Un rapporto antico quello tra la Liguria e le fave, legume coltivato in tutta l’area del Mediterraneo già dall’Età del Bronzo. Dici fave e, immediatamente, pensi alla primavera, ai merendini del Lunedì dell’Angelo (in Liguria per Pasquetta si intende l’Epifania), al sommo abbinamento con il salame (meglio un Sant’Olcese, ma non stiamo a sottilizzare) o a un saporito formaggio delle nostre pecore brigasche (ma anche qui cerchiamo di non essere talebani).
Un rapporto antico quello tra Liguria e le fave, legume coltivato in tutta l’area del Mediterraneo già dall’Età del Bronzo. Apprezzate e temute dai greci (pensavano che all’interno del baccello potessero “albergare le anime dei morti”), in epoca romana erano una componente importante dell’alimentazione e, durante le feste dedicate alla dea Flora, protettrice della natura che germoglia, i senatori le gettavano sulla folla in segno di buon augurio. Talmente forte il nostro legame con le fave che, in dialetto, le chiamiamo in maniera diversa, baxanne se fresche, bacilli se secche. E le consumiamo, grazie al microclima, dalla primavera all’autunno. Se in basso, all’altezza del mare, nascono in primavera, più ci si sposta verso la collina, la loro maturazione è ritardata, sino ad arrivare agli 800 metri di altezza, dove si raccolgono anche a fine settembre.
Torniamo ai nostri merendini, nel ricordo di quanto sostenuto dall’inarrivabile e indimenticabile storico Giovanni Rebora, “u prufessù”, che a proposito di fave e salame diceva che l’elemento veramente costoso, a parità di peso, erano le fave, visto che del salame non si butta via nulla, mentre oltre la metà del peso delle fave è costituito dalla buccia…Vero, ma siamo in Liguria, chi lo ha detto che le bucce devono essere buttate? Lavate, tagliate a pezzetti e fritte in pastella si trasformano in saporiti (e buonissimi) frisceu!
La presenza delle fave nelle antiche ricette è importante e codificato in tutte le cuciniere di metà ‘800, compresa la “Cucina di Strettissimo Magro” del Delle Piane. Il religioso codifica, tra l’altro, la minestra di vermicelli alla fava fresca, la zuppa di fave alla calabrese, il timballo di fave (sempre alla calabrese, regione dove da sempre Genova aveva stretti rapporti economici), l’umido fave e piselli e via dicendo. Fave che sono state anche cantate in una delle più conosciute canzoni dei Trilli che intonavano “T’ò dîto che t’â prepâri/o stòchefìsce e bacìlli/a gongorzöla co-i grìlli/e ‘n botigión de vìn bón/E invêce ti m’æ preparòu/a menestrìnn-a co-e êuve/a fâ ciù fîto sci a chêuxe/ma o l’é ‘n mangiâ do belìn…”, piatto quasi dimenticato e che veniva preparato soprattutto il giorno dei morti. A onore del vero i “bacilli”, le fave secche, arrivavano dalla Tunisia, ma questa è solo un’altra conferma delle contaminazioni in cucina e dei rapporti commerciali della Superba (mai dimenticare che i genovesi, la famiglia Lomellini, avevano “affittato” Tabarca, isola davanti a Tunisi, e tra i piatti della cucina tabarchina compare la “bobba”, una minestra di fave secche apprezzata tra i liguri che andavano per coralli nell’isola) in tutto il Mediterraneo.
Torniamo alle fave. Il marò è una salsa, ovviamente al mortaio, che ha come protagonista le fave. Il nome potrebbe derivare dall’araba mar-a, cioè condimento, salsa, ma c’è da dire che in Liguria, chissà per qual motivo, piace avere rimandi etimologici al mondo arabo. Più semplicemente potrebbe derivare dall’uso diffuso che se ne faceva su galee e velieri, insomma, salsa alla marinara!
Di certo c’è la zona di nascita, il Ponente ligure, Cervo soprattutto, dove viene chiamato anche “pestun de baxanne”, incerta la ricetta originale, probabilmente fave, aglio e menta (e questa sì, potrebbe essere una contaminazione araba, o forse siciliana dove esiste una ricetta simile, chiamata macco di fave), senza nessun formaggio. Oggi, invece, ne esiste una versione con ricotta di pecora brigasca, e nella salsa si aggiunge olio extravergine di oliva. Una salsa saporita, che ben si sposa con carne alla brace, ovini, ma anche pesce (ottimo assieme a stoccafisso e baccalà). Particolarmente buona spalmata su pane abbrustolito. E non bisogna dimenticare che anche le fave, come i ceci e i piselli, venivano trasformate in farina. Per fare la pasta mescolandola con quella di grano? Probabilmente sì, ma anche per fare farinate.
A Savona, durante una delle tante “punizioni” ricevute da Genova, mancava la farina di ceci per la popolare farinata. Le sciamadde della città sostituirono la farina di ceci con quella di grano, dando vita alla farinata bianca, uno dei piatti simbolo della città della Torretta, mentre con quella di fave crearono la farinata verde, oggi purtroppo praticamente scomparsa dai menù delle trattorie.
Stefano Pezzini
Pitagora e l’idiosincrasia per le fave
Pitagora, noto principalmete per il suo celebre teorema matematico riguardante i triangoli rettangoli, fu una figura che andò oltre le sue idee e il suo aspetto. Fondatore di una delle più importanti scuole di pensiero, Pitagora era anche famoso per le sue eccentricità. Le leggende su di lui sono numerose, ma quelle più celebri riguardano il suo rapporto con le fave. Secondo alcune storie, Pitagora vietò il consumo delle fave ai suoi seguaci, definendolo addirittura cannibalismo. La ragione? Secondo il filosofo, le fave assomigliavano a feti umani. Tuttavia, esistono spiegazioni più pragmatiche per questo divieto. La prima teoria suggerisce che Pitagora, vivendo in una zona colpita dal favismo (una malattia legata al consumo di fave), scelse di evitarle per non ammalarsi. La seconda ipotesi invece collega addirittura le fave al mondo dei morti, della decomposizione e dell’impurità, e il filosofo preferì mantenerne le distanze. Un’altra leggenda racconta addirittura che, mentre fuggiva dal tiranno Cilone di Crotone, Pitagora scelse di essere raggiunto e ucciso piuttosto che fuggire attraversando un campo di fave.
Il salame
L’abbinamento fave e salame è intramontabile e paragonabile forse solo a peperoni ed acciughe. Un accostamento che in Liguria viene celebrato con una miriade di sagre ed eventi concentrati nel periodo che da inizio aprile arriva a fine maggio. Fave e salame sono infatti il piatto tipico delle gite fuori porta di Pasquetta, 25 aprile e Primo Maggio di solito completato con un buon pecorino sardo fresco. A fine articolo segnaliamo le più importanti e fra queste forse la più conosciuta è quella di Sant’Olcese del 25 aprile giunta quest’anno alla XXVII edizione. Anche perché Sant’Olcese si può considerare la capitale del salame ligure. Qui il 24 settembre 2011, in occasione del centenario dell’azienda Cabella, è stato fondato il Nobile Protettorato dell’Arte del Sant’Olcese che ogni anno in autunno viene celebrato con la nomina dei nuovi nobili protettori dell’arte del Salame di Sant’olcese. Manifestazione che ha portato anche ad accomunare nel progetto di valorizzazione di questo prodotto i due storici salumifici santolcesini, Cabella e Parodi. Oggi il Protettorato, che ogni anno celebra il suo “capitolo” con nuovi affiliati, conta oltre 100 persone tra le quali anche l’arciduca Martino d’Austria, erede dell’antico ducato di Modena, il vescovo ausiliare di Genova, Nicolò Anselmi, e nomi di primo piano dell’imprenditoria, come i Garrone-Mondini (Erg) o gli armatori Messina e Grimaldi. Di seguito vi presentiamo alcune aziende tra cui scegliere il salame del vostro prossimo merendino partendo proprio dal piccolo comune dell’entroterra genovese che consigliamo di raggiungere con il trenino di Casella.Il trenino parte da Piazza Manin e attraversa la Valbisagno, la Valpolcevera e la Valle Scriva e raggiunge il capolinea di Casella. La prima parte del percorso è particolarmente suggestiva a picco sul mare e sulla città e al termine è possibile raggiungere il pittoresco centro di Sant’Olcese.
Il Salumificio Cabella produce dal 1911, quando la fondatrice Angela, iniziò l’attività oggi proseguita dalla quarta generazione. Da allora l’azienda produce una vasta gamma di prodotti della migliore tradizione italiana e ligure come il salame di Sant’Olcese® e la mostardella, la testa in cassetta, la bresaola e il prosciutto cotto. Il Salumificio Cabella può vantare anche l’iscrizione all’albo delle Imprese Storiche d’Italia. Tornando al salame, uno dei più tipici prodotti della Liguria, viene insaccato ancora oggi seguendo la tradizionale ricetta: per metà bovino e per metà suino, con i caratteristici dadetti di lardo, viene asciugato al fuoco di legna e successivamente stagionato nelle antiche cantine di casa Cabella. Il salame di Sant’Olcese® presenta al taglio un aroma fragrante ed un leggero gusto di aglio che ne accentua la delicatezza. Il salame di Cabella lo trovate in tante botteghe gastronomiche di qualità di Genova e provincia e nella grande distribuzione, ma vi consigliamo di andare direttamente presso il punto vendita per degustare il tagliere di salumi con l’assaggio di tutti i prodotti.
Il Salumificio Parodi ha una storia iniziata a Sant’Olcese a metà ‘800, quando Luigi Parodi, nato nel 1830, iniziò a produrre il famoso salame. Il figlio, Federico, nel 1908 proseguendo l’attività di famiglia, costituì l’attuale azienda, che continua a produrre “IL SANT’OLCESE®” secondo i canoni dell’antica ed originale tradizione. Nel 2012, il salumificio è stato inserito nel registro delle imprese storiche d’Italia, istituito dalle Camere di Commercio. Il “IL SANT’OLCESE®” tradizionale è composto da carne suina e bovina nazionale attentamente selezionata, lavorata e deumidificato nell’asciugatoio alimentato dal fuoco a legna. Confezionato in budello naturale e legato in varie pezzatura a partire da 250 gr. Ai salami si affiancano gli altri salumi della tradizione ligure come la Galantina, la Soppressata e la Mostardella. Oggi la gestione è nelle mani di Emanuela e il trend di produzione è in costante crescita. La commercializzazione dei prodotti di Sant’Olcese è rivolta alle salumerie locali, ai dettaglianti e al mercato della Grande Distribuzione Organizzata. Anche in questo caso però vi suggeriamo di recarvi presso il negozio di Sant’Olcese per la degustazione di tutta la produzione del Salumificio Parodi e prenotare una visita al museo aziendale (anche per piccoli gruppi) dove sono esposti gli strumenti utilizzati in passato per la produzione degli insaccati.
La Macelleria Fratelli Basso nasce a Gattorna nel 1961, una piccola bottega di paese quando il macellaio vendeva la carne su un banco di marmo. Da allora con perseveranza ha saputo tramandare fino ad oggi tutta la sapienza e la capacità nello svolgere questo antico mestiere. Luca e Marco hanno proseguito la tradizione di famiglia portando innovazione rispettando la tradizione e nel 2011 hanno inaugurato l’impianto di macellazione a bollo CEE: unico impianto in Liguria dotato di attrezzature e ambienti sotto il profilo igienico-sanitario all’avanguardia.La produzione comprende salame suino, mostardella genovese, cacciatori salame di cinghiale, bresaola, testa in cassetta, prosciutto cotto, pancetta arrotolata, coppa stagionata ma forse il prodotto che contraddistingue di più i fratelli Basso è il salame di Cabannina, la razza bovina autoctona della zona dell’Alto Trebbia, dell’Antola e dell’Alto Stura in particolare dei comuni di Rezzoaglio e Santo Stefano D’Aveto e diventata presidio Slow Food. Tutti i prodotti sono disponibili nel punto vendita di Gattorna ma i fratelli Basso hanno istituito un servizio di consegna a domicilio sia per la ristorazione che per i privati in tutta l’area genovese.
La Macelleria Giacobbe si trova proprio sulla piazza principale di Sassello, nel cuore del Geoparco del Beigua. Una lunga storia certificata persino dalla Regione Liguria. Nel testo della scheda del Prosciutto Cotto inserito fra i PAT, si legge che la ricetta ligure nasce proprio da quella della Macelleria Giacobbe di cent’anni fa. Oggi Giovanni e Teresa conducono un negozio di macelleria-salumeria ben noto anche fuori regione, in particolare proprio per il salame e per la Testa in Cassetta. Questo salame crudo viene lavorato secondo la tradizione Sassellese: un impasto composto per l’ottanta percento di carne magra, grani di pepe intero, sale di Cervia e Barbera che viene insaccato in budello di suino e poi stagionato per alcuni mesi. La miscela di spezie e l’attenta stagionatura (che varia a seconda delle caratteristiche specifiche delle singole produzioni da un mese ad un massimo di otto mesi) conferiscono a questo insaccato un gusto unico. La macelleria tratta solo carni del territorio macellate in proprio, ovvero bovini di razza Piemontese, che propone con un’adeguata frollatura; inoltre, suini, ovini e caprini provenienti solo da piccoli allevamenti locali. Tra i salumi, oltre al prosciutto cotto, alle teste in cassetta, alle pancette crude, alla coppa e agli ovvi salami crudo e cotto, spiccano il paté di lardo e una profumatissima pancetta cotta. Per assaggiare i prodotti della Macelleria Giacobbe dovete recarvi a Sassello o cercare lo stand in una delle tante manifestazioni enogastronomiche della Liguria alle quali l’azienda partecipa. Il prossimo appuntamento sarà ad Aromatica a Diano Marina ai primi di Maggio.
L’Azienda Agricola Pastorino di Pontinvrea è una piccola realtà agricola, ubicata nell’entroterra savonese a 550 metri sul livello del mare che nell’allevamento da carne ha saputo e voluto rimanere fedele alla tradizione, riuscendo così a produrre una carne sana, genuina e dalle qualità organolettiche eccellenti. In stalla vengono allevati bovini di razza piemontese tutti alimentati con foraggi autoprodotti in zona e con mangimi OGM free ottenuti nel piccolo mangimificio aziendale. La macellazione avviene settimanalmente e nello spaccio si può acquistare sia in piccola quantità, sia in pacchi famiglia (i tagli più pregiati come filetto e sottofiletto vanno prenotati in anticipo). La produzione comprende Salame crudo di puro suino, Salame crudo suino/bovino, Salame di cinghiale (solo nella stagione invernale) e Salame cotto. Consigliamo di fare visita preferibilmente nel fine settimana per avere una più ampia scelta, anche perché l’Azienda Agricola si è attrezzata per diventare un punto di ristoro per chi percorre l’Alta Via dei Monti Liguri. I prodotti sono adatti per i celiaci o per chi presenti altre intolleranze alimentari. Oltre ai salami vengono prodotti testa in cassetta, pancetta, bresaola, lardo e lardo macinato. Non perdete il prosciutto crudo: Pastorino fa stagionare la sua produzione in un’azienda di Parma! E Andrea Pastorino è stato tra i primi a credere nel Dry Aged, un metodo innovativo per la lunga frollatura della carne.
Fondata nel 1913 a Finale Ligure, l’attuale sede produttiva del Salumificio Chiesa, inaugurata nel 1989, è un moderno stabilimento che unisce la tecnologia delle attrezzature e degli impianti all’esperienza delle lavorazioni di un tempo. I salumi Chiesa li trovate sia nelle piccole botteghe che nella grande distribuzione. Molte lavorazioni avvengono ancora a mano: la salagione, il massaggio, la mondatura delle carni vengono fatte come un tempo e nel rispetto delle norme vigenti e degli standard moderni. La produzione di salami è varia ma due sono i fiori all’occhiello che sposano le eccellenze dell’enogastronomia ligure. Il salame Dolce Aglio, macinato a grana grossa è impreziosito con aglio di Vessalico e sprigiona profumi grazie all’utilizzo di Vino Rossese DOC Riviera Ligure di ponente, che, combinati, conferiscono alle carni pregiate profumo e sapore unici. I bocconcini sono il must have nel periodo fave e salame: macinati a grana fine, dolci, pratici per ogni occasione e in monoporzione. Ma non si tratta degli unici prodotti legati al territorio. Grazie a una continua ricerca il Salumificio Chiesa ha saputo abbinare ai suoi salumi i prodotti d’eccellenza della Liguria. Ecco allora la pancetta alle erbe aromatiche liguri, il lardo al Basilico DOP e le salsicce al Pigato o all’Aglio di Vessalico e Rossese.
Le sagre in Liguria
Quest’anno la Pasqua e di conseguenza il merendino del Lunedì dell’Angelo sono arrivati prestissimo e le avverse condizioni meteo non hanno permesso le consuete gite fuori porta. Tutto rimandato allora a fine aprile ed inizio maggio quando si concentrano gli appuntamenti dedicati a fave e salame. Qui ne segnaliamo alcune storiche ma in ogni provincia in questo periodo ce ne sono molte di minor importanza ma dove potrete assaporare l’inimitabile accostamento fave e salame magari con aggiunta di pecorino o formaggette.
Sagra Fave e Salame di Sant’Olcese (GE)
Giunta alla 27° edizione si svolge il 25 aprile dalle ore 10 presso i locali del Circolo di Sant’Olcese. Oltre fave e salame, mercatini e stand gastronomici
Sagra del 25 aprile a Sant’Ermete, Vado Ligure (SV)
La piccola frazione festeggia il 25 aprile con la mattina dedicata alla commemorazione ai Caduti e nel pomeriggio dalle 15.30 merenda con Fave. Salame, formaggette e le favolose focaccette.
Sagra delle Fave e Salame e Raviolata a Segno, Vado Ligure (SV)
Sabato 13 la sera e domenica 14 aprile tutto il giorno.
Fave e Salame a Mioglia (SV)
A pochi chilometri da Sassello, si festeggia il Primo Maggio con l’omonima sagra giunta quest’anno alla 25° edizione.
Fave e Salame a Sciarborasca (Cogoleto – GE)
Organizzata dalla Croce d’Oro locale si svolge il primo fine settimana di maggio.
Nella provincia di La Spezia le fave sono abbinate, oltre che al salame, al pecorino sardo e gli appuntamenti sono tra Sarzana e il quartiere Falconara di Lerici. Ancora da definire le date.