Ameglia, ieri castrum medievale alto a dominar la piana, oggi Comune che riunisce anche le frazioni di Bocca di Magra, Cafaggio, Fiumaretta e Montemarcello. E’ parte del Parco naturale regionale di Montemarcello-Magra, un territorio verdeblu che incerniera contesti assai diversi, ora fluviali ora coltivati, ora interessati da attività produttive…
Questi luoghi, vivi ma dove si estenua al mare un fiume importante, che nei suoi circa 63 km cifra di sé la Lunigiana, furono non a caso cari – per limitarsi al ‘900 – a Vittorio Sereni, Cesare Pavese, Elio Vittorini, Eugenio Montale, Marguerite Duras… Paiono qui e là set fotografici questi spazi del buen retiro, perfetti – soprattutto in primavera e autunno – per il birdwatching, ma anche per i “silenzi” delle vele, ma anche per gli infiniti patrimoni archeoculturali, ma anche per ritrovar se stessi.
L’area – fra Etruschi e Celti – vide già transiti commerciali preromani (e dunque pre-Luni, 177 a.C.), nel cui àmbito spiccava anche il sale. La monumentale, ricca necropoli ad incinerazione di Cafaggio (seconda età del ferro, IV-III secolo a.C.) ha svelato con assiduità a partire dal 1976-77, oltre a resti rivelatori della vita quotidiana di quei Liguri Apuani, 54 tombe a cassetta con corredi maschili fortemente differenziati dai femminili: nei primi, armi, elmi, spade con fodero, lance. E viceversa, nei secondi, anelli, pendagli…, la grazia è rimasta attraverso i millenni – ça va sans dire – la prima arma di seduzione. Una frana interrò e isolò la necropoli, ma solo sino ad un nuovo utilizzo romano e tardo antico (I-II secolo d.C.). Una interessante villa marittima romana presenzia poi Bocca di Magra; le sue architetture, e la struttura termale, testimoniano i fasti del primo periodo imperiale (e ciò che vi è stato ritrovato è visibile presso il museo civico “Ubaldo Formentini” di La Spezia).
Si può amare Ameglia – amici lettori vi è già chiaro – per mille ragioni, io vi confesso di adorare Bocca di Magra, per il convento carmelitano di Santa Croce (con la cappella dell’antico, celeberrimo Cristo ligneo nero), come noto parrebbe – con l’intermediazione letteraria di Boccaccio – avervi soggiornato Dante, regalando ai cenobiti una copia dell’Inferno. E poi il borgo fortificato (fra i più belli d’Italia) di Montemarcello, epicentro di Monte Caprione, con l’orto botanico su Monte Murlo, e le vedute verticaleggianti di Punta Corvo, fra alti pini, odori di timo, colori di ginestre (consiglio sempre ai più “pigri” di raggiungere la favolosa spiaggia sottostante* col servizio via mare, per evitare i gradini verticalissimi della risalita). Fra gli usi locali, spicca ad Ameglia dal ‘400 – a chiudere i carnevali – il rito a cielo aperto, particolarissimo e “cruento”, del cosiddetto “omo ar bozo”, durante cui la comunità si concedeva – e si concede – la ribellione contro le iniquità tipiche del potere, originariamente feudale, che infliggeva dazi e gabelle. Un forestiero, il primo malcapitato che traversasse il territorio in tempi di carnevale, era infatti sequestrato, legato e costretto ad ascoltare una lunga sequela di verdetti (imputato paradossalmente per “aver istigato a ben fare” e per i casti costumi), e infine accettava, finto reo confesso, di venir condannato ad un tuffo nel “bozo” (uno specchio d’acqua per l’alimentazione dei mulini). Il reo – tuttavia – non affoga, anzi riemerge per banchettare in letizia coi suoi ex carnefici…
Quanto alla cucina locale, essa sciorina prodotti e ricette vari quanto il paesaggio circostante, dal monte al mare, tra vigne e ulivi. Peraltro, se scriverete il toponimo Ameglia ecco risuonar l’eco di Angelo Paracucchi… Il suo “La cucina della Lunigiana” (1981), con contributi – udite udite – di Mario Soldati e Gino Veronelli (col quale apparve anche in tv), è uno dei monumenti che più custodisco in quella raccolta di centinaia, forse un migliaio, di volumi food che presto o tardi vorrei destinare – donandola – alla collettività. Benché umbro di Cannara (PG), Paracucchi avviò ad Ameglia nel 1974 quella locanda le cui forme nitidissime e chiare dobbiamo al genio di Vico Magistretti. La stella Michelin e le prestigiose attività all’estero nobilitarono il percorso di uno chef coraggioso, ma sempre attentissimo alla materia prima (il prodotto come cardine del cucinare), che non di rado selezionava personalmente al grande mercato ortofrutticolo di Pallodola (Sarzana), e alle financo minimali tradizioni di borghi e frazioni. Alle mille pietanze del mare, ora più “plebee” ora più “patrizie” (acciughe, cefali, triglie, ma anche tonni, muscoli ripieni, bagna verde, zuppe…), sul vostro moleskine accosterete il “menestron” di verdure con tagliatelle fresche, pesto e battuto di lardo, le torte verdi e la torta di riso, la paniza, le frittelle di baccalà, lo zimino di seppie (con le biete), le giardiniere d’ortaggi, i “sciaca’n man” o “bati’n man” (frittelle di farina di mais), i testaroli e gli sgabei (finger food di molto spezzino), i fichi caprifico “binelli” di Montemarcello, il miele, in stagione i funghi, le castagne (a Cafaggio)… Nobili generose castagne, “pane” che nei secoli sfamò tante famiglie, è iniquo citarle per ultime…
Può bastarvi? Ma se vi regalerete Ameglia per i prossimi tour, amici lettori, raggiungetela da Lerici con la panoramica provinciale 28, che da La Serra, sorpassando la Tellaro di Mario Soldati, traversa Monte Caprione. Spazierete con la vista lungo tutto il Golfo della Spezia e, nei giorni più chiari e fortunatissimi, il mar Tirreno non si frapporrà neppure a Capo Corso. Attendo cartoline.
* per Legambiente, nel 2003, una delle undici spiagge più belle d’Italia. Ameglia, inoltre, anche nel 2018 ha meritato la bandiera blu FEE per la qualità delle sue spiagge.
Umberto Curti