Genova – e la Liguria – vantano una storia assai significativa quanto a cioccolato (1). Nell’antichissimo sestiere di Genova Prè (oggi Prè-Molo-Maddalena), presso piazza del Carmine il gourmet e il turista tuttora s’imbattono in vico del Cioccolatte, da salita San Bernardino a salita Monterosso. Del resto, la toponomastica del downtown cittadino è continuo richiamo a merci e commerci, agnello, alloro, amandorla, arancio, biscotti, capriolo, castagne, cavoli, erbe, fico, fragola, giuggiola, mele, noceti, olio, oliva, pepe, pero, pomogranato, sale, salumi, vigne, zucchero…, costituivano infatti le voci primarie di un business col quale la “Superba” alimentava le proprie vocazioni (Ianuensis ergo mercator), le proprie flotte, e la propria qualità della vita.
Vico del Cioccolatte forse non era propriamente carruggio in cui transitare a tarda sera col borsellino gonfio, ma ai suoi cioccolatieri spettavano alcune prerogative tanto che la società di mutuo soccorso, ove si aggregarono dal 1708, fu garantita dalla Repubblica per mezzo di specifico provvedimento, poiché dal cacao (così come dal caffè) l’erario pubblico traeva in dogana notevoli entrate. In tutta Europa, infatti, la cioccolata (bevanda) era via via evoluta soprattutto in cioccolato (alimento solido), riscuotendo un successo ancor più contagioso.
Per il poco che allo storico riesce di evincere (quasi sempre mancandogli bolle, registri, fatture, ricettari…), il cacao giungeva dai Paesi Bassi e dal porto di Marsiglia, ma Genova cercò di far valere la propria ubicazione “baricentrica”, così da catalizzare l’import necessario ai sempre più numerosi confiseurs-chocolatiers sparsi per l’Italia, che abbisognavano di scorte di materia prima. A fine Settecento, e soprattutto nell’Ottocento, non a caso nacquero a Genova molte pasticcerie, di cui è dato ricostruire la cronologia (in questa sede mi arresto ai primi del Novecento): nel 1780 Romanengo, la più antica confiserie d’Italia, una delle rare realtà che abbia conservato anche “brogliacci” d’istruzioni e preziosa documentazione antica; nel 1828 il Caffè dei ben presto stimatissimi fratelli Klainguti, in piazza Soziglia (ne avviarono anche uno in piazza Banchi e uno in via Carlo Felice, l’attuale via XXV aprile); nel 1875 Giovanni Preti, che nel 1851 aveva già ideato il “Sacripante” al fondente (legando quel brand niente meno che a Boiardo e Ariosto), nella bottega di piazza Portello ideò un golosissimo disco-cupola, la “Sacripantina”, poi brevettata negli anni ’30 del Novecento; nel 1866 Romeo Viganotti (quinto di sei figli, e figlio d’arte) aprì bottega in vico dei Castagna, là dove l’attuale gestione custodisce orgogliosamente cose dell’epoca – mélangeur, stampi, rame… – nonché carteggi e documenti commerciali; nel 1876 fra piazza Corvetto e via Roma aprì Mangini (come “Fossati&Gismondi”, poi “Gismondi&Mangini” e dal 1945 tout court “Mangini”), locale che dal 1957 è proprietà Rossignotti, imprenditori pasticceri di Sestri Levante; nel 1885 il diciassettenne Francesco Panarello rilevò il forno di via Porta d’Archi dove operava già come apprezzato dipendente, avviando una storia d’innovazioni – di processo e di prodotto – che via via consentì l’apertura di pasticcerie anche fuori regione; nel 1890 ecco Tagliafico in piazza Cavalletto (Giacomo tornò a Genova da Buenos Ayres per amore della futura moglie Angiolina); nel 1919 Vital Gaspero stabilì la pasticceria “Svizzera” in un palazzo del quartiere benestante di Albaro, dove aveva soggiornato il poeta Byron prima di partire per la Grecia (al fine di sostenere la rivolta contro gli Ottomani)… E qualche ulteriore notizia si può estrarre da lunarî (O sciö Reginn-a) e guide commerciali (Chiozza) del tempo, “inseguendo” tuttavia attività ormai cessate (la pasticceria Rissotto, Bancheri…). Si noti che i fratelli Klainguti e Vital Gaspero erano svizzeri, ciò non sorprende poiché nell’Ottocento Genova ospitava – ed intensamente attraeva – una folta ed operosa comunità elvetica (2).
Confetterie, pasticcerie, cioccolaterie… Si trattò, nel complesso, di ritrovi eleganti dove oziare a fianco di intellettuali, musicisti e nobildonne (talora il gourmet e il turista possono ancora ammirare boiserie originali ed altro) oppure di spartane botteghe dove i prodotti in vetrina e sui banchi – praline e altre delizie – provenivano dall’attiguo minilaboratorio. All’epoca, peraltro, molti artigiani principiavano creativamente dalla farcia, per poi progettare il guscio di copertura. Differenziare il prodotto calamitava clientela, e poteva costituire un reale vantaggio competitivo nei confronti dei “rivali”.
Genova dunque a fine Ottocento – malgrado competitor della forza di Parigi e Torino – giunse a contare 45 cioccolatieri, la città primeggiava nell’export di celeberrimi canditi (3), dragées (confetti), torroni e torroncini e ancora innumerevoli suoi comparti prosperavano: ecco le prime serre per la coltivazione del basilico, ecco in libreria – ben prima dell’Artusi – le prime Cuciniere genovesi (Giobatta Ratto, 1863, ed Emanuele Rossi, 1865)… Nel 1892 la città organizzò solenni festeggiamenti colombiani, nel 1899 una splendida expo floreale alzò il sipario sul Mercato Orientale, e nel 1906 il quindicinale La cucina moderna di Ernesto Romagnoli, noto trattatista di economia domestica, orientò il tema gastronomia verso una audience ormai preparata ed esigente…
Ma mi piace concludere con un riferimento letterario: il poeta francese Paul Valéry a Genova nel 1910 percepì ancora profumi di “cacao delizioso finemente tostato, dall’amarume esaltante”. Era, in definitiva, stagione di eccelsi cacao (quelli che regalano le complessità aromatiche più esaltanti), di spezie pregiate (nel 1930 Matilde Torielli aprirà la drogheria di via di San Bernardo tuttora attiva (4)), di aromi naturalissimi, e certo non di materie grasse sostitutive e di vanillina chimica…
La saudade, dunque, non pare talora immotivata. A buon intenditor…
Umberto Curti
- (1) debbo alcune precisazioni alla Professoressa Tonizzi dell’Università di Genova (cfr. M. E. Tonizzi, Cioccolatieri a Genova: passato e presente, in F. Chiapparino, R. Romano (a cura di), Il cioccolato. Industria, mercato e società in Italia e Svizzera (XVIII-XX sec.), ed. F. Angeli, Milano, 2007, pp. 23-37) e a Lino La Iacona, dell’omonima bottega di via Bensa 26, luogo dove scoprire un delizioso micromuseo del cioccolato e la “mappa” delle fabbriche di cioccolato attive a Genova nel 1863.
- (2) pasticceri svizzeri recitarono da primattori in tutt’Italia, da Pontremoli (Aichta) a Perugia (Sandri) a Catania (Caviezel)…
- (3) la canditura approdò in Europa, durante le crociate, dall’universo arabo (lo storico genovese Luigi Tommaso Belgrano menziona già in un banchetto ufficiale del 1548 “zuccate, pignolate, cotognate, pasta di persiche, confetti e susine in zucchero”). Romanengo, azienda genovese con 237 anni di storia, si distinse presto e per prima anche nella canditura (anzi, nella cristallizzazione) di soavissimi fiori, fra cui le violette di Villanova d’Albenga (SV).
- (4) centinaia di spezie da tutti i continenti e un bancone liberty laccato chiaro che valgono, di per se stessi, la deviazione…