatore del Campionato Mondiale del Pesto al Mortaio, al quale riconosciamo gran parte del merito di aver portato il Pesto Genovese ad essere ai vertici tra i condimenti preferiti per la pasta. Per maggiori info: www.palatifini.it.