Di Sarzana e di Spungata

Sarzana, quanto a nucleo urbano storicamente ben decifrabile, si correla all’anno Mille, protetta dalla collina (Sarzanello) su cui troneggia la fortezza, a presidio del fiume Magra e di un percorso d’intensi transiti e commerci. Sarzana è infatti crocevia interregionale lungo la celebre via Francigena. La fortezza fu voluta formidabile da Castruccio Castracani, con angoli turriti e potente mastio. Vi abitò il vescovo di Luni dal 1204, a completare le simbologie dei poteri con l’altra fortezza, centrale, chiamata Cittadella o Firmafede.

Varcata una delle suggestive porte che immettono all’abitato, colpisce soprattutto la quantità e qualità delle palazzate, ricche di botteghe, artigiani, antiquari e atelier che possono approdare il turista a Piazza Matteotti, oggi ampia “agorà”. Due sono le chiese irrinunciabili: la pieve di Sant’Andrea, la più antica di Sarzana, in via Mazzini, ricostruita nel ‘300 ma, in origine, significativa testimonianza di romanico (l’interno propone scultura e pittura notevoli). E la Cattedrale di Santa Maria Assunta, completata nel 1474 dopo protratti e laboriosi interventi, dove ammirare la più antica croce italiana dipinta di cui si abbia riferimento, un Crocefisso del 1138 di Mastro Guglielmo, firma tra le migliori di quel momento gotico in Italia.

L’eredità triregionale (e rurale) del luogo si palesa immediata anche in senso gastronomico, i ricettari poggiano su cereali, ortaggi, funghi, cacciagione, anguille, castagne, noci e nocciole, inoltre verso ponente e la Liguria si affermano i testaroli, verso la Lunigiana massese e parmense i panigacci (a Podenzana un vero cult). Testaroli e panigacci, lo si scriva nitido una volta per tutte, sono patrimoni diversi e distinti.

La Sarzana di un tempo era – non di rado – tour di mescite spartane, ma talvolta con bei marmi dalla vicina Carrara apuana, e di ristori dove morsicare roventi farinate e qualche altra torta o cosa del giorno, street food da piluccare ungendosi le dita, ma oggi tanto assurte a cifre regionali trendy ben più che “plebee”.

Tuttavia l’attento gastronauta a Sarzana e dintorni può individuare altro, il buon extravergine (1), il pan “marocco” col trito d’olive nere (altri impasti vengono farciti con salsiccia), sgabei e crescentine (per le prosciutte, per i pecorini che entusiasmarono il poeta latino Marziale…), le “scarpazze” (torte d’erbaggi il cui nome allude alle ceste da dorso (2)), le torte “sceme” (cioè torte di riso che più basiche non si potrebbe), sua maestà il farro, la “spungata” (una lussuriosa sfoglia o pastafrolla con confetture, frutta secca e canditi, d’uso natalizio (3)), il “buccellato” (ciambellone dal nome latineggiante (4)), la focaccia dolce con frutta secca e semi d’anice di cui parla anche lo scrittore torinese Mario Soldati in Vapor di Val di Magra (1959). Peculiari sono infine una cultivar di zucchine, la “alberello” (latinoamericana), simile alla varietà genovese, e versatile nelle trenette col pesto ma anche nei fritti, e il ciliegio durone (5), con frutto a polpa dura, ottimo per confetture e sotto spirito.

Quanto ai vini, la DOC Colli di Luni – istituita nel 1989 ma modificata nel 1995, 2008 e 2011 – propone Vermentino in purezza (min. 90%), Albarola in purezza (min. 85%, chiamato anche calcatella), Bianco (vitigni vermentino min. 35% e trebbiano toscano 25-40%..) e Rosso (vitigni sangiovese min. 50%, e canaiolo e/o pollera nera e/o ciliegiolo nero). Fra i produttori, spiccano Giacomelli, Lambruschi, Lunae, ma ogni bonvivant rivendica le proprie preferenze…(6)

Sia come sia, Sarzana calling!

Spungata Tour

Tempo fa Luca Traverso, il migliore fra le centinaia di allievi che ho formato nei corsi professionali, ha affrontato a Sarzana un vero e proprio, prezioso, “spungata tour”, dialogando con cortesi pasticceri e scattando foto magnifiche. Talvolta le ricette possono subire minimali variazioni in base alle disponibilità di materia prima sul mercato. Luca ha incontrato “La Fortezza”, che fu dei fratelli Gasperini, e dove oggi Emiliano Ravenna lavora una pasta frolla (da farina ‘0’) lievemente salata, e profumata con essenza d’arancia, e una farcia con dadolata d’agrumi canditi, frutta secca, crema di marroni e confettura d’albicocche. Bellissimi gli stampi in faggio (legno notoriamente ben intagliabile) con l’incisione GB.

Mirko”, negozio situato sotto casa di Bertoloni, l’insigne botanico (1775-1869) che primo “tradusse” la cosiddetta ricetta dei Romani. Secondo “Mirko” pare che Leopoldo Zanini, bisnonno Frediani, dal Veneto abbia “riportato” la spungata a Sarzana ai primi dell’Ottocento, luogo dove commercialmente non si preparava quasi più, sopravvivendo invece a Pontremoli (talora con cacao/cioccolato nella farcia). La pasta oggi è una simil frolla con vino bianco; nella farcia, confettura di mele e miele, cedro e arancia canditi, uvetta (ingentilita da ammollo nel vino), biscotti sbriciolati, noci e pinoli, nocciole, polvere di mandorle, un po’ di cannella e di noce moscata. Imperativo categorico la massima qualità degli ingredienti. La ricetta smentirebbe l’assoluta assenza di miele in tutte le spungate sarzanesi. Inoltre da alcuni anni “Mirko” prepara anche una spungata “vegan”, con curcuma, malto di riso e grasso vegetale, un po’ meno conservabile ma molto attuale in senso dietologico.

Gemmi”, salotto ottocentesco (avviato dagli svizzeri Robbi (7) nella bella via Mazzini) dove si programmano anche serate di cultura e musica. Fiammetta Gemmi, della famiglia proprietaria dal 1934, racconta con orgoglio una collezione di stampi dove ricorrono vari elementi simbolici, con richiami religiosi e beneauguranti (ovviamente vi figura la ruota “francigena”). E rivela una sfoglia azzima ‘00’, senza uova, e con glassa soprastante, perché riesca più friabile ancora. Nella farcia trionfano una composta di mele e pere, mandorle di Bari tostate e pinoli di Pisa nonché il cedro e l’arancia selvatica, che esalta la nota agrumata ma non aggrava stucchevolezze. Il prodotto, molto elegante, profuma di cannella, ed è senza conservanti di alcun tipo.

Giubea”, pasticceria di nascita più recente, dove la spungata si confeziona per Natale ma ormai anche un po’ tutto l’anno. La pasta è sfoglia e nella farcia si armonizzano confettura di pere e mele, pinoli, mandorle, uvetta, arancia candita e cannella…. Questa spungata si conserva almeno un mese. Durante specifici eventi e mercatini viene proposta in strada (street food!) con successo. La pasticceria vende anche la farcia a parte.

Francesco”, altra apprezzatissima sosta dolce della città, prepara spungate in media una volta a settimana. Francesco Bove ha lavorato a lungo presso un noto locale storico di Sarzana, ed inoltre ha interpellato molti “anziani” per approfondire i “segreti” della spungata. La sua, in tal senso, prevede due strati di una sfoglia particolare (da farina ‘0’), un classico ripieno (confettura “maison” di mele e pere, mandorle e pinoli tostati, noci, canditi, fichi, cannella…), e una copertura di glassa (zucchero, farina e acqua). Utilizza anche la miglior vaniglia del mondo, ovvero varietà Bourbon (8).

Osteria “Il Lupo”, alle porte di Sarzana, dove la gentile signora Roberta Pelliti si ricollega all’antica Roma, citando il libro I dei Fasti di Ovidio, probabilmente un dolce “spugnoso” si commerciava nel fiorente porto di Lunae (oggi Ortonovo (9)). La ricetta proviene da una vecchia cuoca di una famiglia aristocratica sarzanese, e sono citate le cotogne di una tenuta di Fiumaretta. I fichi erano e rimangono molto presenti. La pasta è una sfoglia azzima impastata con Vermentino (Nardi, Castelnuovo Magra), e risulta più lieve del solito, con poco burro. Nella farcia molte mandorle, pinoli, composta di frutta (fichi, arance amare e/o mela cotogna o marroni) e spezie. Il dolce risultava graditissimo ai naviganti di San Terenzo di Lerici, per la lunga conservabilità. L’osteria acquista mele e farina a Filattiera.

La ricetta della Spungata secondo Umberto Curti

Setaccia 270 g di farina 0 o 00 sul piano, creando poi una classica fontana, al centro versa 80 g di zucchero semolato e 160 g di burro ammorbidito e ridotto in pezzetti, scoccia anche 2 tuorli e 1 albume d’uovo e impasta rapidamente una frolla omogenea e alquanto morbida (se incordasse, unisci 1-2 cucchiai di vino bianco secco e fermo, intiepidito). V’è chi completa con la scorza tritata di un limone. “Modella” una palla, fasciala in pellicola e riposala 2 ore in frigo. In una terrina comoda mescola con cura 150-180 g di confettura di cotogne o in subordine fichi*, 50 g di canditi d’agrumi incluso ottimo cedro**, 1 presina di cannella***, 30 g d’uvetta già ammollata in liquore e strizzata, e un trito grossolano di 40 g di pinoli (Pisa o comunque italiani) e/o noci spellate, 25 g di mandorle sgusciate (se possibile d’Avola), alcuni (4-5) fichi secchi spezzettati (questa farcia dovrebbe “assestarsi” almeno 24 ore senza poi richiedere pan di spagna o biscotto…). Fraziona ora l’impasto in due metà, una un poco più abbondante. Col matterello, sul piano infarinato ottieni due dischi spessi max circa 3-4 mm, col più largo rivesti una teglia (circa 25-30 cm di diametro), già oliata o imburrata e spolverizzata di farina. Rovesciaci la farcia e sovrastala con l’altro disco (che puoi bucherellare). Salda i bordi, eliminando il surplus (da cui otterrai ottimi biscotti). Infine in una tazza sciogli 3 cucchiai di zucchero semolato in 1 scarso d’acqua (oppure 30 g zucchero a velo in 1 albume) e spennella questa glassa sulla spungata. La cottura chiede circa 35 minuti a 170-180°C, ti regolerai in base al tuo forno. Il dolce, qui non spolverizzato con zucchero a velo, si propone freddo, abbinato a vini passiti, o “Christmas beer” castagne-miele o (meno bene) a vini liquorosi. Malgrado Sarzana privilegi confettura anziché miele, e non ecceda in spezie, il dolce vanta notevole conservabilità.

  • *altre spongate l’usano di pere o altro. **la prevalenza d’agrumi “esenta” da marmellata d’arance nella farcia. ***oltre la cannella, alcuni uniscono chiodi di garofano macinati e/o noce moscata
  • (1) fra i produttori menziono Ambrosini (attivo dal 1923) che spreme cultivar razzola, nonché leccino e lantesca (in Liguria detta anche mattea), ma anche varietà “toscane” come frantoio e moraiolo
  • (2) scherpade, stirpade…, più si sale d’altitudine attraverso i minimali borghi di Lunigiana, più s’eclisserebbe la sfoglia superiore
  • (3) sulla storia policentrica di questo dolce, sinora non adeguatamente indagato (soprattutto nella complessa trasversalità “geografica”), o indagato con metodologie poco coerenti alla ricerca storica, è imminente l’uscita di un mio saggio, Il dolce mistero della via Francigena, che abbraccerà l’intero orizzonte dall’Engadina alla Toscana, transitando per Crema, Brescello, Corniglio, Altopascio…. La spungata interessò fra l’altro anche Gino Veronelli, Claudio Benporat, e Angelo Paracucchi (1929-2004), indimenticato chef approdato ad Ameglia e caro a Mario Soldati…
  • (4) tipico a Lucca, si vocifera fosse pane (buccella = boccone) da centurioni romani, sorta di rancio… Si può preparare – più croccante – con olio anziché burro. In Garfagnana si offre alle Cresime
  • (5) prunus duracina. Rischiò di scomparire a causa della risalita del cuneo salino nel fiume Magra. In loco è detta spaccona
  • (6) verso la limitrofa Fosdinovo (MS) ecco il piacevole Vermentino nero “recuperato” da Terenzuola… Nello spezzino lo possono chiamare aleatico di Sarticola, ma non è aleatico (vitigno aromatico che dà ottime prove di sé soprattutto in Toscana e Puglia)
  • (7) molti, come noto, i pasticceri svizzeri che fecero fortuna in Italia. I fratelli Klainguti, e poi Vital Gaspero, a Genova; Aichta a Pontremoli; Sandri a Perugia; Caviezel a Catania…
  • (8) sul podio l’altra vaniglia malgascia, la Mananara, e la vaniglia Tahiti.
  • (9) sul porto di Luni e gli usi alimentari di quel territorio si veda utilmente il mio Il cibo in Liguria dalla preistoria all’età romana, Genova, 2012, pp. 108-113.

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