La (Ri)nascita di un vino diverso

Bolognese per nascita, vicentino per adozione, ligure per amore. Stefano Legnani è (ri)nato circa dieci anni fa, in Bradia, a Sarzana. Sì, in qualche modo si può dire che è rinato, perché Stefano ha una vita passata, quella da agente di assicurazione e una vita presente, quella da vignaiolo. Già socio fondatore di VinNatur e della Serenissima Accademia del Gusto, ha la possibilità di dedicarsi alla vigna grazie alla moglie, Monica Faridone, di Sarzana, che, proprietaria del terreno, offre a Stefano la possibilità di reimpiantare il vigneto sotto casa per dare un po’ di uva all’amico Andrea Spagnoli conciliando il lavoro e la passione tra Vicenza e Sarzana. Finché un giorno accade che l’impietosa peronospora larvata spazza via speranze e fatiche, distruggendo quasi ogni frutto del vigneto. È l’evento “X”, quello che fa arrabbiare Stefano, quello che lo porterà davanti alla necessità di fare una scelta. Ecco la (ri)nascita, il punto zero, il sogno che Monica ha regalato a Stefano e che aspettava solo di essere “coltivato” per diventare la sua nuova vita.

Un ettaro di terreno vicino casa, a soli 13 metri sul livello del mare, interamente piantato a Vermentino e il recupero di qualche vigneto abbandonato nei dintorni dai quali attingere ad un po’ di varietà: Trebbiano, Malvasia di Candia, Malvasia Toscana e Albana. Scelta quest’ultima che nasce dalla voglia di restituire un vino del passato, un vino degli antichi, quando “si beveva quello che c’era”. Risultato della produzione sono due Vermentini in purezza e un uvaggio. Sono: Ponte di Toi il Vermentino del terreno di Stefano che prende il nome proprio dal luogo dove sorge il suo vigneto – Loup Garou, (lupo mannaro di Willy Deville), che è una seconda versione del medesimo Vermentino ma dedicato alle annate migliori e che riposa lungamente sul feccino – Bamboo Road l’uvaggio proveniente dalle vigne disposte lungo il vialone di canne che porta a Marinella.

Duemilacinquecento bottiglie circa al primo anno di produzione ufficiale: dieci, dodicimila bottiglie di produzione ad oggi. Numeri che diversamente da altri casi, non raccontano una storia di espansione, di acquisizione di vigneti, ma di un vigneto che cresce e acquisisce forza con la cura e la mano di chi se ne prende cura. Nella quantità intesa come miglioramento delle capacità del vigneto quindi e non come aumento della superfice. In ogni caso, ieri come oggi, il vino non appena imbottigliato viaggia quasi tutto per Giappone, Usa, Svizzera, Polonia, Belgio, Francia e Australia. Una nota dolceamara questa, perché se da un lato si tratta certamente di un dato lusinghiero dall’altro mi viene voglia di dire che forse ci perdiamo qualcosa. Vediamo cosa.

Il vigneto in Bradia, a Sarzana, è registrato per la produzione del Vermentino DOC. I trattamenti tengono la chimica quanto più lontano possibile. Le analisi delle uve le fa Stefano; come le fa? Usa il suo palato, le sue sensazioni, le sue emozioni. Giusto o sbagliato? Al bicchiere l’ardua sentenza. Una volta raccolte le uve e poste in vasca la fermentazione parte spontaneamente e procede senza controllo delle temperature. Sì, fermentazione ed evoluzione del vino dalle vasche alla bottiglia, sono fuori dal suo controllo. Ed è proprio questo a piacergli.

Perché Stefano ci spiega che il suo obiettivo non è quello di “fare il vino”, ma quello di essere la mano che lo accompagna a diventare ciò che lui vorrà essere. Una volta pronto, lo imbottiglia, non lo filtra. Non gli piace l’idea di lavorare per sottrazione; perché mai togliere qualcosa – dice – forse che noi ci sogneremmo mai di toglierci il cappotto per affrontare l’inverno?! Allora, con la stessa logica, vuole lasciare al suo vino proprio tutto quanto gli appartiene e tutto quanto possa servigli per affrontare l’impatto del tempo.

In Stefano in effetti c’è la dolcezza di chi ama, di chi parla alle sue “signorine” (così chiama le sue vigne) o al vino in vasca, di chi accompagna la sua creatura ad essere nulla di più e nulla di meno di ciò che vorrà essere.

Così dentro questi vini c’è davvero tanto; i colori sono luminosi, i profumi sono intensi, il palato è singolare. Il bicchiere, nel suo complesso, è inaspettato e fa venire voglia di berne sempre un altro sorso. È un bicchiere che racconta la Liguria in un modo diverso. Non so e forse non sa nemmeno lui, se nel bere il suo vino ci si possa aspettare che sia più Vermentino o più vino di Stefano. Ma di certo c’è che quello che fa è davvero interessante, per come lo concepisce, per il risultato che ottiene. Del resto, se ci fermiamo a riflettere, ogni metro di Liguria è diverso dal suo circostante, per cui Stefano, col suo vino diverso da molti altri non fa che raccontare un pezzo di Liguria e un pezzo di sé collocandosi perfettamente nel contesto di cui fa parte e che ha accolto la sua (ri)nascita.

Elisa Alciati

Contatti: Azienda Agricola Stefano Legnani – Via dei Molini 72, 19038 Sarzana (SP) – Tel. +39 348 2229695 – s.legnani@legnani.com – Distribuito da www.meteri.it

Ti potrebbe piacere anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *