La vedi dall’alto, non appena uscito dal casello, e capisci subito come abbia fatto innamorare di se regine e pittori, russi e inglesi. Bordighera è un elegante pugno di case che si tuffa in mare, un mare blu, più volte premiato con l’omonima Bandiera, che si confonde col verde di viali e collina. Affacciata sul mare la Città Alta è un dedalo di caruggi che si aprono, a sorpresa, su piccole piazze e terrazze. Un luogo incantato, caratteristico, uno scrigno da scoprire passeggiando con calma, per lasciarsi incantare dagli scorci di azzurro che, in alto, si vedono tra i tetti. “Poche case ammucchiate sopra un’altura che formano un labirinto di vicoli in salita e discesa, dove spira l’uggia della fortezza antica eretta in difesa dei Saraceni”, scriveva Edmondo De Amicis a proposito di Bordighera. Ma Bordighera è città di mare, non a caso il suo santo protettore, Sant’Ampelio, scelse il promontorio, oggi a lui dedicato, per il suo eremitaggio. Secondo la leggenda l’anacoreta arrivò in Riviera nel V secolo dal deserto della Tebaide, portando in dono i semi delle prime palme da dattero. Viveva in una grotta tra gli scogli dormendo su un blocco squadrato di pietra della Turbie (la collina che domina Monaco). Quel blocco, oggi, è conservato come una reliquia nella cripta della chiesa, costruita sul promontorio nell’XI secolo e modificata nel corso degli anni.
Ma Bordighera è conosciuta anche per il suo lungomare, una passeggiata di due chilometri che corre accanto alla spiaggia, fiancheggiata da splendidi filari di “Araucaria excelsa” e da variopinti giardini con piante grasse e fiori. Da qui lo sguardo abbraccia la costa fino alla rocca della Turbie, ai grattacieli di Montecarlo, al promontorio di Cap Ferrat e oltre. Fu Evita Perón, nel luglio 1947, a tagliare il nastro della passeggiata, una sorta di portafortuna per quello che sarebbe stato il futuro turistico di Bordighera. E sempre davanti al mare che dire del Marabutto, un angolo ricco di suggestione e storia. I suoi tre vecchi cannoni dell’antica batteria costiera hanno ognuno un nome: Butafoegu, Tiralogni e Cagastrasse, ma nel 1812 nulla poterono per impedire lo sbarco da due fregate e un vascello inglesi. Proprio gli inglesi fondarono nel 1878 il primo tennis club italiano, una delle testimonianze della stagione che vide Bordighera divenire centro turistico prediletto da un’elite, inglese ma non solo, conquistata dalla dolcezza del clima e dalla natura lussureggiante.
Una natura rigogliosa, a volte selvaggia, che si ritrova in una delle passeggiate più famose, il Sentiero del Beodo, lungo il percorso dell’antico canale dell’acquedotto (béodo) che portava in città l’acqua. Il sentiero parte poco oltre la Città Alta (verso la Via dei Colli), passa sotto un tunnel, risale la valle del torrente Sasso seguendo il tracciato di una vecchia mulattiera; procede poi a mezza costa, lungo le fasce sostenute da muri a secco, tra mimose e ginestre, olivi, piante grasse e ciuffi di palme. Nel primo tratto offre imperdibili scorci sulla costa, quindi svolta verso l’interno, fino a raggiungere la piccola frazione di Sasso. Ne scriveva Charles Garnier: “Ecco una delle passeggiate più entusiasmanti di Bordighera, che ogni artista non può dimenticare…una successione ininterrotta di tanti angoli nei quali si armonizzano forma ed eleganza”.
A raccontare la presenza inglese e la loro importanza, sulla via Romana, omaggiato dal gigantesco Ficus Macrophylla che ne presiede l’ingresso, sorge il Museo Biblioteca Bicknell, il primo Museo della Liguria Occidentale. La visita consente di ritrovare l’atmosfera in cui visse la colonia inglese che, dalla seconda metà dell’Ottocento agli anni che precedettero la seconda Guerra Mondiale, fece di Bordighera la propria meta favorita. Clarence Bicknell di quella colonia fu illustre componente: personalità eclettica, filantropo, esperantista, appassionato di archeologia, scoprì le incisioni rupestri preistoriche del Monte Bego, nella Valle delle Meraviglie.
E poi le ville. Villa Regina Margherita, costruita tra il 1914 e il 1916, fu voluta dalla prima regina d’Italia, innamorata di Bordighera sin dal 1879, che la frequentò ogni anno per soggiorni sempre più lunghi, ed è qui che morirà il 4 gennaio 1926. Ma la regina Margherita acquistò anche Villa Etelinda, costruita nel 1875 e immortalata da Claude Monet nel dipinto “Les Villas à Bordighera”. Nel 1914 la villa e la grande proprietà annessa (i giardini furono progettati da Lodovico Winter), che dalla Via Romana giunge sino alla Via dei Colli, furono acquistate dalla Regina Margherita, che vi aveva già soggiornato una prima volta nel settembre del 1879 quando scelse Bordighera per ritemprare la sua salute, fortemente scossa dall’attentato contro Umberto.
E parlando di Monet ecco il legame di Bordighera con l’arte, a cominciare da Villa Pompeo Mariani: l’artista nel 1908 acquistò questa elegante villa tra gli ulivi, attribuita a Charles Garnier. Nel 1911, Mariani fece costruire dall’architetto Rodolfo Winter (figlio di Lodovico Winter) un atelier tra gli alberi, battezzato “La Specola”, dove riceveva le visite dei numerosi amici e ammiratori, tra cui la Regina Margherita. E che dire di Claude Monet? Quest’anno Claude Monet torna in Riviera, e lo fa nell’esposizione in programma a Bordighera e Dolceacqua dal maggio al luglio 2019. Villa Regina Margherita, nella città delle palme, e il Castello Doria, nel borgo dell’entroterra, diverranno cornice per tre delle oltre 40 opere che il maestro dipinse nel 1884, proprio in questo angolo di Liguria.
135 anni sono infatti passati da quei giorni, tra il gennaio e l’inizio di aprile, che videro a Bordighera un Claude Monet affascinato dalla luce, dalla natura lussureggiante, dagli scorci che gli si aprivano innanzi durante le sue escursioni. E queste suggestioni sono ancora vive e presenti sul territorio, integre dinanzi a noi.
Solo arte, paesaggio e cultura? Certo che no, Bordighera è anche altro, gusto, ristoranti (alcuni veramente interessanti) e sapori tradizionali. Che gli agrumi fossero una fonte importante di reddito è un dato di fatto.
A Bordighera, grazie al clima, si coltivò per molti anni il limone, il “Bugnetta”, una delle varietà storiche della Riviera, e, assieme a Sanremo, la cittadina divenne una delle principali piazze di produzione e commercializzazione dei limoni.
E per i più golosi come dimenticare i Bescuteli di Bordighera, piatto tipico della tradizione agro-alimentare e gastronomica bordigotta, la cui origine si perde nel tempo e la cui storia è stata tramandata oralmente di generazione in generazione. Trae origine da una consuetudine legata alla festa di Sant’Ampelio, patrono della Città. La sua fama può essere fatta risalire all’apprezzamento che la Regina Margherita manifestò nei confronti di questo piccolo dolce, a lei offerto dai pescatori locali proprio in occasione della festa di Sant’Ampelio. Nel 2010 è stata riconosciuta la DE.CO. (Denominazione Comunale di Origine). Le caratteristiche e le modalità di lavorazione dei “Bescuteli di Bordighera” sono dunque definite da un disciplinare di produzione e commercializzazione redatto sulla base della tradizione e degli usi locali. Si utilizzano esclusivamente farina, zucchero, uvetta, pinoli, olio extra vergine di oliva cultivar “taggiasca”, semi di finocchio, lievito di birra, sale e latte.
Stefano Pezzini