Mauro Ricciardi è il ristoratore ligure che può vantare la più lunga anzianità di assegnazione della prestigiosa stella Michelin, universalmente riconosciuta come la consacrazione di uno chef. Ma la storia che lo porta ad ottenere questo risultato è veramente particolare. Chi si immagina che uno chef stellato debba aver sempre vissuto tra cucina e fornelli e che la passione sia già evidente in tenera età rimarrà sorpreso. Ricciardi nasce negli anni ‘50 a Ceparana in provincia di La Spezia in un mondo contadino nel quale la nonna forse la figura che instilla il semino che germoglierà ben oltre l’età del giudizio. Accomodati nel suo locale, Mauro mi parla dei ricordi del forno dove la nonna faceva il pane o gli arrosti (che spesso finivano bruciati) messi sul fuoco prima di recarsi nei campi. Fatto sta che il futuro chef frequenta un istituto tecnico e comincia la sua carriera come perito nell’Enel. Siamo negli anni ‘80 quando è ancora ben vivo il mito del posto fisso e la vita lavorativa sembra dunque segnata. Fino a oltre i 30 anni, quell’età che Dante considerava il mezzo del cammin di nostra vita, gli unici contatti che Mauro ebbe con la cucina furono le grigliate che organizzava per gli amici nel giardino di casa sua. Ma a questo punto qualcosa iniziò a cambiare e il futuro chef aprì nel 1985 quello che diventerà il suo regno per oltre 20 anni: la Locanda dei Tamerici ad Ameglia.
Mauro, preso dalla passione per la ristorazione, pensa seriamente di licenziarsi e lasciare il suo lavoro all’Enel ma il suo superiore lo convince a prendere un anno di aspettativa per vedere come andranno le cose. Alla Locanda nella prima stagione assume uno chef e si occupa della sala che in un primo momento è aperta solo ai clienti delle camere. Qui, grazie allo stretto rapporto instaurato con la clientela (accompagnato anche da qualche brutta figura) realizza che l’attività di ristorazione è ben più complessa di quello che si immaginava. Lascia quindi definitivamente il posto fisso all’Enel per seguire uno stage presso il vicinissimo ristorante Locanda dell’Angelo di Paracucchi (che ai tempi era l’unico in Liguria a fregiarsi della stella Michelin) che continuerà a frequentare anche negli anni seguenti. La stagione successiva decide di entrare definitivamente in cucina. Il dado è tratto ed è l’inizio della sua sfolgorante carriera. Coadiuvato in un primo tempo da un nuovo chef, Guglielmi, nel 1990 ristruttura completamente il locale e dopo poche stagioni rimane in cucina da solo liberando tutta la sua creatività. Nel 1996, inaspettata, arriva la consacrazione con l’attribuzione della stella Michelin che conserva fino ad oggi. Con un tale riconoscimento iniziano ad arrivare anche molte offerte per trasferire la propria arte in altre zone d’Italia e all’estero. Ma Mauro Ricciardi è troppo legato al suo territorio per abbandonarlo anche in presenza di forti lusinghe economiche. D’altra parte il nostro colloquio era cominciato con una dichiarazione d’amore per la cucina Ligure: Piemonte? Toscana? Solo la Liguria con la sua configurazione geografica di striscia di terra stretta fra mare e montagna può offrire una varietà di prodotti così sconfinata.
Si sposta, però, per frequentare stage e corsi di aggiornamento e diventa uno dei docenti dell’Alma, una delle più prestigiose scuole di cucina a livello mondiale.
Nel 2013 inaspettatamente lascia la Locanda dei Tamerici e, per uno strano destino, rileva la gestione della Locanda dell’Angelo dove aveva cominciato la sua avventura. Nella nuova location trova spazio una scuola di cucina che, grazie a contributi europei, prepara i giovani cuochi del futuro. Non solo: anche i semplici appassionati possono frequentare i corsi di avvicinamento e vedere all’opera lo chef. In questi corsi tutti i mesi viene inoltre ospitato anche un secondo chef stellato che presenzia e che è fonte di ispirazione e confronto.
Naturalmente i prodotti sono tutti di altissima qualità e vengono scelti direttamente da Ricciardi che viene avvisato in anteprima dai fornitori abituali sia per quel che riguarda il pescato di Ameglia sia per la cacciagione o per gli ortaggi di stagione. L’olio proviene da un piccolo frantoio di Cervo e la carta dei vini, curata dalla Sommelier e Maitre Paola, in una collaborazione ormai collaudatissima, mette in evidenza i vini liguri, con un focus particolare sul Vermentino della vicina Luni che viene consigliato con i piatti di pesce. E’ altresì molto stretto il rapporto con la Cantina Betina di Ortonovo.
Il menù proposto varia praticamente ogni giorno a seconda della stagionalità e della reperibilità dei prodotti. Ricciardi ama lavorare la carne e in particolare la selvaggina come germani e lepri, mentre per il pesce si affida a pescatori locali preferendo pesce come gallinelle, scorfani, sgombri e calamari alle ormai abusate spigole e orate.
Vi consigliamo quindi di provare il menù degustazione, presentato con due varianti, che ben vi farà entrare nella concezione di cucina di Ricciardi. Potrete assaggiare le Seppioline con salsa Topinambur e Ponzu, l’Insalatina con Triglia Grigliata o il Petto di Colombaccio con Insalatina Novella… lasciatevi guidare nel viaggio tra i sapori della Liguria da Mauro. D’altra parte tra i suoi clienti figurano calciatori, divi televisivi e non è un mistero che la sua cucina sia una delle preferite dall’attuale Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti.
Lo Chef ci deve lasciare per continuare la lezione con i giovani che frequentano il corso ma prima ci porta con orgoglio a visitare il suo regno: la cucina. E’ davvero una delle più grandi e spaziose che abbiamo mai visitato. Dopo i saluti ci soffermiamo a parlare con la moglie che pur avendo un ruolo importante nel successo di Mauro non ama essere in primo piano. Ci parla anche del rovescio della medaglia. Ricciardi è uno di quei cuochi che è sempre in cucina e che difficilmente lascia la sua squadra, quindi il tempo per la famiglia è limitato e i sacrifici, seppur ripagati dai riconoscimenti ricevuti negli anni, sono stati molti. Forse anche per questo il ristorante di Ricciardi è fra i pochi che nel periodo natalizio osserva un “religioso” stop saltando i classici pranzi e cenoni di sicuro ritorno economico per dedicare del tempo alla famiglia, un’abitudine naturalmente molto apprezzata anche dai suoi collaboratori.