Non è certo una regione famosa per l’allevamento, la Liguria. A parte qualche capo allevato in Val Bormida, sulle Alpi Liguri, in Val d’Aveto e in qualche altra valle tra genovesato e spezzino, bovini e suini sono una voce storicamente quasi ininfluente nell’economia agricola.
Diverso, invece, l’allevamento degli animali da corte, polli e, soprattutto, conigli. E proprio il coniglio è diventato uno dei piatti simbolo della tradizione gastronomica della Liguria. Una vera eccellenza diventata anche una ricetta “status symbol” nel film, Premio Oscar, “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino. È durante una cena del “generone romano”, infatti che il Cardinal Bellucci svela nei minimi dettagli a Jep Gambardella, un inarrivabile Toni Servillo, la ricetta del Coniglio alla Ligure, riuscendo a scatenare la fame negli spettatori.
Le origini della ricetta sono strettamente legate alla cultura contadina di collina dell’entroterra ligure di Ponente, a cavallo soprattutto tra le province di Imperia e Savona. I profumi e i gusti della Liguria si fondono armonicamente in una ricetta antica, ma visto il grande successo che continua a riscuotere anche nei ristoranti gourmet, verrebbe da dire che siamo di fronte ad una ricetta senza tempo. Un piatto che nasce dal fortunato incontro tra la delicata e dolce carne di coniglio con il gustoso sapore amarognolo delle olive taggiasche, il timo odoroso che nasce al confine tra olivo e macchia mediterranea, aglio di Vessalico, pinoli, noci e l’immancabile, per noi liguri, olio extravergine di oliva. C’è, in effetti, un altro elemento, ma cambia da zona in zona, da famiglia a famiglia: il vino per sfumare la carne, Rossese di Dolceacqua all’estremo Ponente, Ormeasco in Alta Valle Arroscia, Rossese di Campochiesa, se non addirittura Pigato ad Albenga e nella sua Piana. Di certo, a fare la differenza, è la pentola, rigorosamente una casseruola di coccio che andrebbe usata, dopo averla soltanto sciacquata dopo l’uso, esclusivamente per il coniglio (io ho ancora la “pignatta” di mio nonno). Mi raccomando, che sia coniglio non la “levre de cuppi” cantata da De Andrè…
C’è una seconda ricetta, tipicamente ligure, con protagonista il coniglio, però…Sarà che per farla ci vuole molto tempo e grande bravura, ma il coniglio ripieno, in alcune zone chiamata “cima di coniglio”, è un piatto antico che rischia l’estinzione.
Ed è un vero peccato, perchè racchiude tutta la storia della Liguria, terra che, quando dici carne, dici coniglio, pollo, animali di bassa corte, insomma. Un piatto contadino, non a caso si trova ancora, con ricette che differiscono tra loro per il ripieno, in Val Graveglia, sopra Genova, e in Valle Impero, alle spalle di Imperia. A Ne, alla Trattoria La Brinca (che poi trattoria non è più da tempo, vista la svolta gourmet territoriale data dalla famiglia Circella), la ricetta del coniglio ripieno prevede un coniglio disossato con uno strato di bietole crude e una farcia di ricotta, olive rezzole, erbe aromatiche e, ovviamente, gli elementi tenuti segreti dal ricettario di famiglia. Il coniglio viene poi arrotolato e legato con filo da cucina, a mo di polpettone, e cotto al forno come fosse un arrosto, a temperatura dolce, per un’oretta. Diversa la ricetta della Valle Impero proposta da Cheffa Elvira del ristorante-cantina Ramoino a Sarola. Qui il coniglio disossato viene “spalmato” con una farcia di spinacino, aromatiche, pinoli e, al posto delle olive taggiasche, si irrora il tutto con olio extravergine. Le olive taggiasche non vengono messe nella farcia perchè, a differenza delle rezzole, potrebbero in cottura rilasciare un retrogusto amarognolo. La cottura è uguale a quella del genovesato.
Nella famiglie, anche quelle dell’entroterra, la tradizione della “cima di coniglio” si è andata via via perdendo, soppiantata dal più facile (relativamente) coniglio alla ligure che non prevede il dover disossare la carne, compito non facile per chi non è abituato.
CONIGLIO ALLA LIGURE – LA RICETTA
Il Coniglio alla Ligure non ha una ricetta ufficiale e gli ingredienti possono variare a distanza di pochi km spostandosi nell’arco della Liguria. Nell’estremo ponente ad esempio è uso utilizzare vino rosso (Rossese di Dolceacqua) invece che vino bianco. La ricetta che vi presentiamo è quella dello Chef stellato Giuse Ricchebuono che ci ha ospitato nella cucina del Ristorante Bino di Savona (ricchebuonochef.it) aprendo solo per noi per illustrarci le fasi della preparazione. Inquadrando il codice a barre qui a lato vi rimandiamo al piccolo video realizzato durante la nostra visita e che vi servirà per seguire passo passo la ricetta.
INGREDIENTI:
- Un coniglio in parti
- Pinoli
- Olive taggiasche denocciolate
- Funghi porcini secchi
- Aglio di Vessalico
- Cipolla
- Aromi (rosmarino, alloro)
- Olio EVO
- Sale qb
- Vino bianco (preferibilmente Pigato)
PREPARAZIONE:
Utilizzate parte della testa del coniglio mettendola a bollire con sedano, carota e qualche foglia di alloro per creare un brodo da aggiungere durante la cottura.
Fate rosolare il coniglio (escluso reni e cuore) in poco olio in modo da dorare la carne in tutte le sue parti. Sfumare con il vino bianco e versate tutto in una teglia. A questo punto nella stessa pentola in cui avete rosolato il coniglio versate abbondante Olio Evo, la cipolla finemente affettata, l’aglio di vessalico, le olive tagliasce, due cucchiai di pinoli, i funghi secchi che avrete lasciato ammollare nel latte, gli aromi e fate appassire il tutto.
Aggiungete quindi il coniglio già rosolato, i reni e il cuore. Irrorate quindi con un bicchiere di vino bianco e lasciate cuocere a fuoco dolce per almeno un’ora durante la quale ogni tanto versate un mestolo di brodo. Servite il coniglio con abbondante sugo di cottura e guardate i consigli del nostro Sommelier per il miglior abbinamento con il vino.
GLI ABBINAMENTI ENOLOGICI
Il coniglio alla ligure è una ricetta che risulta complessa per via degli ingredienti che lo compongono: abbiamo la tendenza dolce della carne bianca e quella leggera untuosità che si origina dall’uso dell’olio d’oliva in cottura, ma è caratterizzato da una netta aromaticità data dall’uso di tante erbe, poco speziato, con un umami tipico della nostra cucina: i funghi secchi. Non manca la componente salata e amarognola data dalle abbondanti olive taggiasche e dai pinoli. Quindi analizzando il piatto, siamo davanti ad una pietanza profumata, con sensazioni untuose, pseudo dolcezza e succulenza; è presente anche una sensazione amaricante e pungente percettibile, con una riduzione per cottura importante in quanto il coniglio cuoce per almeno un’ora. In questa versione, il coniglio cuoce con un vino bianco e, una delle regole dell’abbinamento è che il vino nel bicchiere debba essere quello con cui è stato cotto il cibo. È necessario quindi avere, viste le caratteristiche elencate sopra, un vino profumato, fragrante, con una buona acidità, sapido, morbido e una buona struttura. Per queste caratteristiche il piatto si sposa con un Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato, magari ottenuto con una vinificazione sulle bucce per esaltarne il corpo e gli aromi, vino di buona struttura che, con i suoi profumi di macchia mediterranea creerà un connubio perfetto.