In Liguria si produce la prescinsêua da almeno otto secoli e ancora oggi il successo di questo singolare prodotto è legato indissolubilmente ad alcune specialità gastronomiche regionali. Per chi non la conoscesse, diciamo subito che si tratta di un formaggio fresco, leggermente acidulo, solitamente ottenuto da latte vaccino. Ingrediente fondamentale per preparare la classica torta pasqualina di bietole, oggi la prescinsêua divide curiosamente in due la Liguria: fra il genovesato e la parte orientale della regione è un prodotto di uso comune che entra in molte preparazioni di cucina, in tutta la parte occidentale, invece, è molto meno conosciuta e sono ancora in tanti a non sapere neppure cosa sia. Ciò che però stupisce maggiormente è che le fonti documentali più antiche provengano proprio dai territori del ponente, in particolare da Noli, 1254, e da Albenga, 1288 (fonte: Fiorenzo Toso). Se è superfluo ricordare che le prescizolam e presinsoria di allora potevano essere differenti dal prodotto attuale, è ragionevole pensare si trattasse comunque di formaggi freschi con caratteristiche molto simili agli omonimi odierni. Certamente variabile è stato per secoli il tipo di latte da cui si ricavava la prescinsêua. Non sono rare, infatti, le attestazioni in cui si specificava trattarsi di prodotto anche ovino, come già chiariva il medico genovese Ambrogio Oderico, nel Quattrocento, spiegando che la prescinsola, se proviene da mucche della nostra zona giovani e sane, o da pecore simili, ed è fresca, con la giusta quantità di sale, fra gli altri [formaggi n.d.r] è molto digeribile (De regenda sanitate consilium, Genova XV secolo). Non parliamo poi delle varianti determinate da differenti sfumature della lavorazione o da eventuali stagionature. Interessanti conferme in tal senso provengono da un documento cinquecentesco nel quale si parla di prescenciuole dolce et agre e da un’altra fonte seicentesca riferita a presinsola veggio. Dunque, anche se la prescinsêua era un prodotto ben specifico, non mancavano le differenti tipologie che arricchivano l’offerta e probabilmente indirizzavano le scelte dei cuochi secondo le varie necessità. E se l’uso in cucina come ingrediente di molte preparazioni era certamente assai diffuso, se non proprio prevalente, non mancava, altrettanto, l’impiego diretto come prodotto finito. È il caso, per esempio, del presinsola veggio di cui sopra, che nel documento è definito per antipasto, quindi da gustare direttamente come formaggio da tavola.
Ancora incerta l’etimologia di prescinsêua. Piuttosto praticata l’ipotesi che derivi da presù, vocabolo genovese che indica il caglio. Altrettanto degna una seconda teoria espressa a un suo omologo siciliano, anni fa, da Giovanni Rebora, grande esperto di Storia dell’Alimentazione. Ridotta a semplicità, l’ipotesi dei due studiosi porterebbe a considerare prescinsêua come possibile derivazione di “pre-cingere”, ovvero, un formaggio che termina la sua lavorazione prima di essere racchiuso in una forma o fuscella. Qualunque ipotesi si preferisca, pare che al momento nessuna convinca definitivamente, quindi dovremo continuare a gustare la prescinsêua senza conoscerne l’etimologia.
Tornando a tempi più recenti, a metà degli anni Ottanta del Novecento la prescinsêua era prodotta solo dall’azienda genovese Virtus e da pochi allevatori sparsi qua e là nel levante ligure. Le odierne confezioni per la vendita al minuto non esistevano e l’unico modo di acquistarla, ingrosso a parte, era trovarla sciolta da qualche formaggiaio o, in certe zone del levante, direttamente dai contadini. Proprio all’azienda Virtus si deve il merito di averne mantenuta la produzione, avviando la commercializzazione al minuto grazie a una storica collaborazione con la Centrale del Latte di Rapallo, oggi Latte Tigullio.
Se la destinazione primaria e quasi naturale della prescinsêua è la più classica torta pasqualina con le bietole, occorre rilevare che questo formaggio tanto versatile, viene impiegato anche in molte altre preparazioni tradizionali della cucina ligure, dalle verdure ripiene, alle torte di riso, ai ravioli – come suggeriva anche il grande poeta Martin Piaggio – alle frittate, ai polpettoni. In alcune aree del levante ligure la prescinsêua si aggiunge anche al pesto: è una tradizione piuttosto datata che talvolta fa storcere il naso ai puristi ma che merita un assaggio. Altrettanto diffuso era l’impiego nella focaccia col formaggio.
La più recente rivalutazione della prescinsêua ha stimolato la fantasia dei cuochi liguri che la propongono in abbinamenti “innovativi”, non mancando di usarla perfino nei dolci con risultati a dir poco sorprendenti (la crema con miele e frutta secca, il gelato, la cheesecake: provare per credere!).
Rimane il fatto che ci troviamo di fronte a un prodotto storico con caratteristiche così singolari da renderlo sempre attuale. E proprio questa sua riconoscibile personalità meriterebbe di essere ulteriormente divulgata, affinché la prescinsêua possa uscire dai confini naturali in cui è nata e cresciuta: c’è da star certi che sarà un grande successo.