A poche centinaia di metri dal casello autostradale di Albenga, la frazione Bastia è la tappa iniziale di una ipotetica strada del vino Pigato, che dal mare risale fino alla Valle Arroscia in provincia di Imperia. È pomeriggio inoltrato, il sole lambisce i grappoli ormai maturi pronti ad essere vendemmiati, esaltando ancor più le classiche pighe, quelle macchioline color ruggine che caratterizzano l’acino del pagato. Raggiungo l’azienda agricola Feipu dei Massaretti, dove mi aspetta Mirco Mastroianni il quale, prima di esaudire ogni mia curiosità e sete di degustazione, mi fa accomodare in una saletta e mi consegna un libro di ricordi con documenti che alla sola vista, mi convincono di essere davanti alla storia della viticoltura ligure: encomi di Veronelli, articoli di Massobrio, di Carlin Petrini; tutto il gotha del giornalismo enologico a tessere le lodi a questa cantina che nasce grazie all’intuizione e alla passione di un agricoltore che negli anni ’60 decide di trasformare l’azienda agricola specializzata in prodotti ortofrutticoli in una vera e propria cantina: Agostino “Pippo” Parodi, scomparso nel 2014 a 93 anni, con la moglie Bice è stato partigiano, viticoltore, amico di Luigi Veronelli, benemerito di Slow Food, il primo produttore di vini liguri a fregiarsi di Tre bicchieri della Guida Gambero Rosso. La cantina è stata una delle prime a vendere il proprio vino in bottiglia, ma soprattutto a esportare il prodotto fuori dai confini liguri, fungendo da apripista per molte altre aziende regionali. Il genero Mirco ha preso in mano la gestione della cantina dapprima affiancando il suocero rivoluzionario, colui il quale per primo scommise su un vitigno come il Pigato ormai quasi scomparso.
Oggi la Cantina Feipu dei Massaretti vanta 6 ettari di vigneto, e una produzione di circa ottantamila bottiglie all’anno tra, Pigato in primis, Rossese, Granaccia e due passiti. Nell’ammirare il “quaderno dei ricordi” scopro la profonda amicizia che legava Pippo e la moglie Bice al maestro Veronelli (il quale lo definì il più grande vignaiolo di Liguria e adorava il coniglio alla ligure della signora Bice): commovente una lettera nella quale invitava Pippo e la moglie a Verona per festeggiare l’ottantesimo compleanno dell’amico produttore. Altra scoperta è che il Pigato dei Massaretti era uno dei vini sempre presente nella riserva privata dell’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Veronelli non solo tesse grandi lodi al suo Pigato, ma per primo si congratula con Pippo perché l’etichetta riporta, unico tra tutti produttori, il luogo dove era stato prodotto il vino; ora, sull’onda di quella intuizione, altri produttori di Pigato menzionano in etichetta il cru di appartenenza. Le vigne di pigato sono tutte site nella regione dei Massaretti, in piano, su terreni molto sabbiosi e alluvionali; la loro vigna è un giardino nello stupendo eden agricolo che è la piana di Albenga.
Ancora oggi il prodotto di punta è il Pigato, presentato in due versioni (quello classico e la riserva “Palmetta”) affiancato dal Rossese e dalla Granaccia, i tre vitigni caratterizzanti la Riviera Ligure di Ponente. L’azienda fa ricorso all’utilizzo di tecnologia in cantina, sia riguardo agli impianti e macchinari che alla lavorazione: fermentazione a temperatura controllata, pressatura soffice, criomacerazione in riduzione, flottazione. Per i vini Rossi (Rossese e Granaccia) si utilizza il metodo tradizionale della diraspatura con fermentazione sulle bucce e rottura ripetuta del cappello mediante rimontaggi e ossigenazione. Il primo vino che mi accingo a degustare è il Pigato di Albenga che si presenta di un colore giallo paglierino con riflessi verdolini, limpido e scorrevole. Olfattivamente il vino è varietale: schietto, fine con sentori di pesca matura, e un inconfondibile profumo di cedro. In bocca è sapido come il vento marino, erbaceo, con una acidità contenuta, armonico e rotondo. Ottimo in abbinamento con antipasti di pesce, minestrone alla genovese, gnocchi e trenette al pesto, verdure ripiene, pesci al forno leggermente salsati. Ma la caratteristica che colpisce di più è la bevibilità di questo vino che invoglia, se non si deve guidare, a finire tutta la bottiglia.
Il Pigato Riserva “la palmetta” è sicuramente frutto dei tanti studi e ricerche nel campo della modernizzazione enologica: ottenuto in criomacerazione (raffreddamento delle uve prima della pressatura) per esaltare maggiormente i profumi, vinificato in ambiente totalmente saturo per far sì che il mosto non abbia contatto con l’ossigeno e non inneschi processi ossidativi. Visivamente si presenta scorrevole, di un giallo paglierino carico con riflessi verdolini che fanno trasparire la gioventù del prodotto. Al naso è intenso, complesso, con profumi erbacei di fieno ed erbe aromatiche (salvia e timo), floreale (ginestra), fruttato (pesca matura e sentori citrici marcati). In bocca è secco e morbido, sapido, di buona struttura; persistono i sentori aromatici prima descritti e un finale caratterizzato da un retrogusto amarognolo che ricorda la mandorla, tipico del Pigato. Vino intenso e persistente che si sposa con tartare di pesce, primi con salsa di noci, risotti ai crostacei, secondi piatti salsati, il famoso brandacujun, e formaggi a pasta molle.
Il primo rosso in degustazione è ottenuto da uve Rossese, clone del più famoso Rossese di Dolceacqua. Si presenta di un rosso rubino brillante che fa presagire ad una buona acidità, scorrevole; al naso prevalgono sentori fruttati intensi, dove emerge nettamente la fragolina di bosco e la rosa canina. In bocca è secco, asciutto, leggermente tannico, sapido, fresco, con sentori di frutti di bosco, sufficientemente persistente. Vino da tutto pasto che ben si sposa con le focacce e le torte liguri, la sardenaira, la zuppa di pesce, e lo stoccafisso accomodato.
La Granaccia è vinificata in purezza, con rimontaggi giornalieri, ossigenazione e rottura del cappello. Solo un 15% del vino matura in botti di legno per poi venire assemblato. Vino di colore rosso rubino intenso con orli violacei da giovane, rubino vivace con tonalità tendenti al granato, dopo un giusto affinamento. Al naso è intenso, vinoso, fruttato, persistente, con sentori di confettura, di piccoli frutti boschivi, resine e liquirizia. In bocca è secco, morbido, asciutto, caldo, fresco e tannico, con un ottimo equilibrio tra le sue componenti. Adatto ad accompagnare portate come tagliatelle ai funghi, cacciagione, coniglio alla ligure, trippe in umido e formaggi lievemente stagionati.
La cantina produce inoltre due vini dolci passiti, uno da uve pigato “la Bice”, l’altro “il Pippo” da uve rosse Granaccia. L’appassimento avviene in due fasi: sulla pianta e successivamente in locale areato. “La Bice”, in onore della compagna di Pippo Parodi, è ottenuto con una fermentazione molto lunga, che supera i tre mesi: questo fattore fa si che si possano estrarre tutti gli aromi del pigato. Tutto ci riporta al pigato: già il colore giallo dorato ricorda il grappolo maturo baciato dal sole; il vino si presenta denso alla roteazione, segno chiaro della struttura che lo caratterizza. Al naso è intenso, pieno, complesso con sentori di fieno secco, frutta matura, frutta secca (albicocca disidratata, fico, noci e nocciole) zafferano e resine boschive. In bocca è caldo, di corpo, morbido, sapido, sorretto da una adeguata acidità che non fa percepire tutto lo zucchero residuo che è rimasto dopo la fase fermentativa. Vino molto persistente e longevo nel tempo, abbinabile a dolci di pasticceria secca con mandorle e nocciole, al classico pandolce genovese, ma anche a formaggi di media stagionatura. Vino sorprendente. Il secondo vino dolce aziendale è un rosso, ottenuto da uve granaccia appassite, lasciate fermentare sulle bucce per 4/5 giorni e poi proseguire a fermentare per 60/70 giorni, parte in acciaio (40%) e parte in barrique. Alla vista si presenta di colore rosso rubino e unghia aranciata, denso alla roteazione. Al naso è intrigante, complesso, con marcati sentori di amarena e lampone, confettura di fragole e leggera speziatura. In bocca il gusto è pieno e persistente, con aromi di frutta secca (prugne secche e fichi) e di confettura, sapido, con una leggera tannicità e una buona freschezza; due fattori questi ultimi che rendono il bicchiere per nulla stucchevole. Da provare assolutamente con crostate a base di confetture di ciliegie, amarene, fragole e frutti rossi, una millefoglie con crema pasticcera e lamponi o con qualche dolce dove il cioccolato non sia troppo invadente.
Franco Demoro