Ancestrale, nome che evoca gli antichi saperi e perchè no, sapori. Nel mondo del vino significa le prime bollicine, prima di quelle Metodo Classico (lo champagne, per essere chiari) o quelle del Metodo Charmat-Martinotti. La storia dice che risale alla prima metà del ‘500, nel sud della Francia, e ben presto diffuso in Francia e Italia, Liguria compresa. Un metodo che crea nel vino un “petillant” leggermente frizzante. A differenza dei metodi successivi il Metodo Ancestrale non richiede sboccamenti, la fermentazione avviene in bottiglia. Ovvio che il vino sia un po’ più torbido, ma questo significa un vino con maggiore complessità di sentori e sapori.
Un metodo che PEQ Agri, ha deciso di sposare per alcune sue bollicine. Così, dopo Zefiro di Cascina Praiè, ancestrale prodotto dalle vigne di Lumassina che il gruppo agricolo possiede a Tovo San Giacomo, dalla cantina guidata dall’enologo Alex Berriolo sono uscite altre bollicine antiche, questa volta con lo storico marchio Guglierame: l’Ancestrale Rosè, prodotto con uve di ormeasco. La presentazione ufficiale è avvenuta a Cascina Praiè, ed è stato un successo. Merito del vino, certo, ma anche del goloso buffet preparato dal giovane chef Alessandro Di Giacomo che, dopo essere stato alla corte di Gualtiero Marchesi, ha trascorso diversi anni come braccio destro di Giorgio Servetto che lo ha voluto con lui al Vignamare (Stella Verde Michelin, la prima e sino ad oggi unica in Liguria), nella grande e suggestiva vigna di Cascina Praiè. Da qualche mese Alessandro ha avuto il placet di Servetto (direttore creativo del settore ristorazione del gruppo agrituristico) che, d’accordo con Giorgio Guastalla, presidente di Peq Agri e del cugino Marco Luzzati, amministratore delegato, di prendere la guida di Terrazza Praiè. Tra i piatti della cena, ovviamente tutta base di verdure, formaggi, salumi Peq Agri, spiccava il farro con una crema di fagiolini e un fritto di uova e formaggi che ben si abbinava alle bollicine ancestrali.
E torniamo allora all’Ancestrale Rosè, secco senza essere troppo duro, al naso conserva i sentori dello sciac-a-trà, mora, aromatiche, pesca, in bocca è avvolgente, suadente. Il colore rosso scarico (o rosa carico, decidete voi), ricorda i tramonti della Valle Arroscia. Si accompagna splendidamente a pesci e crostacei, ma regge bene anche il pesto, formaggi non troppo stagionati e coniglio alla ligure. Un’altra sfida vinta per il versatile Ormeasco, sempre più sugli scudi, e per il gruppo PEQ Agri.