I Fieschi furono un casato “genovese”, il più in vista nella complessa stirpe dei Conti di Lavagna. Ripetutamente filofrancesi e guelfi, originarono da Ugo, che fra i secoli XII e XIII si diede nome Fliscus. Ancor prima, peraltro, i Conti di Lavagna erano potentissimi, e con forza guerreggiarono (al tempo di Federico I) contro la Repubblica di Genova, ma nel 1166-1198 fu loro concesso solo il “contado”(o meglio contea) da cui avevano già preso il nome. Venivano nominati fra le 4 famiglie egemoni di Liguria (Conti di Ventimiglia, Marchesi Carretto da ponente, Conti di Lavagna e Marchesi Malaspina da levante), in qualche modo accomunate per origini e dominî ma forse ancor più – come affermarono insigni studiosi – da legami di sangue con la nobilissima “stirpe” dei Borgogna o d’Alemagna. I Fieschi, Conti di Lavagna, discenderebbero dunque, specificamente, dai Duchi di Borgogna o di Baviera, 7 secoli di storia.
I primi eventi di rilievo datano attorno al 1243, allorché Sinibaldo Fieschi divenne papa Innocenzo IV e – affiancandosi al cardinal Guglielmo Fieschi – rivolse il casato contro l’imperatore Federico II ed ovviamente i ghibellini. Da parte sua, Alberto Fieschi si schierò contro Manfredi, e il cardinal Ottobono Fieschi (il futuro, benché per breve tempo, papa Adriano V) sostenne attivamente Carlo d’Angiò. Le vicende bellico-politiche (comprese alcune alleanze con Comuni e signorie del nord Italia) consentirono ai Fieschi – ed ai Grimaldi (1), tradizionalmente sodali – un breve predominio a Genova in aperta ostilità coi Doria e gli Spinola, finché la reazione ghibellina ne stroncò le ambizioni, e ad Alberto Fieschi toccò l’esilio fino al 1276. Morendo infine Ottobono (Adriano V) e fallendo la rivolta di Opizzo del 1289 (una targa in Genova tuttora la rammemora per monito, presso via Cairoli), i Fieschi dal 1295 scontarono nuovo esilio.
Puntualmente esclusi dal dogato popolare, inaugurato a Genova dal 1339 anche grazie al tumulto antifiscale dell’antica corporazione dei macellai, invocarono l’aiuto prima dei Savoia e poi della Francia (fine secolo XIV). Nondimeno, furono gli anni in cui il cardinal Luca Fieschi (due volte messo apostolico in Inghilterra) soccorse papa Bonifacio VIII imprigionato ad Anagni dalla Francia e dai Colonna, ed in cui riuscì ad acquistare il Sacro Catino (ove Gesù Cristo si sarebbe deterso le mani durante l’ultima cena) per farne dono al duomo di San Lorenzo – nel cui Museo è tuttora -. A ciò s’aggiunga che un suo lascito permise l’edificazione di Santa Maria in via Lata, a Carignano (1336).
Fallirono poi anche le congiure del 1422 (Giovanni Antonio Fieschi diventando uno degli 8 cosiddetti capitani della libertà finì giustiziato dal doge Giano Fregoso) e del 1425 (contro la signoria di Filippo Maria Visconti).
Nella seconda metà del ‘400 si distinse il ramo savignonese, ad esempio Matteo, ferocemente anti-sforzesco e capitano del popolo (a Savignone i Fieschi avevano addirittura ottenuto dall’imperatore di batter moneta). Fu tuttavia l’età soprattutto di Santa Caterina Fieschi da Genova (1447-1510), sposa di Giuliano Adorno, la quale nel 1473 convertì la propria esistenza per assistere gli infermi (nel 1497 e 1501 a Genova imperversò la peste). Di lei ci rimangono il Trattato del Purgatorio e il Dialogo tra anima, corpo, amor proprio, spirito, umanità e Dio. Canonizzata da papa Clemente XII nel 1737, è festeggiata il 22 marzo. Ed anche l’età della mistica Tommasina Fieschi (1448-1534), in contatto con Caterina, sempre vicina ai bisognosi, domenicana e a propria volta scrittrice.
Dei Fieschi restano sul territorio ligure, basso-piemontese e della Val di Taro, già emiliana, numerose vestigia, a testimoniare un’influenza a suo tempo vasta. Sono ben 21 i Comuni, rurali e no, a vario titolo caratterizzati – specie lungo transiti commerciali o corsi d’acqua… – da castelli, palazzi, possedimenti riconducibili ai Fieschi: Grondona, Cabella Ligure, Carrega Ligure, Casella (notevole l’insieme secentesco quasi all’arrivo del trenino che sale da Genova), Crocefieschi (Palixono), Savignone (la piazza col Palazzo era stata insediamento benedettino), Montoggio, Torriglia (già malaspiniana), Montebruno, Rovegno, Fontanigorda, Rezzoaglio, Santo Stefano d’Aveto, Borgo Val di Taro, Sestri Levante (a Trigoso il palazzo e la chiesa sorsero per iniziativa di Adriano V), Lavagna (dove ogni 14 agosto si celebrano il corteggio e le “nozze” fra Opizzo Fieschi e la contessina senese Bianca de’ Bianchi, vedi www.tortadeifieschi.it e www.sestierilavagna.it), Cogorno (dove visitare in frazione San Salvatore la magnifica basilica ducentesca iniziata da Innocenzo IV e terminata da Adriano V), Ne, Neirone (la chiesa fu ampliata dal cardinal Luca Fieschi), Pignone, Calice al Cornoviglio, Brugnato, Sesta Godano, Vezzano Ligure…
Un tour d’inesauribile fascino, dunque, e nel cui àmbito degustare prodotti della terra, del mare e ricette creative, pani e focacce con diverse farine, il bagnön d’anciöe di Riva Trigoso, croxetti, testaroli (la Val Graveglia “apre” il levante), torte di verdura, castagne grasse (“cuighe, castagne e côi”), ravioli della tradizione contadina, piccole produzioni amicali di salumi, cacciagione, lumache, funghi, trote, erbe spontanee e aromatiche, formaggi (la Val d’Aveto anzitutto), torte dolci (Casella…), pasticceria secca (i canestrelletti di Torriglia…), miele (Calice al Cornoviglio gli intitola un museo), prodotti a base di rose (Valle Scrivia anzitutto), ortaggi (ad esempio la “piana” dell’Entella vanta un microclima perfetto per la Brassica oleracea), specificamente legumi (i borlotti di Mangia a Sesta Godano), mele di antiche varietà, birre artigianali, olii extravergine (da Ne al Tigullio), liquori da fine pasto (Cogorno)…
La fine dei Fieschi – già in ambasce economiche – si imputa a buon diritto alla fallita cospirazione del 2-3 gennaio 1547. Il venticinquenne Gian Luigi il Giovane, nato da Sinibaldo Fieschi e Maria della Rovere nel 1522, si prefisse (per motivi mai chiariti?) l’uccisione dell’ammiraglio Andrea Doria, del nipote adottivo Giannettino e del suocero di costui, Adamo Centurione, e l’elezione a doge di Barnaba Adorno. Morirà il solo Giannettino, così come Gian Luigi annegherà nell’assaltare le navi in darsena dei Doria. A tali eventi si ispira il celebre dramma di F. Schiller del 1782-1783 Die Verschwoerung des Fiesko zu Genua, che ritrae il leader degli insorti come un campione della libertà (Schiller lo scrisse ventitreenne…). La rivalsa dei Doria fu – come ovvio – rapida, con l’assedio dei “dodicimila colpi” e la presa – fra l’altro – del tuttora esistente castello Fieschi a Montoggio (11 giugno), e pose fine a qualsiasi velleità fliscana, benché Scipione, fratello di Gian Luigi, proseguisse quel ramo di Torriglia e Fontanigorda che durò sino ad inizio Ottocento (2). E’ da notarsi che fra gli assediati, al comando del conte Girolamo, fratello minore di Gian Luigi, che invano attesero un aiuto dalla Francia, dal papa e dai Farnese, militarono uomini provenienti un po’ da tutti i territori, anzitutto l’Appennino, su cui i Fieschi esercitavano il potere (e/o detenevano beni allodiali): Pontremoli, Varese Ligure, Garbagna, Varzi… Alcuni cadranno con Girolamo, decapitato il 12 luglio dopo breve processo presso l’eremo di San Rocco, al termine della presa del castello ad opera del capitano genovese Sebastiano Lercari (3).
(1) che a fine ‘200 con una sorta di audace “colpo di mano” s’insediarono a Monaco…
(2) fra tanti studi mirabili, cito qui solo Romeo Pavoni, I Fieschi in Valle Scrivia, in I Fieschi e l’alta Valle Scrivia. Atti del convegno di studi (28/10/1989), in Atti dell’Accademia Ligure di Scienze e Lettere, s. V, XLVI (1989), pp. 293-302, e Daniele Calcagno, Il castello di Montoggio. Vita quotidiana in un castello ligure fra XV e XVI secolo, st. Grafica Piemme snc, Chiavari, 1999
(3) come detto, i Fieschi poterono ancora “signoreggiare” su alcune aree, a macchia di leopardo, ad es. nel 1685 acquisirono il castello di Senarega a Valbrevenna
Umberto Curti