La cucina futurista: assaggi di Farfa

“Salite in autocarro aeropoeti e via che si va finalmente a farsi benedire…”.

Così poetava – reduce di Russia – uno stanco, 68enne, ultimo Marinetti che sentiva prossima l’ora in cui il fascismo sarebbe crollato. E “Io non ho nulla da insegnarvi mondo come sono d’ogni quotidianismo e faro di una aeropoesia fuori tempo spazio”, con ciò esentandosi ormai da ogni proselitismo verso chi lo seguisse al fondo di una vicenda, umana e culturale, nata da avvenirismi… La “sua” Italia non opponeva gloriose armature al nemico, fallendo anche nella tecnologia. 

I critici sagaci (Crispolti, Salaris…) mai hanno “appiattito” il futurismo sul fascismo, occorrono acribie nitide. Ciò che certo rimane, è che esso come moto complessivo e contraddittorio s’eleva nella storia dell’arte mondiale ad unica eccelsa avanguardia italiana. Attecchì beninteso anche in Liguria, specie ma non solo su Savona-Albissole, e mi chiedessero di nominare 2 figure direi d’acchito Tullio Mazzotti (Tullio d’Albisola) e l’editore Sabatelli, proprio la famiglia-impresa che stampa questo magazine giunto al n. 21, ma Dario Sabatelli conosce i miei spigoli e dunque non sospetterebbe piaggerie. 

Quell’editore fu partner del futurismo e gli dobbiamo, come parte della collana “Il Futurismo in Liguria”, la lito-latta Il miliardario della fantasia di Farfa, 200 esemplari per la mostra “Futurismo & Futurismi” (1986) in Palazzo Grassi a Venezia. Fu Marco Sabatelli a reperire macchinari di Nosenzo(1) persi a Genova Sampierdarena e Rivarolo. Inoltre, Cucina e vini di Liguria, del “Cancelliere” Giuseppe “Beppe” Gavotti (1973), ospita illustrazioni di Caldanzano, che aderì giovanissimo (1938) al futurismo savonese, con opere notevoli fra cui proprio un ritratto di Marinetti. Così come Pesto e Buridda dello “chef di prua” savonese Ferrer Manuelli offre apporti anche del ceramista-scultore albisolese Salino (dal 1958 co-proprietario della fornace “San Giorgio”, dove non a caso sostarono Farfa, Caldanzano stesso…, e Caminati vi creò veicoli in stile futurista). Fu Sabatelli a pubblicare Debenedetti… 

Nel gruppo savonese operava Farfa, eccolo. Farfa (Vittorio Osvaldo Tommasini) fu una corpulenta “farfalla” che volò estrosa fra la natìa Trieste asburgica (quante serate futuriste!), Torino (con Fillìa…), infine Savona (dal 1929, via Istria) e Sanremo, dove perì nel 1964 – 85enne indigente – travolto, ironia della sorte?, da un “veicolo a motore”. Abitò a proprio agio trent’anni la Savona operaia (ma il lavoro in FIAT, quello duro, l’aveva occupato solo pochi mesi…).  

È del 1933 la sua ode energizzante “Marinetti caffeina/d’europa/proveniva da castellamonte/sopra un’antiquata caffettiera/e tutto il treno parve allora/una bandiera/incalliginita a lutto/sull’asta del camino/grottescamente piantata di traverso/sulla fronte corrugata/del sorpresissimo universo”. Farfa s’espresse – oltre alla poesia – in pittura, ceramica, collage, persino figurinismo, fotografia, affissioni… sempre a stretto contatto con la realtà urbano-industriale cui il futurismo per natura tendeva. Soprattutto animò sino alla fine i gruppi creativi locali, talora pioniere surrealista di quella “patafisica” in cui via via si riconobbero – chi più chi meno – Queneau, Vian, Eco, Baj, financo Sanguineti. Dell’Istituto Patafisico Milanese Farfa infatti fu “magnifico rettore” nel 1963.

Farfa è di recente tornato – per dir così – alla ribalta, una nipote torinese che mai lo conobbe ha dentro alcuni bauli rinvenuto vari documenti (missive, versi, schizzi, cartoline “mail art”, volumi e dediche…). Fra cui un biglietto “marinettiano” che il pittore zaratino Crali – sodale e poi “erede” di Marinetti – gli spediva a Savona: «Ho letto su Cucina Futurista le tue ricette, ne sono talmente entusiasta che sento il bisogno di avere una tua foto con contorno di testina il tutto in un brodo di bromuro d’argento»… Futurismo, infatti, significa anche cucina. 

Quando, nel Manifesto della cucina futurista presentato anche a Genova nel 1931, Marinetti esecrò la pasta, che imbolsiva la nazione, una lettera – d’àmbito “Sintesi” – firmata da Farfa stesso, Gaudenzi, Tullio d’Albisola e altri(2), pur cedendo all’iconoclastia contro maccheroni vermicelli spaghetti e tortellini, chiedeva solenne a Marinetti una “leale neutralità verso i ravioli, propulsori dinamici…”. 

Il leader assentì e il raviolo – per Farfa “carnale lettera d’amore in busta color crema” – scampò l’oblio. I futuristi liguri peraltro difesero fieri anche il pesto, “salsa di smeraldo” che con le trenette avvantaggiate ottenne il benestare dei vertici. Ricorre anche negli “sformatini di riso ah ah ah” del Manifesto, con macinato di tacchino, salsa di pomodoro, fontina, uova, burro, parmigiano, sale, pangrattato. 

Al 1931 datano anche due cene roboanti, a Genova-Albaro e Chiavari, cui Farfa presenziò. A Chiavari (così si legge anche sul Corriere Mercantile) “declamò con impeto aviatorio un inno quasi pindarico (a sfondo meccano-erotico, ndA), intitolato Tuberie”, “una fantasmagoria indiavolata”, che recitava «tubi ossibuchi dei polli / che furono pasciuti e satolli». 

Nel maggio 1932, dopo tanto bailamme creato non a caso, finalmente Sonzogno editò La cucina futurista, opera di Marinetti con Fillìa, 172 ricette e “polibibite” ideate tra gli altri anche da Farfa, Prampolini, Diulgheroff, Tullio d’Albisola. 267 pagine, 2 carte di tavole fotografiche fuori testo, tiratura 6.000 copie, impressa al frontespizio. A latere il critico letterario Panzini curò un lessico dei neologismi. 

Non mancavano sorprese. Per Marinetti il pranzo economico avrebbe ad esempio dovuto esser “degustato mentre un abile declamatore farà esplodere le liriche umoristiche del Poeta-Record Nazionale Farfa, imitandone la tipica voce di miope tubo di scappamento”. 

Al ricettario, Farfa – vitalissimo 54enne – offrì 7 ricette, anzi 7 formule (poi ristampate a Milano nel 1964, nelle “tuberie”, a cura del molto rimpianto Vanni Scheiwiller). 

Due premesse: 1) dopo il titolo, la qualifica “Farfa Poeta-Record nazionale” allude ai raduni regionali dove si proclamavano tali poeti, e in quello nazionale il campione da incoronare liturgicamente con casco lirico d’alluminio dentro un aereo in volo, anzi un idrovolante a 1000 metri in idrocorsa (il vincitore si designava, curioso criterio, per durata d’applausi). 2) Roob Coccola (ricetta 4) fu liquore della distilleria “Vlahov”, celebre per il maraschino.

Alcune ricette

1. Bianco e nero (formula del futurista Farfa Poeta-Record nazionale). Mostra individuale sulle pareti interne dello Stomaco d’arabeschi a volontà di panna montata spolverizzata con carbone di tiglio. Contro l’indigestione più nera. Pro dentatura più bianca. 

2. Terra di Pozzuoli e verde veronese (formula…). Cedri canditi, ripieni di seppie fritte e tritate. Masticarli bene come se fossero critici antifuturisti. 

3. Fragolamammella (…). Un piatto rosa, con due mammelle femminili erettili fatte di ricotta rosata al Campari e capezzoli di fragola candita. Altre fragole fresche sotto la copertura di ricotta per mordere un’ideale moltiplicazione di mammelle immaginarie. 

4. Garofani allo spiedo (…). Lunghi snelli cilindri di sfogliata. Infilarvi su ciascuno quattro garofani: bianco, rosa, rosso, porpora, rosolati nel rosolio freddo o nel Roob Coccola di Zara. Mangiandoli pensare al fu stile floreale. 

5. Carota + calzoni = professore (…). Una carota cruda in piedi, con la parte sottile all’ingiù, dove verranno applicate mediante uno steccadenti, due melanzane allesse in guisa di calzoni viola marcianti. Alla carota, lasciare le foglie verdi in testa, rappresentanti la speranza della pensione. Mandibolare tutto senza cerimonie! 

6. Caffèmanna (…). Caffè d’orzo abbrustolito, raddolcito con la manna. Servirlo caldissimo perché i commensali lo raffreddino fischiandovi dentro ognuno le barzellette più congelanti.

7. Senato della digestione (…). Quattro commensali ordineranno ognuno due vivande o bibite digestive conosciute. Oppure otto commensali una ciascuno. Gli altri invitati voteranno segretamente contro una o l’altra. Risulterà vincitrice quella che otterrà minori voti contrari. 

Come noto, sono in genere cerebrali esecuzioni, per non dir deliri, con virtuosistici modellaggi finali. Fra le ricette, benché il carbone di tiglio funga davvero da dentifricio e carminativo, e i fiori di garofano siano edibili, di fatto nessuna sopravvisse, e il Bel Paese, malgrado qualche curiosità mostrata ad es. da Ada Boni e dal Cucchiaio d’argento di Editoriale Domus (1950), sempre le reputò poco grate. 

L’afflato goliardico snob esotico, talora persino vintage, graffia confusamente la superficie ma non l’essenza del “far cucina”, incide tele come Fontana ma di là non svela un “altrove”, e si memorizza solo e soltanto grazie allo choc – vagamente dada – dell’incommestibile o quasi. Chi venerava la velocità, per contrappasso velocemente svanì dai ricettari reali (se mai vi fosse entrato). Sopravvivono forse solo alcuni risi, un poco più “euclidei” al palato d’oggi. 

Quanto a Farfa, egli si lega – come dubitarne? – anche all’ultimo flash futurista che Savona rammenti, inverno 1948, messa in scena al “Chiabrera” de I più vasti orizzonti, che compose con Acquaviva, altro futurista eclettico. Il futurismo benché al tramonto non si smentì, e l’evento chiuse fra strepiti. Così infatti annotò Luigi Pennone (Lupe!): “dopo il primo atto, finito tra gli applausi e i dissensi, la tipica cagnara delle serate futuriste dilaga nel secondo e nel terzo, seppellendo la recita in un indiavolato baccano”. Farfa, indocile farfalla(3)

  1. Sulle lito-latte, imprescindibile Silvia Bottaro, Nosenzo, prestidigitatore e re della latta, Omega, Torino 2009
  2. In origine su Il lavoro, 16/1/1931
  3. Goodnews: su Farfa è in uscita un’ampia monografia, di nuovo a cura di Silvia Bottaro, cui ho avuto il piacere di contribuire.

Umberto Curti

RINGRAZIAMENTO

Le immagini dei piatti futuristi sono state scattate presso il ristorante La Cloche 1967 (www.lacloche1967.it) di Torino durante la serata del 23 marzo 2019 organizzata da Clara e Gigi Padovani nell’ambito del progetto Pagine di Storia a Tavola. Lo chef Luca Taretto ha reinterpretato le ricette di Fillìa e amici: la Listavivande dopo la polibibita Giostra d’Alcol, prevedeva piatti come lo Scoppio in gola, Uova divorziate, Compenetrazione e Fragola Mammella. Clara e Gigi Padovani sono stati definiti dal «Corriere della Sera» la «coppia fondente» del food writing italiano, hanno pubblicato circa trenta libri di cultura agro-alimentare, tradotti in sei lingue. Critici gastronomici, collaborano a giornali, partecipano a trasmissioni di gastronomia e hanno vinto numerosi premi, come il Selezione Bancarella della Cucina, Res Tipica dell’Anci, Libri da gustare. Per maggiori info: www.claragigipadovani.com

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