La raccolta delle erbe spontanee è diventata una moda del nostro tempo che gli esterofili amano definire foraging.
In realtà si tratta di una pratica antica come il mondo, da inquadrare puntualmente in un contesto differente dall’attualità. Dobbiamo pensare a una civiltà nella quale ogni prodotto selvatico, cioè spontaneo e disponibile, venne acquisito naturalmente come risorsa alimentare o rimedio curativo. Il normale e consueto processo di stratificazione della cultura tradizionale ha tramandato e consolidato determinate abitudini basate soprattutto sulle disponibilità dei luoghi di diffusione. Nello specifico, le conoscenze legate alle erbe spontanee sono state tramandate a livello familiare secondo abitudini comuni a ogni contesto rurale. In tal senso, la Liguria rappresenta un ottimo esempio di questa cultura che si materializza nel cosiddetto preboggion, quell’insieme di erbe spontanee che da secoli viene raccolto lungo i sentieri, nei prati, nei campi, sui bordi delle fasce (terrazzamenti) o in ogni altro terreno curato dall’uomo anche solo con il taglio dell’erba. Concetto affascinante, quest’ultimo: le piante spontanee commestibili – ma non solo quelle – spariscono con l’abbandono, come in uno strano disegno cosmico secondo il quale, se non servono, si nascondono per poi comparire con la bonifica e la cura del terreno.
Tornando al ruolo che esse hanno avuto nell’alimentazione di tante generazioni di contadini, e non solo, la maggior disponibilità, e dunque frequenza di consumo, era associata alla ripresa vegetativa primaverile, poiché queste essenze vanno raccolte preferibilmente durante i loro primi stadi di crescita, pur considerando tutte le variabili del caso. Innanzitutto, in Liguria come altrove le diverse fasce altimetriche e climatiche determinano una presenza delle giovani piante in periodi differenti. Poi, le numerose specie commestibili hanno sapori specifici che le caratterizzano, ragione per la quale, secondo le consuetudini locali o familiari, vengono inserite nel preboggion in quantità diverse. Infine, ognuna di esse contiene, in misura differente, sostanze particolari che le conferiscono determinate proprietà a livello nutrizionale o curativo.
L’insieme di questi fattori ha incuriosito gli studiosi e proprio dalle loro ricerche sono emersi dati quantomeno sorprendenti. Linda Enrica Sacchetti, biologa nutrizionista ligure, con Master in Nutrizione Clinica e Dietetica, ha studiato le proprietà delle erbe che compongono il preboggion, confermando scientificamente le teorie empiriche tramandate per generazioni dai contadini della nostra terra: “Le erbe spontanee sono ottime alleate nella dieta mediterranea grazie alle loro proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e diuretiche, oltre a fornire un valido aiuto nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Uno studio di qualche anno fa, condotto grazie alla collaborazione del dipartimento di Chimica Biologica e del laboratorio di Agroecologia dell’Università di Padova, ha indagato il potenziale antiossidante di una decina di erbe del nostro preboggion. I risultati sono stati molto interessanti con valori di efficienza e capacità antiossidante simili o più alti rispetto ad altri vegetali come il mirtillo e il radicchio rosso di Verona. Le erbe del preboggion vengono consumate cotte e possiamo osservare una riduzione delle loro proprietà di circa 2-3 volte, ma queste sostanze antiossidanti non le perdiamo poiché rimangono nel liquido di cottura. Questo avvalora l’uso tradizionale dell’utilizzo dell’acqua di cottura del preboggion, bevuta, per scopi depurativi oppure impiegata per altre preparazioni culinarie”. [J Food Sci. 2011: Piante selvatiche mediterranee come alimento tradizionale: una preziosa fonte di antiossidanti Paola Vanzani, Monica Rossetto, Veronica De Marco, Linda E. Sacchetti, Maurizio G Paoletti, Adelio Rigo].
Fra coloro che hanno dedicato parte della propria vita al riconoscimento empirico e alla divulgazione della tradizione legata al preboggion, Lella Canepa è un punto di riferimento per il Levante Ligure e non solo. Attraverso l’associazione Erbando, crea-ta espressamente da lei per diffondere la cultura delle erbe selvatiche, la signora Canepa organizza incontri pubblici e corsi specifici accompagnando nei prati chi voglia avvicinarsi alla raccolta o approfondire l’argomento.
Lei parla di riconoscimento empirico, può spiegare meglio questo aspetto che ritiene determinante?
Per riconoscimento empirico intendo semplicemente quello che ha usato fin dall’inizio l’uomo, dopo un’esperienza sulla propria pelle, per sapere se più o meno una pianta fosse commestibile o avesse proprietà curative. Quello botanico si basa su caratteri che portano alla determinazione di una pianta con precisione scientifica. Quello empirico è un’osservazione sull’aspetto, la forma, il colore, l’odore, a volte perfino il rumore: vengono usati tutti e cinque i sensi. Caratteri semplici che permettono un’identificazione essenziale. Per semplificare, il dente di leone viene chiamato così, si pensa, perché alla base delle foglie spesso ha un dente curvo che assomiglia a un canino. La scienza non riconosce questo carattere perché può anche non esserci, ma se c’è lo è, e questo a me basta. Distinguere dall’odore: la sensibilità che si va perdendo nel riconoscere con l’olfatto e il gusto i diversi tipi di amaro credo diventerà un problema per le nuove generazioni. Così come non riconoscere a colpo d’occhio un’ortica, ma doversi pungere per sapere che lo è. Oggigiorno pochi adulti sotto i 40 anni hanno questa percettività, e con l’esercizio nel riconoscere le erbe si può recuperare.
Lei sostiene che esista una formula particolare per il preboggion, una sorta di equilibrio fra le diverse specie di erbe selvatiche capace di rendere perfetta la miscela, è così?
La risposta giusta è che tutti i misti sono perfetti per chi li fa, a ognuno il suo gusto. La raccolta viene effettuata in terreni diversi, tempi diversi, condizioni diverse. In Liguria basta spostarsi di pochi chilometri e cambiano le erbe. Resta il fatto che se un’erba è commestibile non significa per forza che sia appetibile, e riuscire a fare un misto con le erbe più “buone” darà un prodotto migliore. Per caso, ma solo per caso, il Prebuggiun del Tigullio, della Fontanabuona, della Val Graveglia, dove sono presenti queste erbe, dà un risultato più apprezzato. Esisteva poi una regola, valida in tutta la regione, cioè saper dosare la quantità di erbe tra amare, dolci, piccanti e con sapore particolare: a me l’hanno insegnata e c’è nel “Mio Prebuggiun”. Questa è un’altra delle cose che pochissimi fanno ancora – molti l’hanno dimenticata – ottenendo risultati più scadenti dal punto di vista gustativo. Ogni erba ha un compito ben preciso all’interno del misto: soprattutto adesso che non si va più per erbe per sfamarsi ritengo possibile e consigliabile raccogliere solo le erbe che danno un insieme pregevole.
La sua formula è quella che ha riscontrato l’apprezzamento di Carlo Cracco?
In realtà sì, quello che chiamo il “Mio Prebuggiun” è stato apprezzato proprio per il sapore e per la resa; da Cracco Portofino avevano assaggiato un altro misto e non era piaciuto. In realtà il “Mio Prebuggiun” non è nemmeno mio, è di mia nonna e dei posti dove sono nata, è quello del Tigullio. Esiste una specie di enciclopedia non scritta che passa di bocca in bocca, ed è proprio per questo che chiamo “incontri” e non “corsi” quelli che organizzo, perché non insegno niente, trasmetto ciò che tanti anziani hanno tramandato a me. Quanta gioia quando sento ripetere, magari dall’altra parte della Liguria, la stessa frase che dicevano a me mentre raccoglievamo le erbe. Ma occorre far presto, sono voci che si stanno spegnendo.
Cosa consiglia a chi si avvicina per la prima volta alla raccolta delle erbe spontanee?
Bisogna avvicinarsi a questo mondo con tanta passione e curiosità. Informarsi, studiare anche un po’, incontrare persone che sanno davvero, verificare sempre quello che ci viene detto, andare a fondo. Non accontentarsi mai della prima spiegazione. Nel mio metodo, che è come ho imparato io, il consiglio migliore è quello di imparare un’erba per volta, massimo due, limitandosi a cercare solo quella per il tempo necessario a raggiungere la certezza del corretto riconoscimento. Nel contempo, crearsi un proprio areale dove cercare in tutte le stagioni, per osservare i cambiamenti della stessa erba durante l’anno. L’identificazione più precisa avviene con la fioritura: è importante cercare le erbe quando sono fiorite per poter tornare a raccoglierle a fine inverno, inizio primavera, sapendo di trovarle più facilmente. Quando si è acquisita certezza del riconoscimento di quell’erba, la si potrà trovare in altri ambienti senza difficoltà e solo allora si passerà a un’altra specie. E poi una regola su tutte: nel dubbio mai raccogliere, mai mangiare! Con il tempo l’occhio si affina e, come succede con i funghi, sono le erbe a trovare noi. La conoscenza delle erbe selvatiche è un lascito della civiltà contadina, patrimonio di valore da tramandare evitando di trasformarlo in effimera moda. Raccontavano i vecchi di campagna che una delle prime cose da insegnare ai bambini era riconoscere le piante velenose o tossiche per evitare loro le peggiori conseguenze: un modo per introdurli all’ambiente naturale, dove ogni senso andava sviluppato per vivere o sopravvivere al meglio. Oggi possiamo permetterci il lusso di guardare la “natura” dal divano di casa, ma viverla è tutt’altra cosa anche solo per raccogliere le erbe selvatiche. Per maggiori informazioni: www.lellacanepa.com.
Sergio Rossi
DOVE ACQUISTARE IL PREBOGGION?
Ogni sabato mattina, a Rapallo, si tiene il mercato dei produttori locali. In piazza Venezia compaiono i piccoli banchi dei contadini locali e fra gli altri arriva puntualmente anche Iva Lavagnino col suo carico di ortaggi e col preboggion appena raccolto. Anche per chi non è della zona, il viaggio vale la pena, soprattutto per scambiare quattro chiacchiere con la signora Iva e, ovviamente, acquistare il suo preboggion.
GLI STUDI SCIENTIFICI
Il lavoro della dottoressa Sacchetti ha ispirato altri giovani liguri ad intraprendere i propri studi accademici rivolgendo lo sguardo verso le erbe spontanee sotto il profilo nutrizionale. È il caso, per esempio, di Marco Fossati, il quale, nel 2018, ha conseguito una laurea in Scienze Erboristiche, presso l’Università di Pisa, con una tesi dal titolo Il “Preboggion” nella tradizione gastronomica ligure: aspetti storici, fitoalimurgici e nutraceutici. Il dottor Fossati sintetizza così uno dei concetti portanti del suo studio: “Il preboggion non si mangiava, e non si mangia, solo per necessità, come si diceva una volta, ma si tratta a tutti gli effetti di un alimento nutraceutico, cioè qualcosa che sta a metà fra l’alimentazione e la salute”. Peraltro, il dottor Fossati, applica i suoi studi anche nella divulgazione in qualità di Guida Ambientale Escursionistica. Una ulteriore conferma del valore scientifico di una tradizione secolare tramandata nelle generazioni. [Marco Fossati, Il “Preboggion” nella tradizione gastronomica ligure: aspetti storici, fitoalimurgici e nutraceutici – Università di Pisa, Dipartimento di Farmacia. Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Agroambientali. Corso di laurea in Scienze Erboristiche. Tesi di Laurea. Anno Accademico 2017-2018.]