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Dolcedo: tra Mongolfiere, Colori e Sapori

di Stefano Spezzini

I primi ad accorgersi della bellezza di Dolcedo sono stati i Clavesana, subito seguiti dai Genovesi, che proprio con i marchesi si scontrarono e si accordarono, sempre tenendo presente i fieri abitanti della “Piazza” che più volte si ribellarono all’oppressione degli uni e degli altri. Ma questa è un’altra storia, molto diversa da quella che si sta svolgendo oggi, quella di un borgo (il termine borgo deve essere letto come una sorta di medaglia al merito culturale, storico e turistico) che affonda le proprie radici nella sua storia e tradizione per lanciarsi nel mondo globalizzato facendo del suo local il punto di forza. Un punto di forza che la Val Prino promuove con grande forza e saggezza, facendo diventare il glocal (globale-locale) un must per il futuro. Non a caso Dolcedo è una delle mete preferite di un turismo multiculturale, i tedeschi da decenni hanno acquistato case e casolari per il loro “buen ritiro”, per vivere da vicino i sapori e i sapori dell’entroterra rivierasco.

Un entroterra dove il protagonista è sicuramente l’olivo, taggiasca in primo luogo, una coltivazione, quella dell’ulivo, che grazie ai monaci benedettini di Lerino, plasmò e disegnò il panorama della Riviera. A Dolcedo spinse gli abitati più a valle, mentre la costruzione di frantoi impose insediamenti lungo le acque dei torrenti dove potessero essere impiantati mulini ad acqua. E Dolcedo, posta alla confluenza del rio dei Boschi con il torrente Prino, era una riserva di acqua ed energia. Uno di questi, il frantoio Ghiglione, da quasi cento anni, la data di nascita è il 1920, continua la tradizione dell’olivicoltura, olio extravergine, bio, pesto, patè di olive e carciofi, insomma un tripudio di gusti ligustici, e oggi, accanto ai suoi prodotti, ha creato un punto vendita di eccellenze liguri.

Dolcedo, dolce collina rivierasca che guarda le Alpi Liguri, nel corso degli anni, dei secoli, ha cambiato pelle, si è aggiornata, ora punta anche sul turismo dell’outdoor, grazie al suo “papà”, il Monte Faudo, un tesoro di sentieristica, palestre di roccia, paesaggi e territorio capace di attirare, grazie anche alla valorizzazione che il Comune di Dolcedo sta facendo, un turismo, certo di nicchia, ma internazionale e con grande capacità si spesa.

Ok, ma dopo tutto questo spiegone, perchè bisogna fare una tappa Dolcedo? Per prima cosa per il suo centro storico, le sue chiese (racchiudono tesori artistici inestimabili), il Monte di Pietà (uno dei primi della Liguria), le sue frazioni. Già, le frazioni. A Lecchiore, ad esempio, sono imperdibili i laghetti, suggestive polle d’acqua. E poi Bellissmi, famosa per i Balui, piccole mongolfiere di carta che vengono fatte volare la prima settimana di settembre in occasione della festa della Madonna di Misericordia. La leggenda vuole che nel giugno 1790 Jacques Etienne Montgolfier giunse a Dolcedo con la sua inseparabile scimmia Elio ,fuggendo dai moti rivoluzionari della Francia. Appassionato di voli aerostatici, incontrò a Oneglia il canonico Languasco, anch’egli interessato all’argomento, e proprio a Bellissimi si fermò ad ammirare il panorama sognando voli fantastici…

 

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