Vino biologico, naturale, biodinamico, libero, vegano… In quest’ultimo decennio sempre più consumatori prestano attenzione, purtroppo anche in modo frettoloso e disinformato, alla composizione di alimenti e bevande.
Il nostro Paese occupa la prima posizione per quanto riguarda le superfici biologiche ad agrumi, la seconda per l’apicoltura, la terza per olivicoltura e la quarta per orticoltura e frutteti. Il vino non è un’eccezione e in tal senso si spiega la crescente diffusione di etichette biologiche.
Allora è naturale chiedersi cosa sia esattamente la viticoltura biologica. Devo dire che alcuni esperti del settore ignorantemente bocciano questi vini “diversi”, ancora arroccati su posizioni estremiste. È profondamente errato non considerare cosa richieda il mercato e come si possano produrre vini sempre più rispettosi dell’ambiente. Vent’anni fa chi avrebbe pensato e detto che il vino biologico avrebbe registrato questa escalation nella produzione e nel consumo? Anche perché i primi tentativi del bio in Italia negli anni Ottanta-Novanta, finivano per dissuadere i consumatori dall’acquistarli.
E il dibattito intorno alle definizioni da attribuire ai vari tipi di vini prodotti secondo tecniche differenti impazza tra esperti, associazioni di categoria ed enologi. Si parla di vino industriale, vino artigianale, biologico o biodinamico e vino naturale. Tutti termini comuni per chi segue le tematiche del comparto vinicolo.
Purtroppo, le etichette non chiariscono i requisiti che il prodotto deve presentare per potersi fregiare dell’una o dell’altra definizione. Ma in effetti cosa significa vino biologico? I vini “biologici”, per essere definiti tali, devono essere prodotti nel pieno rispetto della recente normativa europea n. 848/2018. Semplificando, un vino si definisce “biologico” quando proviene da uve 100% biologiche, ovvero coltivate senza l’utilizzo di agenti chimici di sintesi in vigna, vietando l’utilizzo di fitofarmaci, diserbanti, consentendo però l’utilizzo di prodotti naturali come rame e lo zolfo, entro limiti ben definiti. La produzione delle uve è quindi il risultato di pratiche agricole, tendenzialmente preventive, orientate al rispetto della natura e dell’ambiente. Ma non finisce qui: le norme per la produzione di vino biologico riguardano anche le pratiche di cantina: la vinificazione deve avvenire con l’utilizzo limitato di solfiti e additivi enologici in genere, che comunque devono, a loro volta essere, certificati “biologici”; sono vietati l’utilizzo di alcuni processi come la dealcolizzazione e l’aggiunta di alcuni additivi o coadiuvanti come l’acido malico, e sono consentiti solo additivi come lieviti e zucchero. Questo è il significato più stringente del concetto di “agricoltura biologica”, dove si identifica quel sistema di produzione agricolo che, da un lato, punta ad offrire al consumatore prodotti freschi, genuini e privi di sostanze chimiche di sintesi, e dall’altro cerca di ridurre il più possibile l’impatto ambientale dell’attività̀ agricola, facendo in modo che ogni fazzoletto di terra venga utilizzato nel rispetto dei suoi cicli naturali e quindi in modo eco-sostenibile. I vignaioli convertiti al “Bio”, quindi, gestiscono in modo attento, scrupoloso ed efficiente tutte le risorse naturali a disposizione come l’acqua, ad esempio. Punto fermo dell’agricoltura e viticoltura biologica è anche la salvaguardia della biodiversità, ovvero la presenza e lo sviluppo di specie e varietà differenti di piante e animali sul territorio. Proprio per sostenere l’ambiente è normale trovare in vigna le api per garantire il mantenimento della biodiversità. Le api sono un importante indicatore della salute di un luogo, perché svolgono la funzione di “sentinelle ambientali”. Questi insetti, infatti, sono molto sensibili ai cambiamenti che intervengono nell’ecosistema in seguito all’azione dell’uomo. Il declino del loro numero è indice di un peggioramento della qualità dell’ambiente in cui viviamo
Essendo la vite autoimpollinante, non ha bisogno di questi meravigliosi insetti, ma, le api, svolgono anche la funzione di vettore dei lieviti sulla buccia degli acini (e da questo si è notato un miglioramento nelle fermentazioni in cantina che risultano più regolari) e aiutano, attraverso la cicatrizzazione che svolgono sull’acino, a tenere sotto controllo le malattie come il marciume acido ed eventuali ferite causate da agenti atmosferici, come la grandine, o causate da altri insetti, come le vespe. Questo perché, nel caso di grappoli danneggiati, l’ape va a raccogliere gli zuccheri presenti e asciuga l’acino, riducendo così il rischio per la vite di patologie fungine.
Questo metodo (e filosofia) di lavoro, in vigna e in cantina, ha poi un effetto diretto sul prodotto finale e sulla sua qualità. Sfruttare gli equilibri naturali, tutelare la biodiversità e promuovere la fertilità dei terreni sono le principali azioni di responsabilità ambientale che l’azienda deve adottare. Ma questo da solo non basta, soprattutto se si tiene conto che, se non gestita nel modo corretto, la tecnica del biologico può portare a maggiori emissioni di CO2 legate a passaggi in vigneto più frequenti. Questi ultimi a loro volta determinano un più alto rischio di compattamento del terreno con tutte le problematiche che ne possono derivare.
La produzione di vino biologico comporta il rispetto di criteri di sostenibilità, nonché l’adozione di pratiche volte a preservare l’ecosistema di riferimento. Ciò implica anche una serie di sfide, che permettono di comprendere la reale validità di un viticoltore. Dalle difficoltà della specifica annata all’eventuale comparsa di batteri e agenti infestanti: non è semplice contenere i rischi per la produzione della vite senza fare ricorso a prodotti aggressivi e/o chimici. In tal senso chi produce vino biologico si distingue per la capacità di superare le avversità, attraverso una conoscenza delle peculiarità della vite e del territorio. Produrre vino sostenibile significa lavorare nel rispetto dell’ambiente e della stagionalità, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale e di preservare le risorse naturali per le generazioni future.
Per prevenire e contrastare le infezioni causate da organismi nocivi, si utilizzano prodotti di contatto che non vengono assorbiti dalle piante e quindi non aggredenti; questo implica una maggiore attenzione alle avversità climatiche, in quanto è necessario un nuovo trattamento se dopo pochi giorni è piovuto. Nel rispetto del terreno e dei suoli, si utilizzano concimi con un ridotto apporto di nitriti e nitrati. L’agricoltura biologica sfrutta la naturale fertilità dei terreni senza stressarli per ottenere una maggiore produzione.
Per combattere parassiti e insetti che obbligherebbero a trattamenti nocivi, si utilizza la “confusione sessuale” termine con cui si definisce un metodo di lotta o, meglio, di controllo, di molti parassiti che danneggiano le coltivazioni della vite. Il metodo consiste nel diffondere nell’aria il feromone sessuale che emette la femmina di ogni specifico insetto bersaglio, in misura tale da impedire al maschio di localizzarla e di fecondarla. Il mancato accoppiamento comporterà una popolazione di larve assai diminuita e di conseguenza un minor danno ai frutti.
Un dibattito molto acceso riguarda l’uso dei tanto vituperati solfiti: il quantitativo di anidride solforosa nei vini biologici è stato uno degli argomenti più dibattuti ed ha portato alla decisione finale da parte della UE di porre i limiti di solforosa totale per i vini biologici rossi secchi a massimo 100 mg/l, mentre per i bianchi secchi potrà essere al massimo di 150 mg/l. Questi valori risultano alti per i vini italiani, in quanto molte cantine non certificate BIO utilizzano già dosaggi di anidride solforosa ben inferiori ai limiti consentiti per i vini biologici. Almeno per l’Italia questo discorso risulta fine a sé stesso.
Con il termine ‘vino naturale’, invece, si fa riferimento ad una certa categoria di vini che, oltre all’adozione delle tecniche dell’agricoltura biologica, non presentano nessuna sostanza addizionata al mosto. Dunque, nessun correttore di acidità, anidride solforosa o coadiuvanti vari.
Anche in questo caso, la questione non è solo terminologica: i vini naturali, infatti, non obbediscono ad alcuna normativa e spesso i solfiti vengono comunque aggiunti per prevenire ossidazioni o deviazioni batteriche.
Infine, ci sono i ‘vini biodinamici’. Si tratta di vini che, cavalcando il trend del momento, sono prodotti sulla base dei dettami del filosofo austriaco Rudolf Steiner: egli comprese la stretta relazione esistente tra le energie del terreno, degli esseri viventi e quelle astrologiche, affermando che tale connessione incorre nello sviluppo di qualsiasi coltivazione agricola o crescita naturale: l’energia prodotta dalle fasi lunari e dai cicli cosmici genera una fonte di nutrimento per il terreno e per la pianta. Da questo assioma vengono indicati i metodi e indicazioni – totalmente naturali – per la cura del terreno (humus) al fine di favorire la buona salute, forza e vitalità delle coltivazioni.
L’Agricoltura Biodinamica si basa perciò sull’attivazione congenita della fertilità della terra, in modo che le piante possano trarne beneficio e crescere in modo del tutto naturale nel pieno rispetto dei cicli della natura. I tre principi della Biodinamica sono: mantenere la fertilità della terra, liberando in essa materie nutritive; rendere sane le piante in modo che possano resistere alle malattie e ai parassiti; produrre alimenti di qualità. Nel settore della viticultura diventano regole pratiche di coltivazione e cura dei vitigni il ricreare l’humus nel terreno in cui vive la radice della pianta della vite, utilizzare il cornosilice, un preparato da spruzzo che concentra e potenzia le forze luminose proprie della silice e che regola la maturazione dei frutti e utilizzare il cornoletame, un preparato fondamentale nell’agricoltura biodinamica, che stimola e armonizza i processi di formazione dell’humus.
Le fermentazioni dei vini sono ottenute senza aggiunta di lieviti esterni, utilizzando rigorosamente solo i lieviti già presenti sulle uve. Il calendario lunare viene seguito nella coltivazione delle piante e in cantina per i travasi e l’imbottigliamento. Il vino biodinamico è quindi il risultato di una coltivazione non solo naturale al 100%, ma ottenuto in completa connessione con i tempi della natura. C’è chi dice sia solo una moda, e chi invece vede nel biodinamico una garanzia di qualità, delle materie prime e delle tecniche, in equilibrio reciproco con la natura.
Esperti sommelier e grandi intenditori solitamente non sposano in modo ortodosso né la causa del vino biodinamico, né di quello tradizionale o di quello biologico; la differenza, se ne esiste una, si gioca solo nella fase di degustazione dei vini. Degustare un vino prodotto mediante agricoltura biodinamica significa assaporare i profumi autentici della terra, mitigati dal clima e dal regolare ciclo delle stagioni. Questi vini hanno un carattere distinto che raccoglie sapori ed essenze del suo percorso di creazione.
Lasciatemi però affermare, che l’esistenza di ottimi vini biodinamici non è sufficiente a dare il merito ai preparati biodinamici. La qualità di un vino è dovuta soprattutto alle pratiche in vigna dei produttori, all’attenzione e alla cura verso il prodotto, alla conoscenza e rispetto del territorio.
Sicuramente oggi, al di là delle mode del momento, quello che cercano gli appassionati bevitori in un bicchiere di vino non è solo la qualità, data ormai per scontata tra gli intenditori, ma la storia e l’identità della zona di produzione.
La Liguria è la fotografia perfetta di chi va ricercando tutti questi fattori, ben presenti in tutte le cantine: alcune di queste hanno fatto del biologico, del biodinamico e del naturale, la loro filosofia di vita, come l’Azienda agricola di Giobatta Vio, detto Aimone, dove, già il nome dell’azienda, BioVio, fa capire chiaramente che qui i trattamenti con diserbanti, pesticidi e concimi chimici sono banditi da sempre. I sapori e gli aromi dei vini qui prodotti rispecchiano in pieno questa purezza.
La loro idea di lavorare la terra in modo biologico fin dal 1980 non è una scelta tecnica o economica, ma la naturale continuazione di una cultura presente da sempre. La certificazione biologica dei terreni risale al 1999, quella dell’azienda al 1989. Oltretutto l’azienda produce erbe aromatiche e portare pesticidi e quant’altro direttamente nel piatto sarebbe inaccettabile da parte di una famiglia intera votata alla salute, al rispetto del territorio e del prodotto finale. La vite è coltivata nel suo habitat, con le erbe spontanee che le crescono intorno, con una biodiversità sviluppata. La pianta riesce così a produrre dei frutti equilibrati che esprimono tutte le caratteristiche tipiche del territorio nel quale cresce. Il vino biologico è un prodotto sano, naturale e genuino che rispetta non solo l’ambiente e l’ecosistema ma salvaguarda anche la salute di chi lo consuma, del produttore stesso e di chi ci circonda, essendo privo di qualsiasi componente chimico al suo interno. Www.biovio.it Via Corciata 24, Bastia di Albenga (SV) Tel. 0182 20776 Email: visite@biovio.it.
A Imperia esiste una cantina che ha sposato la filosofia biologica in vigna dal 2013. È la Cantina Vis Amoris, un’azienda che ha deciso di declinare il vitigno principe del Ponente, il Pigato, in molteplici versioni. Nelle Vigne è stato bandito da sempre l’uso dei diserbanti, affidandosi solamente a prodotti organici. Per la difesa della pianta si usa rame, zolfo e altri prodotti biologici come il bacillus Thuringiensis o l’ essenza di arancio per ridurre sempre di più l’impatto del rame che, nonostante sia consentito in agricoltura biologica, è comunque un metallo pesante che viene trattenuto dal terreno. La pianta è curata in maniera maniacale e attenta in tutte le sue fasi per cercare di portare in cantina uve più belle e sane possibili. Così si cerca di mantenere intatto il frutto dell’annata, per riconoscere e assaporare nel bicchiere le peculiarità dell’annata e del vitigno. Anche questa azienda utilizza le api come sentinelle ambientali. In cantina invece, già dal 2016 sono stati sperimentati i lieviti indigeni su un vino che fa una lunga macerazione sulle bucce. Dal 2019 sono stati abbandonati tutti i lieviti selezionati, per usare esclusivamente, per tutti i vini, lieviti indigeni. I metodi sono due: utilizzo dei lieviti presenti in natura sulle bucce o la creazione di uno starter della fermentazione chiamato pied de cuve : pochi giorni prima della raccolta a maturazione fisiologica, vengono selezionate alcune ceste di uva che vengono fatte ammostatare. Dopo un paio di giorni, i lieviti indigeni iniziano la fermentazione e normalmente nel volgere di una settimana il mosto raggiunge la piena fermentazione. Finite le fermentazioni i vini vengono lasciati sulle fecce fino a primavera. Questo processo viene attuato per conferire più profumi, intensità di sapore ai vini finali. Questo avviene perchè il vino è vivo e nasce dall’incontro tra mosto e microorganismi, che lo plasmano e lo rendono diverso ogni anno. Poco uso della solforosa e convinzione che il vino rappresenti il terroir, ovvero l’unione tra vitigno, terreno e annata. Www.visamoris.it, Strada per Vasia, 18100 Imperia Tel 347 3690453
Anche i Viticoltori Ingauni di Ortovero, la più grande cooperativa del Ponente ligure sta credendo sempre più nel Bio. Grazie ad alcuni conferitori che hanno ottenuto la certificazione biologica in vigna, vengono prodotti un vermentino e un pigato che si possono fregiare del bollino di certificazione. Il conferitore è certificato in vigna dal 2015 e in cantina l’attenzione è massima per non avere commistioni enologiche tra le due linee. Una estrema pulizia caratterizza l’attività della cantina con un’attenta separazione tra i due processi produttivi: la vinificazione delle uve bio è effettuata al mattino dopo un accurato lavaggio dei macchinari. Anche la filtrazione del vino è effettuata con filtro a cartone nuovo, mentre l’uso dell’anidride solforosa è ben inferiore ai limiti stabiliti dalla legge, sia per i vini biologici che per quelli tradizionali. La speranza è che, sull’esempio dei primi precursori bio, anche altri conferitori possano votarsi ad una viticoltura sempre più rispettosa dell’ambiente. Www.viticoltoriingauni.it, Via Roma 3 Ortovero (SV) Tel. 0182547127 e mail: info@viticoltoriingauni.it
Altra cantina da sempre votata all’agricoltura biologica (anche se non certificata) è l’Azienda Possa di Riomaggiore nelle Cinque Terre: 3,5 ettari e età media delle vigne di circa quarant’anni. Mission aziendale è di salvaguardare una produzione antica riportando la produzione vinicola delle Cinque Terre alla magnificenza di un tempo, studiando e ricercando le antiche varietà presenti pre-fillossera, e recuperandone ad oggi 19, delle quali alcune sono già entrate nelle etichette. Tra i filari troviamo le varietà di Bosco, Albarola, Rossese bianco, Piccabon, Canaiolo, Bonamico. Convinto assertore di un’agricoltura pulita e del rispetto della tradizione, il titolare dell’azienda non fa mancare anche eventi collaterali come quello della vendemmia con la barca, evento con il quale si dà inizio alla vendemmia. In vigna si tende a ridurre l’uso di zolfo e rame, affiancando prodotti a base di zeolite, alghe e propoli, sempre più verso un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e della biodiversità non solo in vigna, ma anche come filosofia di vita e salvaguardia di un ecosistema creato soprattutto per dare alle api un ambiente sano dove trovare sempre polline. La filosofia di vita sopradetta si esplica anche in azioni umanitarie e sociali: una scuola per riportare i bambini a riscoprire la terra, il suo ecosistema e gli animali che la abitano dando loro 3 vigne che devono accudire fino alla vendemmia, e una scuola per migranti: unendo il bisogno di trovare manodopera qualificata e di recuperare terreni ormai abbandonati, in collaborazione con la Caritas di La Spezia, è stata aperta una scuola dove viene insegnato a queste persone a coltivare, potare la vite, vinificare, per dare loro un futuro lavorativo; con l’uva ricavata dalle vigne recuperate, verrà prodotto un vino denominato “lo sciacchetrà del migrante” che, regalato alla Caritas sarà fonte di sostentamento per l’Ente e di sovvenzione della scuola. Www.possa.it, Via S. Antonio 72 19017 Riomaggiore (SP) tel. 348 3162470 E mail info@possa.it.
L’alfiere dei Vini Biodinamici in Liguria è Daniele Parma che fonda l’Azienda Agricola La Ricolla nel 2004. La mission è di vinificare solo uve coltivate personalmente e negli anni ha svolto una ricerca dei vecchi vigneti abbandonati per recuperare le varietà storiche. Ora sono 5 i vigneti sparsi nei comuni limitrofi: vermentino presso la trecentesca basilica dei Fieschi a Cogorno; la bianchetta genovese di Prioria a Carasco e Verici; il sangiovese e ciliegiolo del vigneto di Tolceto nel comune di Né in Val Graveglia che è il primo vigneto, impervio e difficilmente accessibile, acquistato e lavorato da Daniele.
Dal 2017 Daniele sposa in pieno i concetti della biodinamica trovando un approccio agricolo di consapevolezza e una rinnovata interazione tra uomo e natura, basata sull’autodifesa e sull’equilibrio, piuttosto che sull’intervento. Per Daniele è la presa di coscienza (e di coraggio) definitiva che un altro vino è possibile! Nascono così gli altri vini della gamma macerati sulle bucce e affinati in anfore di terracotta nei quali non si usano più addittivi enologici né solforosa. Www.laricolla.com, Via Giuseppe Garibaldi 12/2, 16040 Ne (GE) Tel. 3928963918 E mail: laricolla2004@gmail.com
Un’azienda che si propone di produrre vini Naturali è La Felce di Andrea Marcesini, che è anche il presidente del Consorzio del Vermentino. La sua idea di viticoltura è legata a tecniche di agricoltura tradizionale, sia nella coltivazione che nelle pratiche enologiche, cercando di utilizzare il metodo più rispettoso e naturale possibile, abbandonando la tecnologia per non snaturare i suoi vini. Oggi, coadiuvato in azienda dal figlio Francesco, ha abbandonato la chimica sia in vigna che in cantina, nel rispetto di sé, della natura e di chi beve il suo vino. Lo scopo: far tornare il vino ad essere un alimento per tutti ed essere custode di storia e territorio. Tra i vini ricordiamo i quotidiani “FelceBianco”, “FelceRosso”, e il “Non Sempre”, un vermentino prodotto solo nelle migliori annate.
La Felce, Via Bozzi 52, 19034 Casano (SP). Tel. 3313138340
Dove degustare i vini:
L’interesse verso un certo tipo di vini ha fatto si che siano nate enoteche, ristoranti o agriturismi che offrono in lista un’ampia scelta di etichette e per questo sono diventati metà di appassionati. Partendo da Levante vi segnaliamo l’Agriturismo Il Filo di Paglia di Carro (SP) dove la famiglia Azaghi ha creato un luogo magico, dove il tempo è scandito dai ritmi della natura. Immerso nel Biodistretto del Vara, a ridosso del Parco delle Cinque Terre, la sua enoteca vanta moltissime etichette liguri naturali, bio e biodinamiche. Li potrete gustare durante un pasto o una cena nel loro ristorante “stallato” con i piatti della tradizione ligure e mediterranea, i prodotti dell’Azienda Agricola Biologica e carni, salumi e formaggi provenienti dall’allevamento etico di mucche razza Cabannina. Qui infatti si trova l’allevamento dell’unica razza bovina ligure, e presidio SlowFood. Sergio Azaghi conosce personalmente i proprietari delle cantine e saprà consigliarvi al meglio e illustrarvi le particolarità di ognuno di loro. La parola STALLATO gioca sull’unione di “ristorante stellato” e “stalla”. Si è voluto unire questi due concetti per rendere con efficacia l’idea dell’esperienza che è possibile provare al “Filo di Paglia”. Www.agriturismofilodipaglia.it Via San Nicolò 11 Carro, La Spezia, Tel. 3461849220.
A Genova segnaliamo due enoteche specializzate. Flor Enoteca si trova all’interno dell’ottocentesca Galleria Mazzini, luogo di riferimento per le passeggiate tra boutique e negozi storici. L’enoteca offre un’ampia e variegata proposta di etichette in una Genova affezionata al vino naturale: oltre 600 referenze provenienti dall’Italia e dall’estero, scelte nel rispetto della visione dei due soci fondatori Giuseppe Rizzo e Federico Fiori.
Maninvino è la bottiglieria di vini naturali e biodinamici in Piazza Manin, ma Maninvino è anche uno stile di vita che offre un’esperienza eno-gastronomica che tiporta ai piaceri naturali e sani. insieme ai vini naturali puoi provare i taglieri con assaggi delle tradizione culinaria ligure. Www.maninvino.it Piazza Manin 2/4r 16122 Genova.
A Savona segnaliamo il Ristorante Bino dello Chef stellato Giuse Ricchebuono. La cantina, in continua evoluzione così come la cucina, oggi privilegia etichette di vini naturali e biodinamici, provenienti da un’accurata selezione di produttori liguri, italiani e stranieri. La responsabile della Cantina è la nuova generazione: Martina Ricchebuono cura la scelta delle etichette e ha un rapporto confidenziale con tanti piccoli produttori liguri e saprà guidarvi alla scoperta di questa affascinante viticoltura. Ristorante Bino, Piazza Vescovato, 17100 Savona. Tel. +39 019 5281 517. bino@ricchebuonochef.it