Le streghe, certo, il pane, certo, per non dire delle lumache… Troppo poco, però, per raccontare un territorio magico, popolato sin dall’antichità dal misterioso popolo ligustico, che già nel Neolitico popolava questo angolo di Alpi Liguri vegliate dal Saccarello.
Un territorio mistico, di boschi, acque, pascoli che nel Medioevo diventa strategico per la sua posizione. Triora, nome che forse deriva da “tria ora”, “tre bocche”, i tre cardini della produzione agricola, vite, grano e castagne, diventa la sentinella dei Conti Badalucco, con cinque case-torri che dominano e difendono la Valle Argentina.
Genova è frenata nella sua espansione, un ostacolo che deve essere superato chiamando a raccolta gli alleati delle altre vallate, ma non c’è niente da fare… Dove la forza non arriva, la Superba usa un’arma più convincente: le palanche!
I Conti vendono e, per un secolo e mezzo, Triora è sotto il controllo di Genova, sino a quando, un secolo e mezzo dopo, 1405, le gabelle diventano troppo pesanti e gli abitanti si ribellano e ricomprano la libertà. Si danno saggi Statuti che regolano la vita della comunità e il paese rinasce. Le famiglie del borgo partecipano alla vita pubblica, si danno regole per caccia e pesca, per agricoltura e gestione dei boschi, per lo sfruttamento di pascoli e sorgenti sino alla macina del grano e alla produzione di vino, quello che oggi chiamiamo Ormeasco. I bisogni del borgo sono soddisfatti, al punto che farine e vino si vendono alla Repubblica di Genova, la vecchia padrona è diventata cliente.
E le streghe? Arrivano, purtroppo per loro.
Tra il 1587 e il 1589 la Santa Inquisizione interviene, su richiesta del Parlamento di Triora, e arresta venti donne con l’accusa di aver utilizzato la stregoneria per provocare una grave carestia. Il processo, svoltosi a Genova, si concluse con pesanti condanne, rogo compreso.
Oggi le streghe sono un’attrazione turistica grazie al Museo etnografico, a Strigoria (la grande manifestazione che si svolge ogni anno ad agosto), ai convegni e mostre, ma anche alle ombre che colorano le gallerie del paese. Siamo proprio sicuri che, nell’oscurità, quei fruscii musicali siano provocati solo dal vento? Misteri che accrescono il fascino del centro storico del borgo, che al suo interno custodisce palazzi, chiese, oratori che custodiscono tesori d’arte, come quello dedicato a San Giovanni Battista che ospita una statua lignea del 1725 ritraente il Santo, attribuita ad Anton Maria Maragliano.
E il pane?
Ottimo ed unico, distribuito in tutta la Liguria, capace di restare morbido per una settimana. Merito dell’esperienza fatta nei secoli dai panettieri del paese, dall’acqua delle Alpi Liguri, della farina, ovviamente, coltivata da secoli a Triora. Ma proprio il successo nel commercio del grano portò la ricca Triora a scontrarsi con le frazioni di Molini, Andagna e Corte che, il 2 maggio del 1654, dichiararono l’indipendenza da Triora anche se, volere della Repubblica di Genova, sotto il controllo territoriale della podesteria triorese. Anche Molini di Triora, entrata a far parte da quest’anno del Parco delle Alpi Liguri, ha una serie di chiese e oratori di grande bellezza e valore storico e artistico (alcune risalgono al Mille), compreso il Santuario della Madonna del Ciastreo o della Madonna della Consolazione, nella frazione di Corte dove, secondo la leggenda, apparve la Vergine Maria ad una pastorella, muta dalla nascita, che alla vista della Madonna riacquistò l’uso della parola. Molini di Triora, pur non essendo più assoggettato da secoli a Triora, ne condivide la ricca e suggestiva offerta turistica, fatta di una invidiabile sentieristica, adatta ad escursionisti e appassionati mountain bike, acque pescose (da non perdere una rilassante visita al lago delle noci, piccolo invaso circondato da alberi di noce), palestre di roccia, torrente da percorrere con le gambe nell’acqua, escursioni a cavallo, gastronomia di eccellenza, birdwatching, e moltissime attività artistiche e artigianali destinate a turisti di ogni età. Per i più allenati, ovviamente, ci sono le passeggiate nel Parco delle Alpi Liguri, sino a raggiungere gli oltre 2 mila metri del Saccarello.
E le lumache?
I Ligures, quel misterioso popolo che abitava montagne e pianure ben prima della presenza celtica, erano cacciatori, e le lumache, più precisamente le chiocciole, erano considerate prede ambite e gustose. Una usanza che accomuna tutta l’area ligustica, quella regionale, almeno sino al Genovesato, e quella francese sino alla Provenza. Molini di Triora, al simpatico gasteropodo, ha dedicato una statua e, soprattutto, una sagra che si svolge da più di mezzo secolo la seconda domenica di settembre. Le chiocciole vengono cucinate, seguendo l’antica ricetta delle famiglie del paese, in enormi padelloni di rame in diversi angoli del borgo.
La ricetta, a differenza di altre, non prevede l’utilizzo di pomodoro, e questo rivela come questo piatto risalga a secoli or sono. Un piatto che strega…
Stefano Pezzini